Le mani volavano sulla tastiera producendo un’armonia e un ritmo non arginabili. Tutti nella stanza smisero di fare quel che stavano facendo e non poterono far altro che lasciarsi travolgere dalla musica.
Io ero senza parole. Era mia madre la donna che suonava. Ma io neanche sapevo che sapesse suonare. Come era possibile?
Quando finì l’applaudirono a lungo, noi bambini riprendemmo a giocare, di lì a poco fu servita la torta di compleanno, vennero aperti i regali e poi ognuno tornò a casa.
Strada facendo interrogai mia madre con gli occhi e con le parole, ma non ottenni risposta. Solo un lungo silenzioso pianto, irrefrenabile; le lacrime le rigavano il volto ma non fece niente per nasconderle o per asciugarle. Entrammo in casa e il pianto continuò.
Era strano. Non il fatto che piangesse. Piangeva sempre, ogni giorno, silenziosamente, copiosamente. Ma, subito prima che mio padre rientrasse, si asciugava gli occhi, si sciacquava il viso e quando lo accoglieva sembrava calma, normale. Questa volta non fece niente per nascondersi, lasciò che la vedesse.
Mio padre chiese spiegazioni ma da lei non ne arrivarono, era come se mio padre nemmeno avesse parlato. Era come se non ci fosse.
Fui io a raccontare come avevamo passato il pomeriggio e come lei avesse suonato il piano, e come fosse stata brava e applaudita, e del mio stupore e dell’ammirazione che provavo per lei, e delle domande che mi ero fatto senza trovare risposta.
Mio padre la guardò a lungo senza parlare.
Quella sera mangiammo in pizzeria ma senza la mamma. Per un mese non la vidi. La porta della sua camera era chiusa. Mentre ero a scuola preparava i pasti e accudiva la casa, ma era diventata invisibile. Io chiedevo e chiedevo, ma le risposte non arrivarono.
Col tempo tutto tornò normale, Ogni tanto tornai a chiedere ma inutilmente.
Crebbi un pochino, imparai a usare il computer e a navigare in internet. Imparai a fare ricerche. Di sito in sito, di link in link, arrivai alla verità. Mia madre era stata una grande pianista, una promessa internazionale secondo molti, ma a vent’anni aveva abbandonato le scene. Si era sposata.
Sapete una cosa? Io non piango mai. Per favore non chiedetemi perché.
Angela Pessina
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Grazie ad Angela per questo bellissimo e doloroso ricordo. Per averci testimoniato di una delle infinite vite, tutte al femminile, sacrificate alla famiglia ed ai figli. Un ricordo che fortifica chi lo alberga, ma che nulla sottrae al dolore che evoca. Mi spiace che in questo mondo narcisistico che vive di istantanee, di apparenze, di sensazioni anziché di sentimenti, perle come questa trovino così poca attenzione e spazio per la riflessione, individuale e collettiva. Forse l’onda di attivismo sfrenato che sta agitando il gruppo a breve tornerà acqua più cheta. Crescita è sedimentazione, assimilazione, introiezione. Coscienza richiede calma riflessione che confligge con la frenesia, per quanto creativa e votata al bene.