“Er disse che valeva la pena di vedere lo spettacolo delle singole anime intente a scegliere la propria vita”
[Platone, Repubblica, X, 619e-620a]
“Porta una sedia” è un invito che comprende dentro di sé molte altre cose.
E’, prima di tutto, una rivelazione: il rendersi conto che qualcosa davvero manca e che pertanto, in certi momenti della propria vita, diventa imprescindibile alzarsi e (ri)mettersi in cammino.
E’ l’idea che se la strada non c’è, la si può fare camminando.
E’ la riprova che ciascuno non basta davvero a se stesso e che la differenza tra crescere e buttarsi via – a rigirarsi indietro alla fine di un tratto di strada – è solamente una questione di incontri fatti durante quel cammino.
Per questo l’esperimento di mercoledì sera è sembrato (a me ed anche alla mia sedia modello kintsugi) straordinariamente indicativo di un nuovo possibile sviluppo creativo del Gruppo della Trasgressione, dopo l’iniziale uscita dalle mura del carcere (ricordo ancora di aver regalato a Juri – credo ormai quasi 15 anni fa – una copia della Repubblica di Platone, dopo che quello a cui assistetti durante un incontro nel “sottosuolo di San Vittore” mi richiamò plasticamente alla mente il Mito della Caverna) e la feconda contaminazione di molte aule scolastiche nel corso degli ultimi anni.
Ed in effetti, a riassumere in poche parole l’essenza profonda che caratterizza ciascuno degli incontri del Gruppo, mi torna sempre in mente l’efficace frase del suo animatore secondo il quale “la riflessione è un lusso che non sempre l’essere umano si vuole concedere”.
Eppure di questi momenti di riflessione, oggi, ne abbiamo sempre più bisogno: e in ogni quartiere! Perché nel giardino del nostro esistere, e nelle relazioni sociali che ne scaturiscono, c’è bisogno di qualcun-altro-da-noi che ci riporti al nostro daimon, che ci aiuti a mettere a fuoco l’immagine che siamo chiamati a vivere in questo mondo. L’immagine – continua Platone sempre nella Repubblica – che non ci è capitata in sorte ma che è stata scelta dalla nostra anima, anche se (per ricordarsi di tale scelta) essa, lungo tutto il corso della vita, ha bisogno di una sorta di “spirito guida”.
Ecco, dunque, il momento sembra davvero propizio per immaginare – d’intesa con le Istituzioni territoriali – un luogo di incontro che possa, come logica conseguenza, generare occasioni di incontri con/per chi si trova “di passaggio”. Perché, lo ripeto anche qui…. a me piacerebbe che i miei figli un giorno, su una di quelle panchine del Parco delle memorie industriali, trovassero – al posto del niente (per non dire altro di ancora più pericoloso) – un Roberto o una Elisabetta che, meglio di quanto possa fare un padre o una madre, con il racconto della storia che li ha portati fino a quel punto diventino nutrimento di crescita per le giovani generazioni, sempre più spesso lasciate invece sole al loro destino.
Del resto sono fermamente convinto che Platone – di passaggio a Milano, nell’accostarsi a questo cerchio di sedie che a me ricorda sempre una agorà ma che potrebbe anche assumere la forma di una comunità educante – approverebbe tale innovativa forma di metempsicosi: un “trasferimento di anime” (e di esperienze vissute) rivoluzionario in quanto presupponente pur sempre un rimanere in vita, dove però la scelta del gesto creativo – così come la vera essenza del Gruppo della Trasgressione – rimane ugualmente fedele al Mito di Er (e pertanto tale scelta mantiene il significato di prendere possesso criticamente del proprio passato per migliorare il presente: il nostro così come quello delle persone che ci siedono accanto).