La scelta della scopa e quella del pacco
Giampaolo Monaco
Sono il terzo di sei figli, cresciuto con la nonna materna sino all’età di otto anni; questo perché mio padre è stato un delinquente. Poi, quando aveva compiuto i quarantacinque anni, diede un taglio netto a quella vita che da sempre conosceva. Iniziò a lavorare come operatore ecologico e allora, non solo gli amici si meravigliarono per la fine che secondo loro aveva fatto, ma sua madre stessa si vergognava di vedere suo figlio che puliva le strade. Un giorno arrivò a dirgli di lasciare quel lavoro e di non portare più il disonore a casa e che alla sua morte gli avrebbe assicurato l’eredità. Mio padre non solo non diede retta a quello che sua madre gli disse, ma dichiarò che l’onore lo aveva raggiunto prendendo una semplice scopa in mano per ripulire la città.
Questo radicale cambiamento di vita, portò mio Padre a pensare che, dopo otto anni da mia nonna, fosse anche ora che io iniziassi a vivere in casa sua con il resto della famiglia. Vi dico con molta onestà che, quando mi portò via da mia nonna e mi mise a vivere in un posto che non aveva affatto il calore di una famiglia, iniziai a odiare mio padre sia perché non mi aveva lasciato dalla nonna sia perché non capivo quell’arbitrio di riappropriarsi di me come se fossi stato un pacco.
Il risultato fu che io facevo tutto il contrario di quello che lui imponeva. Iniziai a scappare da casa e a stare anche giorni senza dare mie notizie, sino a quando la polizia o i carabinieri riuscivano a trovarmi. Per procedura, essendo io minorenne, chiamavano i miei genitori per darmi in affido. Già da quando avevo circa undici anni, i reati erano all’ordine del giorno, spinelli, alcool erano la ciliegina sulla torta.
Mi ritrovai, senza avere la cognizione di cosa significasse, eroinomane a tredici anni. Ancora non lo sapevo ma decisi di ammalarmi! Evidentemente (ipotizzo ancora oggi), non riuscendo ad affrontare mio Padre e a dirgli quello che pensavo di lui, sfogavo la mia rabbia in questo modo assurdo, convinto di fargliela pagare per quello che mi aveva fatto. Quando iniziai a capire, pur essendo ancora minorenne, mi resi conto di quanto fosse sbagliata la mia scelta e quanto ormai quella malattia si imponesse sempre di più su di me. Mi rendevo conto che negli anni erano cambiate tante cose, mi sentivo privo di forza sia fisica che psicologica, mi guardavo allo specchio e mi sentivo invecchiato, non avendo nemmeno vent’anni.
Abbiamo parlato del conflitto. Voglio raccontare quello che ho vissuto io. Ricordo che, i miei genitori mi portarono, facendo tanti sacrifici (mio padre si fece anticipare parte della pensione) al San Raffaele di Milano, per una nuova terapia di disintossicazione. Quello fu il mio primo conflitto: ero obbligato ad andare e a dire che volevo, ma dentro di me non volevo disintossicarmi, tant’è vero che, come già sapevo, fu un fallimento.
Dopo anni di terapie con metadone, farmaci, e diversi ricoveri, decisi finalmente di risalire dalle sabbie mobili. Con tutta la convinzione e la fermezza di questo mondo, mi chiusi a casa per ben quattro mesi, scalando giorno dopo giorno il metadone, arrivai a scalare anche tutti i farmaci che assumevo per stare calmo, (Roipnol, Darchene, Catapresan ecc.). Tutto questo avveniva paradossalmente a casa mia, avevo capito che mio padre non si era mai posto il problema se suo figlio potesse soffrire così tanto la separazione dalla nonna. Questa sua mentalità, sono sicuro che fosse dovuta all’ignoranza e alla vita che aveva condotto. Mio padre anche oggi a settantasei anni è un uomo tutto di un pezzo e non incline a fare come dicono gli altri, ma con assoluta certezza posso dire che ha sempre amato la sua famiglia e per la famiglia darebbe la vita.
Per esperienza e senza presunzione, posso dire che nella fase della tossicodipendenza non hai nessun potere, o semmai puoi solo illuderti di averlo. Il vero potere, e questo lo posso dire solo oggi, è quello che ha avuto mio padre, ossia abbandonare il senso di onnipotenza, e crescere sei figli con il più umile dei lavori, ma con onore.