Vorrei porre a chi abbia il piacere di dire la propria qualche domanda che mi pesa molto e che negli ultimi giorni, a causa dell’ingorgo negli ospedali, mi pesa anche di più.
Se alle persone viene lasciata la facoltà di non vaccinarsi e di esporsi ai rischi che ne discendono, perché, una volta contratto il virus, non viene loro lasciata anche la responsabilità di vivere le conseguenze della loro scelta?
E’ capitato più volte che persone in prima linea nelle manifestazioni No Vax, giunte in ospedale dopo essere state contagiate e in serio rischio di vita, abbiano rifiutato le cure e siano morte tenendo fede ai propri principi. Altri No Vax, constatato che le cose volgevano al peggio, hanno invece chiesto e ottenuto di essere curati.
Ma se è vero che non vaccinarsi equivale a mettere a repentaglio la propria e altrui salute e, nei casi peggiori, la propria e altrui vita, perché un No Vax viene curato come se non avesse fatto nulla di male?
Una risposta potrebbe essere: per la stessa ragione per cui un ammalato di cancro ai polmoni viene curato nonostante abbia fumato per 40 anni o quella per cui un rapinatore ferito viene curato nonostante abbia quasi ucciso un paio di persone in uno scontro a fuoco con la polizia.
Osservo che per il fumatore ammalato e per il rapinatore a rischio di vita erano stati trovati due posti liberi in ospedale. E se di posti, invece, ce ne fosse stato solo uno e ad aver bisogno di cure con la stessa urgenza fossero stati il rapinatore e una delle persone che il rapinatore aveva ferito nel conflitto a fuoco?
Di solito, quando uno opera un tentato omicidio non succede che va davanti al giudice e, una volta dichiarato il proprio pentimento, se ne torna a casa. E se si va contro mano in autostrada perché ubriachi, la conseguenza non sarà una piccola multa… e la ragione è il rischio o il danno effettivo per gli altri.
Perché, invece, si può essere liberi di praticare il principio del No Vax e poi tornare, come se si fosse dei figliol prodighi ritrovati, a beneficiare del supporto della stessa medicina e delle stesse strutture che in precedenza ci avevano ripetutamente inviatato a vaccinarci?
Forse il mio è un pensiero appesantito dal fatto che qualcuno a me caro non trova posto in ospedale per un’operazione di cui avrebbe bisogno o forse è un pensiero sostenuto dal fatto che qualcuno a me caro non ha avuto le cure che avrebbe potuto avere se l’ospedale fosse stato meno intasato a farmi chiedere su quali territori, con quali nessi ed entro quali confini si esercita la libertà personale via via che mutano le condizioni generali della nostra esistenza.
Ringrazio, in ogni caso, chi vorrà contribuire alla dialettica.
Angelo Aparo
Io credo che la questione sia enormemente complessa. Purtroppo spesso accade di inserire all’interno del contenitore “no-vax” qualsiasi “individuo non vaccinato” a prescindere dalle motivazioni individuali e perdendo completamente di vista l’unicità dell’essere umano.
All’interno di tale contenitore abbiamo delle sotto-categorie:
1. Individui che (x una serie di motivazioni) hanno completamente perso la fiducia nelle istituzioni;
2. Individui che si sono affidati e fidati alle istituzioni e alla scienza ma la loro esperienza si è rivelata negativa,
3. Individui che mettono in atto dei meccanismi di difesa (il cosiddetto DINIEGO”) escludendo, inconsapevolmente e involontariamente, dalla consapevolezza, il Covid, come aspetto disturbante della realtà. É una difesa primitiva che opera contro l’esame di realtà ed è un’esperienza guidata dalla convinzione secondo cui “se non lo riconosco, non succede”.
4. Individui che per cultura e/o scelta di vita non condividono i criteri della medicina occidentale.
Questo per dire che la generalizzazione non è mai una cosa positiva, perché ci sono individui non vaccinati che rispettano le regole, se stessi e gli altri con tutte le altre misure messe a disposizione.
Un medico, in quanto tale, é tenuto ad allontanare ogni indebito condizionamento;
di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica e il sollievo della sofferenza;
di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia promuovendo l’eliminazione di ogni forma di discriminazione e astenendosi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico.
