Giusy Seminara
In questi giorni tutti nel mondo vivono i disagi relativi alla quarantena a seguito del Corona Virus. Alcuni la paragonano a una reclusione. Il Gruppo della Trasgressione, che comprende comuni cittadini, studenti, detenuti ed ex detenuti, ha deciso di interrogarsi su questo accostamento e abbiamo avviato un gruppo on line sull’argomento.
La quarantena è a tratti logorante, perché è stata messa in pausa la nostra libertà. Siamo però consapevoli che la restrizione non è uguale per tutti. Chi ha un giardino può comunque godere del verde e del tepore del sole; chi ha un terrazzo può respirare l’aria pulita della città senza traffico; chi ama la musica può farsi accompagnare dai suoi brani preferiti; chi ha dei bambini può dedicare più tempo ai giochi insieme mentre vede crescerli sorprendentemente; chi ama leggere può finalmente aprire tutti i libri accantonati dal “poi lo leggo”.
Siamo però consapevoli che alcune quarantene somigliano più di altre ad una reclusione, ad esempio quando non hai alcuna possibilità di controllare o anche solo di sapere quello che accade dentro l’ospedale dove sono ricoverati i nostri cari.
C’è chi la quarantena la vive da solo, soffrendo della mancanza di spazi e contatti sociali. Ancor peggio è vivere da soli se si sta male, se si hanno avuti i sintomi di questo virus invisibile che si presenta bravaccio sotto i nostri occhi. E c’è chi, oltre ad essere da solo e ammalato, è lontano dalle persone care che stanno percorrendo il buio sentiero degli ospedali, delle terapie intensive, degli ausili per poter respirare. Infine, c’è chi la quarantena la vive in mezzo la strada, vittima non solo della povertà ma anche del sistema che continua a denunciare chi un tetto non ce l’ha. C’è chi subisce la violenza, fisica, verbale, psicologica e con quella violenza deve conviverci.
Se allunghiamo lo sguardo un po’ oltre, ci accorgiamo anche che la reclusione c’è chi la vive ogni giorno, frustrato da un continuo senso di impotenza, decisamente diverso da quello che stiamo provando da liberi cittadini tra le mura accoglienti di casa.
Chi non è detenuto ha una percezione diretta del pericolo, delle informazioni per difendersene. In carcere questo è più difficile. Rispettare le precauzioni, mantenere il distanziamento sociale, rispondere alle indicazioni igieniche previste, è cosa ben più complicata se gli spazi sono ristretti, le celle sovraffollate e se le indicazioni vengono da un’autorità con la quale si ha un rapporto negativo.
Qual è la differenza fra essere chiusi a chiave e chiudersi in casa?
Abbiamo deciso di occuparci di queste domande nel tentativo di far diventare l’esperienza dei detenuti e delle persone libere che prendono parte al Gruppo della Trasgressione uno stimolo utile per chiedersi cosa è la libertà, quali atteggiamenti è possibile averse verso i limiti, ecc.