Alto & Basso di Isabella Bossi Fedrigotti
MARISA, UNA BRECCIA TRA GLI ERGASTOLANI
Gli alti e i bassi secondo la prospettiva e la sensibilità di ciascuno. Si apre da oggi uno spazio domenicale dedicato a commentare il bello e brutto della città. E nelle pieghe della cronaca di questi giorni ci piace ripescare storia di Marisa Fiorani.
Saranno a Milano più gli alti o i bassi, i chiari o gli scuri? Dipende probabilmente anche da come si guarda, da quale prospettiva e, forse, con quale stato d’animo. C’è infatti chi trova imperdonabile qualcosa che un altro nemmeno nota. E c’è chi per gli aspetti positivi della nostra città proprio non riesce ad avere né occhio né orecchio: sogna Barcellona, Parigi, Berlino, Vienna, Londra e a Milano gli sembra di vivere in un incivile, arretrato borgo selvaggio.
Questo spazio domenicale vorrebbe servire a segnalare e commentare il bello il brutto della città, le ragioni di ottimismo come quelle che giustificano disappunto, rabbia, frustrazione. Nel caso che prevalgano gli alti, resoconti, cioè, di situazioni e avvenimenti che lasciano ben sperare, ciò dipende dal carattere di chi scrive tendente all’ottimismo. Ma possono stare tranquilli pessimisti, perché non mancheranno purtroppo notizie in grado di nutrire ampiamente il loro catastrofismo. E avendo per cinque anni scambiato ogni giorno posta con i lettori, so bene che sono i migliori cronisti del brutto, dell’insensato, dello scandaloso; più raramente del bello e del buono, ma si sa che più della contentezza e della soddisfazione sono delusione e collera che inducono a rivolgersi alla posta di un giornale.
Paradossalmente, il primo avvenimento positivo che vorrei commentare è legato a una vicenda di pesantissima criminalità. Se ne è scritto una settimana fa in queste pagine, ma vale la pena riscrivere perché ha qualcosa di straordinario, di irreale, di miracoloso, quasi.
Potevo forse succedere in qualsiasi altra città, ma è successo a Milano, segno che qui c’erano i presupposti necessari perché potesse avvenire. Marisa Fiorani, pugliese, mamma di Marcella, massacrata venticinque anni fa a colpi di pietra per mano di esponenti di clan malavitosi, ha incontrato nel carcere di Opera – come ha riferito in queste pagine Paolo Foschini – un gruppo di una ventina di ergastolani mafiosi pluriomicidi.
Davanti a loro ha parlato del suo lungo, inconsolabile dolore e invece di incontrare, come ci si poteva aspettare, un muro di indifferente, corazzato silenzio, una breccia si è aperta. E’ come se da quel muro fosse caduto prima un mattone, poi, lentamente, un altro e poi ancora un terzo. Quegli uomini che hanno ammazzato anche in modo crudelissimo, alcuni così tante volte che nemmeno si ricordano quante, che per forza di cose immaginiamo del tutto privi di umanità, hanno parlato, hanno raccontato le loro tragiche storie di crimine e di morte; qualcuno ha chiesto scusa, qualcuno è andato ad abbracciare Marisa.
Miracolo della parola reso possibile in questo caso grazie all’iniziativa del Gruppo della trasgressione attivo nelle carceri milanesi e dell’associazione Libera contro le mafie.
18 settembre 2016
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