Io mi interrogherei sul perché e sul come siamo arrivati a pensare di Non dover curare un individuo non vaccinato, su dove sia scomparsa l’alleanza tra medico-paziente, sul perché si è persa la fiducia nell’istituzione e soprattutto mi chiedo: come siamo arrivati a questo punto? Cm siamo arrivati al punto di augurare la morte ad un altro individuo che non la pensa come noi? da dove proviene tutto quest’ odio e questa rabbia nei confronti di una piccola parte di popolazione? Possibile che il genere umano si stia assopendo fino al punto di perdere di vista la semplice logica?
In questi due anni di pandemia si è fatto qualcosa per migliorare il sistema sanitario del nostro Paese? Possiamo considerare i no Vax dei capri espiatori su cui addossare la colpa di errori e mal gestioni politiche e istituzionali?
Abbiamo salvato e salviamo la vita a criminali, curiamo i danni fisici dei fumatori accaniti che soddisfano un loro vizio, trattiamo tossicodipendenti che hanno smarrito la retta via e ci poniamo il dubbio se curare o no un individuo che non ha accettato un vaccino (non obbligatorio)?
L’errore, secondo me, è perder di vista le fragilità, gli sbagli, le paure, le differenze di un nostro simile. A livello psicologico credo che costi meno fatica annullare/ignorare l’altro piuttosto che tendergli la mano per concedergli un’ altra opportunità.
No caro Yuri mi dispiace ma la colpa è dei medici che hanno messo in un cassetto il loro giuramento.
Caro Juri, innanzitutto registro nel tuo ragionamento una sovrapposizione logica tra conseguenze giuridiche e conseguenze sanitarie di un comportamento: che l’ubriaco in contromano davanti al giudice se la cavi senza essere punito, e’ una cosa; che davanti al medico se la cavi senza essere curato e’ tutt’altra cosa.
Fatta questa doverosa distinzione, e’ a mio giudizio un principio di civilta’ che un sistema sanitario pubblico si prenda cura di chiunque: ricchi e poveri, colpevoli e innocenti, pro-vax e no-vax. Se cio’ che suggerisci e’ abbandonare questo principio di civilta’…auguri.
In moltissime circostanze il conflitto, tra ciò che è bene e ciò che è male, genera un vivaio dialettico inesorabile con numerose domande e riflessioni.
Ad esempio:
Perché usare il “discrimine” in una società che dicasi “società dei giusti”, piuttosto che ragionare sulla propria umanità e sui principi di un ordinamento giuridico?
Perché risolvere con la “legge del taglione” (v. Codice di Hammourabi, re babilonese a.C.)?
Perché riapplicare la “legge del contrappasso (contrapasso da contra-patiri : contrapporre sofferenza…Inferno, Divina Commedia, Dante Alighieri)?
Perché rimanere in solitudine con la propria rabbia ed alimentare ira ed odio con altro odio e contestazioni?
Così, come in medicina, non esiste la malattia, ma anzitutto il malato…, anche nel diritto penale non c’è soltanto il reato, ma anche il reo, una “persona”, pur se ha offeso il patto sociale …..
È triste dimenticarsi della dimensione umana che c’è dietro ad ogni persona, della sua vulnerabilità, del suo passato e delle sue pulsioni aggressive.
La stessa logica, che sottende a questo riflessione, la troviamo nella vicenda di Caino e Abele (Libro Genesi, Bibbia), dove Dio va a cercare Caino, nascostosi in seguito al fratricidio, lo costringe ad ammettere la verità su quanto compiuto e, infine, si fa suo garante, promettendogli protezione e ridandogli così una strada.
La dinamica biblica, quindi, prevede due passaggi:
– un primo passaggio, in cui il colpevole si nasconde dalle sue stesse responsabilità e Dio va a prenderlo per mostrargli il male commesso;
– e un secondo passaggio, in cui Dio, se da un punto di vista punisce, dall’altro offre una possibilità di salvezza.
Inoltre, il racconto biblico di Caino ed Abele ci porta a riflettere su quella che da sempre è “l’esperienza dell’altro”: la “fraternità”, che costituisce uno degli amori più difficili, perché il fratello è il primo altro che incontriamo e che ci porta via qualcosa.
Ritrovandosi ad essere obbligati alla condivisione, la vita può diventare un paradiso, se gli altri diventano amici, oppure un inferno se diventano nemici.
Significativa è l’ opportunità di offrire ad un cosiddetto “nano (moralmente)” di potersi sentire trattato ed imparare a comportarsi come un “gigante” nella condivisione di “Umanità” senza discriminazioni e pari dignità.
Un’ altra riflessione è la seguente:
Il fenomeno è complesso ed esplorabile da molti punti di vista.
