Punto tutto sul rosso
Adriano Avanzini
Realizzare dei quadri può avere qualcosa in comune con il gioco d’azzardo? Credo molto più di quanto si possa immaginare, almeno per quello che riguarda me. Provo a dirlo così, con una metafora semplice, anche se un po’ banale e inflazionata: nella vita si può scegliere di realizzarsi puntando sull’avere piuttosto che sull’essere; sul nero, piuttosto che sul rosso.
Su quale delle due opzioni, alla luce dell’esperienza vissuta, sia preferibile optare, ancora oggi permangono in me imbarazzanti perplessità. Comunque sia, di fatto, io ho puntato sulla seconda opzione, sulla casella rossa, sull’essere. Mi ero convinto che era così che bisognava fare.
Bene, per farla breve, i miei quadri sono come le fishes che si usano per puntare, e le ho messe lì, tutte, uno sopra l’altro, sulla casella rossa. Poi la pallina ha cominciato a girare e a girare, più volte. Più volte si è fermata, e si è fermata sul nero!
Ho perso? A questa domanda non so rispondere con certezza. Mi viene un pensiero però, ed è questo: vincere e perdere fanno parte di una stessa categoria, della categoria dell’avere; in quella dell’essere mica si vince o si perde come in una partita di calcio o una gara a chi arriva primo.
Forse allora tutte le volte che ho messo le fishes dei miei quadri sulla casella rossa non ho fatto altro che mettere cose, aggiungere tasselli su tasselli, al mio essere, alla mia identità? Che mi sia arricchito così?
Forse allora tutte le volte che ci si mette davanti ad una slot-machine o a qualsiasi altro gioco d’azzardo, si vorrebbe vincere un pezzo di sé, della propria identità? Solo che si punta sulla casella sbagliata, quella nera, quella dell’avere.
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