di Vito Cosco, detenuto con la pena dell’ergastolo,
assistito per l’italiano e per la composizione del testo
da Alfredo Sole, a sua volta detenuto in ergastolo.
Si può vivere una vita intera e giungere alla fine senza quasi avere rimpianti oppure, come nel mio caso, la fine del nostro ciclo vitale arriva a tutta velocità come una locomotiva impazzita che travolge tutto.
Oggi è facile avere rimpianti e potrebbe sembrare poco credibile o anche ingiustificabile averne dopo così poco tempo. Non ho giustificazioni per quello che ho fatto. Cosa potrebbe mai alleviare il dolore della famiglia della vittima?
Potrei raccontare la solita novella… sono cresciuto in un ambiente con valori sbagliati… che li spacciava per uniche verità. Potrei dire di non avere avuto scelta, di non avere potuto intraprendere una via diversa da quella che ho invece seguito…
Non è questa la visione che vorrei dare di me oggi. Vorrei poter comunicare quel che sento veramente dentro la mia anima, ma forse non conosco ancora le parole giuste per poterlo fare.
Ho un fratello più piccolo di me che commise un grave delitto e, a cose già fatte, coinvolse anche me. Mi chiedo come ho potuto oltraggiare un corpo ormai senza vita. Non ho parole e forse è ancora presto per chiedere perdono.
Lo vorrei, lo sento con tutto il mio cuore, lo sento fin dentro le mie ossa, ma sono consapevole di quest’orribile delitto. Ho bisogno di sentire il disprezzo degli altri, della sua famiglia e, se esiste un Al di là, ho bisogno che la vittima continui a disprezzarmi per non aver fatto nulla per fermare quella follia.
Sì, non riesco a perdonarmi e non credo che ci sia una pena che io possa pagare per alleviare il dolore causato. Sono consapevole di meritare questa mia non vita, so che vivrò ancora per molto tempo in compagnia dei miei fantasmi.
Oggi ho capito! I miei valori sono cambiati e cambiati sono i miei pensieri. Vorrei che ci fosse un grosso pulsante rosso da poter pigiare e, all’improvviso, il mondo che va all’indietro, all’indietro fino a quel maledetto momento, quando avrei potuto capire, rifiutarmi e, forse, se più attento e partecipe della vita familiare, comprendere quello che stava accadendo e fermarlo.
Non posso farlo, non c’è quel “pulsante rosso”, non posso cambiare il passato. Nessuno può!
Io sono qui, davanti a voi, con una consapevolezza che neanche immaginavo che un essere umano potesse raggiungere nella sua intera esistenza, invece, eccomi a smentire me stesso, i miei pensieri di una volta.
Cos’altro potrei aggiungere? Posso solo dire: eccomi, conoscete la mia storia adesso, conoscete anche me, e di me fate quello che volete.
La verità è che io sono morto poco meno di dieci anni fa, insieme alla vittima, ma ancora non lo sapevo. Adesso lo so e sono pronto ad accettare qualunque cosa il destino mi riservi o, meglio dire, ciò che gli uomini vorranno per me.
Nota di Angelo Aparo su una vicenda terribile e un’attività impegnativa
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Il tuo scritto, Vito, mi lascia senza fiato. Torna nella mia piccola mente la solita perenne, irrisolta, martellante domanda:
Provoca più dolore il male subito o quello arrecato?
Cosa schiaccia più un’anima?
Cosa lacera le viscere e obnubila per sempre un’esistenza?
Ciò che un tempo, nostro malgrado, fummo costretti a sopportare, o la scarnificante consapevolezza di essere stati artefici di tanta sofferenza?
Vito, io non lo so!
Ma contro corrente, contro tutto e a volte tutti, mi rimbocco ogni giorno le maniche.
Vado avanti testardamente convinta e certissima che quel bagliore che sta rischiarando ora il mio cammino provenga dalla flebile luce che emana il percorso dei tanti “Vito” che sin qui ho incontrato.
Per questo io ti ringrazio.
Quando penso a un delitto come quello di Lea Garofalo o a situazioni drammatiche vissute da altri come la richiesta odiosa del pizzo, la mia coscienza si ribella, perché sento troppo forte l’offesa alla vittima, alla quale sensibilizzo gli studenti. Devo fare uno sforzo per ritrovare l’umano in quei casi. Guidare quell’abisso profondo e nero, Juri, è il compito che ti sei dato, con cui mi hai conquistato e per il quale resteremo in contatto con i miei studenti. Grazie per avermi fatto incontrare questa vostra arte di cui non conoscevo il nome, questo rattoppo aureo del Kintsu-gi. Grazie, Elisabetta, per saper parlare con Vito; grazie Vito, per saper parlare con Elisabetta. Si rimane in silenzio, dopo avervi ascoltato. Si sente una commozione profonda. È il rispetto per il dialogo tra due anime che quell’abisso hanno conosciuto. In voi brucia il taglio incancellabile. Da quello accade l’imprevedibile: l’emergere di due creature nuove, quelle che cercano il pulsante rosso e che trovano un brillio inaspettato, un miracolo al quale assistiamo facendo silenzio e ancora silenzio.
