Mi chiamo Francesco Castriotta. Sono nato nella zona di Quarto Oggiaro quando il degrado regnava in ogni angolo del quartiere. All’età di 16 anni entrai a far parte di una grossa organizzazione criminale, dove i capi erano persone, o forse diavoli, che con la loro arroganza e il loro potere comandavano e decidevano su chi doveva vivere e chi doveva morire.
Era una delle più grandi piazze di eroina di tutta Italia e lì ho fatto strada! Da allora sono passati più di 30 anni e ancora oggi in molti quartieri di periferia le istituzioni combattono contro degrado, bullismo, arroganza, potere, mafia e narcotraffico.
A volte mi capita di seguire fiction, serie TV, film basati sulla delinquenza e mi domando se per i ragazzi siano un bene o un male. Io ricordo che da ragazzino, di fronte a film e serie TV come il Padrino, Scarface ecc.., provavo un fascino inspiegabile… volevo essere come loro, arrogante, prepotente e onnipotente.
Oggi, frequentando gli incontri del Gruppo della Trasgressione, ho l’impressione di riuscire a guardare le cose meglio, mi sembra di sapere ascoltare di più la mia coscienza e di dare meno spazio a quei falsi miti in cui ho creduto per anni. Oggi, quando mi capita vedere uno di quei film con gli occhi che ho adesso, riesco a vedere il marcio che il film denuncia, ma quando si è giovani questo non si capisce!
Allora io chiedo, se possibile, di intervenire prima che si finisca in galera, anche perché non mi sembra che in tutte le carceri d’Italia ci sia un Gruppo della Trasgressione che ti spinge a metterti sotto sopra.
L’arroganza, che in alcuni quartieri nasce e cresce tanto facilmente, è diventata la principale nemica della mia vita, dopo aver contribuito per mano mia alla distruzione della vita di chissà quante persone. E’ quello il nemico che le istituzioni devono combattere!
Per nostra fortuna, qui a Opera ce ne occupiamo al nostro tavolo e con i nostri convegni, ma perché solo adesso e perché solo in carcere?
Francesco Castriotta
Il gruppo della trasgressione è, ne sono convinta, il trattamento penitenziario che avevano in mente coloro che furono gli ideatori, i redattori e coloro che approvarono la riforma del 1975.
Ho sempre pensato, e con me tutti i giovani funzionari che eravamo rimasti, dopo essere entrati in servizio nel 1974, che tenere le persone detenute senza accompagnarle in un percorso di riflessione relativo alle condotte criminali da loro poste in essere equivalga a un terribile spreco per lo Stato e per le persone che hanno commesso reati.
Sembra un paradosso ma, se in tutte le carceri ci fossero gruppi della trasgressione, per gli autori di reato finire in prigione sarebbe una occasione per diventare cittadini, ma anche esseri umani, migliori.