Stefano Zuffi

Stefano Zuffi – Intervista sulla creatività

Stefano Zuffi è uno storico dell’arte. Egli racconta di aver potuto sviluppare il suo interesse per l’arte grazie a una formazione specifica e ha avuto la fortuna di fare della sua passione la sua professione. In particolare, Stefano si occupa di divulgazione culturale. Gli piace molto coinvolgere altre persone nella sua passione per l’arte e, nello specifico, nell’arte antica. Ha sempre cercato di trasmettere la sua passione tramite diversi sistemi. Principalmente ha scritto libri illustrati riguardanti la storia dell’arte, ma oltre a questo si è occupato nel corso della sua carriera dell’organizzazione di mostre, viaggi culturali, visite guidate, trasmissioni radiofoniche, spinto sempre dal desiderio di raccontare e coinvolgere un vasto pubblico.

Occupandosi di storia dell’arte, Stefano Zuffi è sempre stato coinvolto nella creatività, anche se afferma di non potersi definire una persona molto creativa. Tuttavia, ciò che più gli piace è cercare di raccontare e poter far vivere alle persone le storie dei quadri, degli artisti, delle città, dei monumenti, le storie dei musei e delle situazioni. Egli afferma di sentire molta gratitudine nei confronti della creatività, che è un grande dono che viene trasmesso attraverso le generazioni e i diversi secoli, oltre che attraverso i continenti. Di fatto, la creatività non ha confini. Questo concetto per lui è fondamentale e poterlo trasmettere rappresenta la sua passione.

 

Ottavia: Che cos’è per lei la creatività?

Stefano Zuffi: La creatività è l’essenza dell’essere umano. Io ritengo che la specie umana si sia qualificata e staccata dalle altre specie animali nel momento in cui ha cominciato a produrre delle opere d’arte.

Ma cosa sono le opere d’arte? Sono degli oggetti sostanzialmente inutili, cioè degli oggetti che non hanno una immediata praticità. Non servono per catturare un altro animale, non servono per migliorare concretamente l’esistenza in fondo ad una caverna, non ti rendono più forte del tuo rivale con cui devi contenderti il territorio, non fanno crescere i frutti sugli alberi o l’acqua in un ruscello. Tuttavia, l’arte è qualcosa che ha fatto crescere l’essere umano. L’arte è un’espressione della creatività nel fatto di creare qualche cosa che prima non c’era.


Le grotte di Lascaux

E che cos’è la creatività? La creatività vuol dire creazione, è un atto divino. È Dio che crea il mondo, le stelle, i vegetali, gli animali e poi alla fine di tutto crea anche l’uomo.

Parlare di creatività vuol dire fare qualcosa che prima non c’era, anche se è diverso dall’inventare. Infatti, la parola “invenzione”, dal punto di vista etimologico, significa trovare qualcosa che c’era già: colui che inventa ha l’abilità, l’intelligenza, la fortuna di trovare qualcosa che c’era già prima e metterla in luce. Invece la creatività è qualcosa di molto diverso perché significa aggiungere al mondo una possibilità completamente nuova.

Leonardo da Vinci ha scritto una frase stupenda: “Il pittore è signore e padrone di tutte le cose, perché se vuole le può creare”. Creare significa proprio potersi immaginare tutto ciò che si desidera. Egli, infatti, fa poi una serie di paragoni dicendo che se l’uomo vuole bellezze che lo facciano innamorare, egli è padrone di crearle, se vuole cose veramente buffonesche o risibili, egli è padrone di crearle; se quando fa freddo e vuole immaginare una spiaggia di sabbia dorata e calda la può creare e se, quando fa caldo, vuole una montagna piena di neve la può creare. Questa frase dà proprio l’idea della libertà. La creatività è libertà: libertà di lasciare la propria mente, le proprie mani e andare verso nuove scoperte, verso nuovi orizzonti.


Les demoiselles d’Avignon, Pablo Picasso

Leonardo dopo di tutti questi esempi dice: “alla fine, tutto ciò che c’è nell’universo, nella realtà e nell’immaginazione il pittore ce l’ha prima nella testa e poi nelle mani, e quelle fanno in un istante un’armoniosa bellezza, come fa la natura”. Infatti, tutto quello che di meglio può fare un artista, la natura lo fa spontaneamente.

La creatività per me è proprio questo: fare qualcosa che prima non c’era.

 

Asia: Quali sono i principali ingredienti del processo creativo?