Grazie Giovanna. Altre parole non servono. Grazie dal profondo del mio cuore.
Ieri vi ho conosciuti e sono ancora annientata dall’emozione.
Cara Elisabetta, sono Giusy, la mamma di Loris. Ieri ci siamo abbracciate, ho voluto che sentissi la mia disperazione ma anche la mia gioia, nel trasmetterti la mia comprensione, la mia empatia, la mia partecipazione al tuo dolore, che è diverso dal mio ma cosi simile, per certi versi. Non ho parole per descrivere la mia emozione di ieri, una giornata che mi ha lasciata senza fiato, anche se so nascondere le mie emozioni, le tengo a bada perchè se straripano sono perduta. Grazie per quello che fai, che fate, per le persone li dentro. Grazie per il tuo immenso amore di Mamma che ti ha portato a voler vivere anche il dolore di chi lo ha arrecato, grazie per portare loro una piccola speranza di un possibile perdono, grazie per tutto.
Cara Giusy, non ho smesso un solo istante di pensare a te, a quell’abbraccio infinito che ci ha legate.
Come se ci conoscessimo da sempre.
Come se qualcosa di mistico ed inspiegabile ci abbia messe in comunicazione.
Siamo due anime che racchiudono tanto, forse troppo dolore, ma che indubbiamente pulsano di vita.
La mia, tesa a mantenere vivo il ricordo di Andrea.
La tua, volta a sostenere, ad amare incondizionatamente e senza limiti né confini un figlio, come solo una mamma sa fare.
Una vita che può e deve essere ancora possibile.
Una vita che ci ha sfregiate forse, di certo maltrattate, ma che è un dono inestimabile, nonostante tutto.
Nonostante tutto il dolore.
Non devi ringraziarmi di nulla.
Io sono veramente poca cosa.
Il gruppo svolge un lavoro di valore inestimabile in cui il mio contributo è solo recente e di poco conto davvero.
Sono io, al contrario, che ringrazio te per avermi aperto la porta del tuo cuore e per avermi dato il permesso di entrarci.
Mi piacerebbe rivederti, magari per un caffè, o per una pizza.
Il Dr. Aparo ha la mia mail e il mio numero di telefono.
Un abbraccio colmo di gratitudine
Elisabetta
Carissima Elisabetta
Ti ho scritto im privato ma voglio farlo anche pubblicamente, qui in questo blog. L’Amore é una forza meravigliosa, capace di spostare i macigni che si posano momentaneamente nel nostro cuore. L’Amore ci salva da precipizio quando ci sembra di soccombere. L’Amore ci rende esseri umani migliori. L’Amore non salva solo noi stessi, ma anche quelli che fanno parte della nostra vita. Anche solo a un passante che incrocia il nostro sorriso, un dono fatto ad un amico/a, la carità che si può fare a chi ha bisogno, i pozzi della speranza e della vita, anche un abbraccio come lo é stato il Nostro, anche gli abbracci che porti alle persone che hanno bisogno di capire tutto questo. Grazie ancora, Mamma Speciale. Grazie per rendere il mondo migliore con il tuo grande contributo❤ Grazie anche al Signor Aparo per il suo progetto ❤ A presto ❤
Guardare nel buio dell’abisso… e guidare a scorgere un filo.
È bello quello che hai scelto di fare, Juri Aparo. è prezioso per chi sta in galera, ma anche per chi sta fuori come me e tutti i giorni incontra al Liceo ragazzi che, anche se non rischiano di cadere nel buio dell’abisso, possono molto facilmente perdersi nel labirinto delle storie sbagliate. (ce ne sono sempre di più belle e accattivanti di storie sbagliate anche qui… ‘al Nord’)
Sempre mi chiedo: è mai possibile cominciare a guidare, supportare, sollecitare consapevolezza prima che il buio prenda il sopravvento? Cosa è necessario fare per evitare che tanti ancora abbiano solo DOPO il desiderio di premere un bottone rosso? Si può scegliere PRIMA – di essere diversi, di prendere le distanze dal male – e non solo DOPO averlo agito, vomitato o digerito…tutto il male.
Sento grande la responsabilità degli adulti, di chi dovrebbe essere una guida al bene…