Comunque, l’antivaccinismo rischia di diventare un problema serio e di spaccare il mondo. Forse l’essere umano ha un comportamento di auto-difesa istintiva:
se un evento è relativamente nuovo (la vaccinazione per se stessi/ responsabilmente al bene della collettività) si tende istintivamente a percepirlo come qualcosa di più pericoloso rispetto ad un un problema “vecchio” (la diffusione del virus ed il lockdown), al quale ci siamo abituati, che via via è stato percepito come meno pericoloso.
Quindi, ieri, il virus terrorizzava tutti indistintamente, oggi (con il vantaggio di vaccinarsi) preoccupa meno contagiarsi che essere vaccinati, tranne per i ‘negazionisti’.
Ma il buon senso ed il rispetto civico potrebbero favorire di non dividerci tra ‘amici’ e ‘nemici’, proprio in forza dei precedenti slogans tanto osannati “Tutti insieme ci riusciremo”, “ ne usciremo cambiati”, “andrà tutto bene”, ‘Rialzati Italia’ etc.
Occorre interrogarsi:
Forse è saltata la fiducia nelle Istituzioni, sottostimate, in quanto poco credibili?
Forse la fiducia del cittadino nelle istituzioni sanitarie si è erosa nel tempo?
In Italia, ad esempio, le persone pensano alle visite frettolose dal medico di base, alle liste di attesa troppo lunghe, ai tagli alle strutture pubbliche con il grave risvolto del servizio privato in solvenza.
Una volta ci si fidava del medico di base per autorità, adesso il paternalismo è tramontato, mentre c’è la spettacolarizzazione di virologi ed immunologi che spiegano incessantemente nozioni talvolta incomprensibili.
Intanto si è creato il mito del medico eroe e dell ‘infermiere instancabile, malgrado ci si accanisca a screditare l’organizzazione delle strutture sanitarie.
Adesso queste stesse istituzioni chiedono fiducia per la campagna vaccinale, ma forse è una richiesta difficile ed inquietante per una parte di cittadini.
Sono state rispettate norme di fiducia nella comunicazione sui vaccini da parte delle istituzioni e dei media?
Quello che occorre sottolineare è che qualsiasi operazione sulla “relazione di fiducia” coinvolge tanto chi la chiede (l’istituzione) quanto chi la offre (in questo caso il cittadino).
Anche a favore della salute pubblica, occorrerebbe rendersi conto che il bene comune della fiducia tra il cittadino e le istituzioni va meritato ed alimentato, come il rispetto prezioso della libertà, verso cui ciascuno faccia la sua parte ed uno sforzo civico di solidarietà.
Sarebbe possibile equilibrare sia la “fiducia che la libertà”, affinché non scarseggino mai.
Bella provocazione, espressa in un linguaggio pungente, dovuto forse più al dolore che a pensieri contro il mondo dei non vaccinati, che ha fatto nascere la discussione e scatenato in tutti sentimenti contrastanti. Non possiamo riconoscerci in qualcuno che non accoglie l’altro o addirittura non lo cura. Infatti il dovere dei medici è curare tutti, ma il discorso è complesso e forse ci si dimentica di una cosa semplice, queste persone comunque si dissociano dalla collettività e se fregano del bene comune, con tutte le eccezioni del caso certo. Inoltre è verissimo che in questi due anni non si sono incrementati i posti letto e non è stato fatto molto per la sanità, a parte il vaccino, ma questo non ci toglie la responsabilità individuale nei confronti degli altri con cui condividiamo questa società.
A mio avviso la domanda posta da Aparo ha senso solo se si chiariscono bene un paio di cose. La prima è definire bene cosa si intende per no-vax. A mio parere si deve intendere colui che, scientemente, da una parte rifiuta convintamente il vaccino e dall’altra, altrettanto convintamente, crede che la pandemia sia tutta un’invenzione e che ci troviamo in regime di dittatura sanitaria. Si devono escludere cioè tutte le sotto-categorie (per dirla con Katia) di no-vax che, in un modo o in un altro, dietro alla loro scelta hanno delle paure o delle “fragilità”. In questi casi va da sé che debbano valere gli stessi criteri che si adottano per altre categorie “deboli”, per così dire.