Stefano Zuffi: Prima di tutto un elemento indispensabile è la curiosità, che significa non limitarsi a ciò che è già noto e conosciuto e fermarsi a questo. Se invece, con un po’ di fiducia nelle nostre capacità usciamo da questa comfort zone, ecco che scatta un percorso di attenzione e di ricerca di stimoli. La creatività, infatti, ha bisogno di stimoli: l’intuizione scatta nel momento in cui cominciamo a guardarci intorno e a ricevere degli stimoli.

Anche in questo caso vorrei citare Leonardo. Egli era un grande camminatore, gli piaceva fare delle lunghe passeggiate nella natura, che per lui erano sempre occasioni per ricevere stimoli e spunti. Leonardo racconta di aver fatto una passeggiata d’estate in un bosco che non conosceva, ad un certo punto arriva davanti all’imboccatura di una caverna e si ferma: non sapeva niente di questa grotta, si è piegato in avanti cercando di scorgere il fondo, ma non vedeva niente perché la caverna era molto profonda e scura. Egli narra che subito nacquero in lui due cose: paura e desiderio. Paura per la minacciante e oscura caverna, desiderio di vedere se là dentro ci fosse qualcosa di miracoloso.


La vergine delle rocce, particolare – Leonardo da Vinci

Leonardo ci mette di fronte a questi due sentimenti, che sono proprio quelli tra i quali si crea un corto circuito che porta alla creatività. Il primo sentimento è quello della paura, la paura per l’ignoto, e molte persone si fermano davanti a questa paura. Ma Leonardo dice no perché c’è un altro sentimento, forse ancora più forte, che è il desiderio: il desiderio della conoscenza, la curiosità. Non è detto che vincendo la paura dell’ignoto si scoprirà davvero un tesoro in fondo alla caverna, ma vale la pena di tentare.

La creatività è quella molla che ti spinge a cercare e a metterti alla prova.

 

Ottavia: Che cosa avvia, come si sviluppa la sua creatività e in quali condizioni?

Stefano Zuffi: Da una visione esterna, io svolgo un’attività particolarmente creativa perché lavoro nei musei, organizzo mostre. Si direbbe che io abbia una fortunata occasione di lavorare con la creatività.

Si può dire che la mia creatività è un po’ parassitaria perché mi baso sulla creatività altrui. Io cerco di unire la struttura del mio mestiere con il tentativo di fare sempre qualcosa di nuovo. Tempo fa mi hanno chiesto come facessi a scrivere sempre qualcosa di nuovo visto che ormai ho scritto centinaia di libri. Qui c’è l’aspetto della creatività: nel cercare ogni volta un percorso diverso, un approccio che proponga qualcosa di nuovo e che magari vada a toccare qualcuno che fino a quel momento era stato indifferente.


L’assenzio – Edgar Degas

 

Asia: Che conseguenze ha sulle sue emozioni e il suo stato d’animo la produzione creativa?

Stefano Zuffi: Secondo me è l’opposto: io riesco ad essere creativo se ho delle emozioni. A volte ho delle scosse molto forti, io sento la voce delle opere d’arte, che cercano di raccontarmi la loro storia. Quando avverto questa consonanza ed entro in sintonia con la vita di un’artista, allora a quel punto mi sento autorizzato ad agire con creatività nei suoi confronti per cercare di trasmettere le mie riflessioni anche ad altri.

Il ritorno del figliol prodigo – Rembrandt

 

Ottavia: Come incide l’atto creativo sulla percezione di sé?

Stefano Zuffi: Senza creatività l’uomo non esisterebbe. Sarebbe solamente spinto da bisogni primari, sarebbe ancora più violento e cattivo di quanto già non sia. Per fortuna c’è questa umanità che è la creatività. Se non avessimo avuto la creatività veramente saremmo ancora nelle caverne.

Bisogna però riflettere sul fatto che la creatività non sempre raggiunge buoni risultati: è stato un atto creativo anche la creazione della bomba atomica. Alla fine, bisogna essere molto creativi anche per inventare cose micidiali. Esiste quindi anche una creatività diabolica. Non bisogna idealizzare il termine “creatività”, che non è di per sé un valore positivo. La creatività come tutte le doti può essere incanalata verso scenari diversi. Io per fortuna mi occupo della creatività positiva, dell’arte.


I bari – Caravaggio

 

Asia: Nel rapporto con gli altri cosa determina l’atto creativo?

 Stefano Zuffi: Credo sia un gesto di generosità: se cerco di inventare nuovi argomenti e nuove prospettive, cercando di essere creativo e propositivo uscendo dalla comfort zone, metto a disposizione delle persone con cui interagisco opzioni nuove e inaspettate. È importante essere proattivi e non chiusi e passivi. Il rapporto con gli altri è sempre dialettico e dialogico, devo essere pronto a recepire la creatività altrui, ci dev’essere una reciprocità ma non è sempre facile.

