Cari compagni di ricerca sulla tossicodipendenza,
le difficoltà che incontriamo nell’individuare i confini del campo, i collegamenti che andiamo scoprendo con esperienze e patologie diverse dalla tossicodipendenza mi motivano ogni giorno di più verso l’avventura che abbiamo iniziato. Le aree del convegno sulla tossicodipendenza, come abbiamo detto, verranno definite strada facendo; gli obiettivi dell’iniziativa già partita e che, se tutto va bene, dovrebbe concludersi col convegno di giugno, mi sono chiari da tempo:
- promuovere una camera di gestazione capace di attivare riflessioni e ipotesi sulle cause, sugli sviluppi e sulle cure della dipendenza che reggano alle osservazioni di chi questa realtà ha vissuto, ha sofferto, ha costruito con le proprie mani;
- attivare e consolidare, intanto che i detenuti parlano con gli operatori come stiamo facendo in questo periodo, un rapporto fra paziente e terapeuta tale da favorire una effettiva, duratura e sentita alleanza contro la schiavitù della droga (cosa ben diversa da quanto avviene nella relazione tradizionale fra detenuto e operatore penitenziario);
- alimentare, fra i componenti del gruppo, intanto che il tossicodipendente diventa protagonista attivo dell’indagine, il piacere e l’orgoglio di far parte di una squadra dove detenuti, studenti e operatori si dedicano insieme allo studio del problema;
- coltivare un fermento che sia utile alla formazione degli studenti tirocinanti, alla implementazione delle competenze degli operatori e, soprattutto, a stuzzicare, nutrire e fare circolare fra i detenuti ricordi, emozioni, relazioni che li motivino a ribellarsi alla perversa relazione fra “burattino e burattinaio”.