La seconda cosa riguarda i principi morali, etici, di tradizione cristiano-cattolica o laica che siano. Se li anteponiamo all’osservazione del problema posto dalla domanda, tanto vale non fare nessun tentativo di indagare, tanto sappiamo già subito quale sarà la risposta, è scontata. Quindi vanno messi da parte, almeno in un primo momento. Potremo poi, volendo, rimetterli in campo una volta osservato il problema senza le lenti della morale.
Detto questo, la differenza tra un no-vax convinto e altri casi quali quelli di un tossico, un alcolista, un anoressico, un fumatore, ecc., è che, questi ultimi, non è che non si vogliono sottoporre alle cure perché si convincono che in queste non ci sia nulla di scientificamente valido e ci sia invece un qualche complotto mondiale di qualcuno che vuole ridurci in schiavitù.
Lo stesso dicasi nei casi di eutanasia, chi vuole porre fine alla sua vita rifiutando le cure non lo fa perché non crede in queste, lo fa per una questione di dignità della vita. Il no-vax che si prende il virus, coerentemente con le sue convinzioni, decide di non farsi curare perché non crede nelle cure. Il no-vax pensa che rifiutando il vaccino non morirà.
Muore? Se muore la morte non è però da considerare una sua scelta (come nei casi di eutanasia) ma una fatale (verrebbe da dire scientifica) conseguenza delle sue convinzioni. Si potrebbe dire che muore per coerenza. E allora lo si dovrebbe lasciare morire?
Parafrasando una famosa storiella, il no-vax è come quel tizio che cade da un palazzo di 50 piani, con la sostanziale differenza che per il no-vax il compiere un passo in avanti di troppo non lo farà cadere nel vuoto: il vuoto non esiste, è un’invenzione, una menzogna. E mentre lui cade, e a mano a mano, di piano in piano, dice “avete visto che sono ancora vivo, avete visto che sono ancora vivo”, appare a tutti chiaro – tranne che a lui – che il problema non è la caduta ma l’atterraggio.
Per attutire il colpo e cercare di salvargli la vita gli si deve mettere un materasso sotto? Anche nel caso l’unico materasso disponibile venisse sottratto alla possibilità di salvare altre vite? Il no-vax non è caduto accidentalmente e non è nemmeno un suicida; il no-vax ha spiccato il salto dal cinquantesimo piano nella convinzione di non fare niente di insensato, anzi avrebbe dimostrato al mondo che la mancanza di senno non era la sua ma di tutti gli altri, della stragrande maggioranza delle persone.
Certamente un medico non può non mettere il materasso sotto, è impossibile che non lo faccia. Personalmente, per rispettare il principio di coerenza della scelta del no-vax, mi verrebbe di non metterlo il materasso, giusto per non togliere al no-vax la soddisfazione di andare fino in fondo al suo credo. O forse si, lo metterei, magari per una sorta di impulso quasi automatico, istintivo, spinto dalla legge morale che ci portiamo dentro (che è rientrata in campo).
Buonasera
La domanda è, si complessa e per la sua complessità, la risposta la si può e la si deve trovare nel codice deontologico che disciplina l’attività medica. Più precisamente nell’articolo 3, in cui, a chiare lettere e senza ombra di dubbio, dice: ‘Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e il sollievo della sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza discriminazioni di età, di sesso, di razza, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace come in tempo di guerra, quali siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera. La salute è intesa nell’accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona’.
Non è un caso che l’articolo inizi con il termine DOVERE, per rimarcare in maniera granitica ed incisiva, il rapporto tra medico e paziente. Se così non fosse si darebbe libertà ad ogni singolo operatore del settore di decidere della sorte del paziente: perché curare, oggi, con costi anche molto importanti, un sieropositivo HIV consapevole del fatto che, usando un minimo di protezione, non avrebbe contratto il virus in oggetto?
Personalmente non riesco a giustificare il comportamento scriteriato e disdicevole dei No-Vax, non mi interessa sapere le varie motivazioni che possano portare a considerazioni stupide, ignoranti (non si tratta di avere fiducia o no nelle istituzioni ma di avere una cultura scientifica tale da poter discutere seriamente su questi argomenti e, come sappiamo, la Scienza non è democratica e non è per tutti, o la si conosce o si tace!), probabilmente spinte da una componente narcisistica dell’individuo (faccio rumore, mi oppongo a questi ‘scienziati’, dimostrando che la mia parola vale quanto la loro).
Chiudo, citando Eco: ‘I social danno diritto di parola a legioni di imbecilli’, nel senso che internet non ha creato gli imbecilli ma ha dato loro la stessa platea e la stessa importanza dei premi Nobel.