Sisifo – Tiziano

 

Ottavia: Quanto è importante il riconoscimento degli altri per il prodotto creativo?

 Stefano Zuffi: Il riconoscimento degli altri è ciò che distingue una vera opera d’arte da qualcosa che non lo è. Tuttavia, è molto difficile dare una definizione di “opera d’arte”: chi stabilisce se l’oggetto che ho in mano, in questo momento, è un’opera d’arte oppure no? È una semplice matita. Eppure, se questa matita venisse conficcata in questo punto da Cattelan, allora sarebbe un’opera d’arte. È difficile dare una definizione di “opera d’arte”, soprattutto nell’arte contemporanea, che prescinde dalla qualità del manufatto. Il giudizio degli altri è fondamentale. Io penso che i sogni siano molto creativi e capitano a ogni persona. Ma, se un’idea, anche la più brillante, non viene condivisa, allora non ha molto senso; invece, diventa importante quando viene condivisa nella relazione con gli altri perché saranno proprio questi a giudicare se la proposta creativa funziona oppure no.

 

Asia: Chi sono i principali fruitori del prodotto creativo e come ne traggono giovamento?

 Stefano Zuffi: Tutti coloro che non sono indifferenti. La nostra cultura ha privilegiato molto la creatività, basti pensare alla pubblicità. Il creativo è colui che lavora nella pubblicità, cercando di mettere insieme delle dinamiche sociali, creando dei bisogni e riuscendo a sfondare il muro dell’apatia e dell’indifferenza. A questo proposito, penso alla nebbia delle persone indifferenti. È molto importante riuscire a superare il muro dell’indifferenza raggiungendo le persone, anche quelle avvolte nella nebbia.

La chiamata di San Matteo – Caravaggio

Per fare un esempio di creatività, pensiamo ad alcuni calciatori che sono più bravi di altri perché sono creativi, cioè hanno delle intuizioni. Riescono a vedere in una situazione di gioco una possibilità, un’alternativa che gli altri non vedono. La creatività è allora fare qualcosa di inaspettato, non banale, che non era previsto, qualcosa di non ripetitivo e di fuori-campo. Basti pensare a Maradona: nessuno avrebbe mai pensato che con il suo fisico sgraziato potesse essere un’artista impressionante. Una volta, vedendo che il portiere era un po’ lontano dai pali, gli è venuto in mente di tirare da 50 m di distanza un pallone che è finito in rete… quello è stato un momento di creatività.

 

Ottavia: Quale immagine le viene in mente che possa ben rappresentare l’atto creativo?

 Stefano Zuffi: Penso a quando 20 000 anni fa un nostro antenato, con la mano sporca, si è appoggiato su una parete di roccia di una caverna lasciando la sua impronta. Egli ha guardato l’impronta, ha intinto la mano nel fango e l’ha rimessa sulla parete della caverna. Perché l’ha fatto? Era una forma di sortilegio? Di rito propiziatorio? Secondo me questa è stata l’origine dell’atto creativo.

Grotte di Lascaux

 

Asia: Pensa che esista una relazione tra depressione e creatività?

 Stefano Zuffi: Sono sicuro di sì e questo lo dice un grande artista come Albrecht Dürer il quale ha vissuto a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento ed è stato un formidabile creatore di immagini non solo nella pittura ma anche nelle incisioni; ed era certamente una persona depressa. All’epoca non esisteva il termine “depressione” ma si parlava di “melanconia” e lui diceva di soffrirne. È una condizione esistenziale che lo portava a essere solitario, a non cercare i contatti umani chiudendosi in una solitudine pensierosa che aveva conseguenze anche sul piano fisico (raccontava di soffrire di travasi di bile nera). Però diceva che tutto questo soffrire gli era indispensabile perché per cercare di superare il malessere creava e nell’arte concentrava le sue forze. La creatività è stata per lui la cura della depressione.

 

Ottavia: Per lei quando un prodotto creativo è davvero concluso?

 Stefano Zuffi: Mai. Il prodotto creativo, per definizione, è qualcosa che viene messo a disposizione. Se pensiamo a un libro pubblicato o a una canzone, diamo per scontato che il prodotto creativo sia giunto al termine. Ma quando rileggiamo un libro o riascoltiamo una canzone, queste creazioni ci possono riproporre un dialogo creativo. Pensiamo, ad esempio, a un quadro che finisce in soffitta e viene dimenticato o alle centinaia di milioni di libri che sono stati pubblicati e poi sono stati dimenticati: l’atto creativo ha esaurito il suo ciclo vitale. Ma, quando un oggetto, sia esso un quadro, un libro o un brano musicale, vengono riguardati, riletti o riascoltati, il ciclo creativo ricomincia e l’atto creativo riprende. L’atto creativo è in funzione quando intercetta lo sguardo dell’altro.


Amor vincit omnia – Caravaggio

 

Asia: Pensa che la creatività possa avere una funzione sociale? Se sì, quale?

 Stefano Zuffi: Penso che ciò che è brutto e degradato abbia delle conseguenze sociali rilevanti. Noi ci illudiamo di vivere in un Paese meraviglioso in cui siamo circondati dalla bellezza: il mare, le montagne, le opere d’arte, ecc. ma la verità è che più della metà degli italiani vive in posti orribili, anonimi, in quartieri sorti frettolosamente e con materiali inadeguati, con progetti urbanistici gretti e cupi. È indispensabile che questi contesti in cui vivono milioni di persone vengano rivitalizzati dal tocco della creatività e della bellezza. Ad esempio, uno dei miei figli ha dato vita a un’associazione con cui ridipingono la pavimentazione dei playground dei campetti di pallacanestro soprattutto nelle periferie grigie e anonime. Questi campetti sono per i giovani un tocco di colore e allegria, di speranza. Più che dire che la creatività abbia un ruolo sociale, direi che l’assenza di creatività ha delle pesanti conseguenze sociali.


La scuola di Atene – Raffaello

 

Ottavia: La creatività è un dono naturale privilegio di pochi o una competenza accessibile a tutti che può essere allenata?

 Stefano Zuffi: Penso che il talento sia un dono naturale, c’è qualcuno che è più bravo degli altri in determinati campi. Ognuno ha il proprio talento, è più portato per alcune cose piuttosto che per altre, non tutti hanno la stessa dose di talento. Tuttavia, la creatività può essere allenata e fatta crescere; non esistono grandi artisti che siano semplicemente spontanei: anche gli artisti più precoci hanno avuto la pazienza e il metodo di far crescere la loro creatività. Per fare un esempio, Mozart è stato baciato da un talento incredibile, era un bambino che suonava il clavicembalo meglio dei professionisti, aveva un talento naturale spontaneo. Mozart però ha studiato per tutta la vita, prendeva lezioni di contrappunto, studiava a memoria le composizioni altrui, cercava di acquisire nuove informazioni, viaggiava ed era curioso degli sviluppi tecnici degli strumenti musicali del suo tempo.

 

Asia: La creatività può avere un ruolo utile a scuola e/o nelle attività per il recupero dei detenuti?

 Stefano Zuffi: Si, se si riesce a trovare la combinazione tra l’espressione dei propri sentimenti e della propria natura e la cura per la forma con cui vengono espressi determinati concetti. Qualunque cosa esprimiamo attraverso la pittura, la cucina, la musica, ecc., non ci dobbiamo accontentare della semplice spontaneità, come se il medium non fosse importante. Il modo in cui la creatività viene espressa è parte integrante del messaggio che viene proposto. Creatività è anche sapersi rivolgere a qualcuno cercando di far pervenire quello che vogliamo dire nel modo più coinvolgente possibile.


Mangiatori di patate – Vincent Van Gogh

Sarebbe grave porre dei vincoli troppo rigidi alla creatività. Vincent Van Gogh è stato ricoverato in un sanatorio per disturbi mentali da cui non poteva uscire ma ha avuto la fortuna di trovare un bravo medico che si è reso conto che per lui la vera cura fosse legata alla possibilità di esprimere la propria arte. Per questo il medico gli ha messo a disposizione degli strumenti per poter dipingere. Van Gogh, però, era chiuso entro quattro mura: non sapeva proprio che cosa dipingere. Chiese allora di poter uscire accompagnato a vedere la natura per trovare degli stimoli. Alla fine, si sa che Van Gogh è morto suicida, ma l’aver potuto dare sfogo alla sua creatività, in quel determinato periodo della sua vita, è stato indispensabile.

Intervista ed elaborazione di
Asia Olivo e Ottavia Alliata

Interviste sulla creativitàCaravaggio e la Chiamata
Alcuni libri di Stefano Zuffi

2 pensieri riguardo “Stefano Zuffi”

  1. Stefano è un grande! L’intervista è piacevolmente interessante e molto avvolgente ed emozionante. Grazie

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