Penso ingannasse anche mia sorella. Con me ha cominciato a farlo che ero ancora piccolissimo. Non mi piacevano le uova o mi sembrava non mi piacessero. Lei ogni mattina metteva un tuorlo d’uovo nel latte, miscelava il tutto per bene e me lo dava da bere. Di fronte alle mie perplessità sul nuovo colore del latte, mi diceva che, apposta per me, il lattaio aveva portato il latte della vacca giovane. A quel punto io riconoscevo che era proprio buono e mi sentivo un privilegiato.
Ma l’inganno più perfido e praticato per anni è partito quando, all’età di otto anni e arrabbiatissimo, volevo picchiare mia sorella Lina, che all’epoca ne aveva due. In quella occasione, mia madre, senza scomporsi, mi ha detto che avrei potuto farlo, ma che avrei dovuto aspettare che Lina avesse almeno una decina d’anni. E tutte le volte che io chiedevo se potevo picchiarla lei rispondeva “aspetta, a piccirida è ancora truoppu nica”.
E così siamo andati avanti fino a che io mi sono trovato a guardare “a piccirida” come facevano lei, mio padre, i nonni e le zie e, a quel punto, ho perso per sempre la possibilità di picchiarla.
Tra l’altro, sarebbe anche difficile, visto chi la difenderebbe.
Grazie Prof per aver condiviso questo spaccato di vita da figlio.
Noi la guardiamo e spesso ci dimentichiamo che lei abbia potuto anche vivere un tempo in cui dipendeva da qualcuno che non fosse lei stesso.
Ma oggi io mi sento di ringraziare la sua mamma Maria, perché ha plasmato il nostro Prof con sapiente cura e chiaramente anche con grande furbizia.
So anche che il privilegio che lei ha avuto di averla vicina tanto tempo ha fatto sì che molto tardi lei potesse dire di essere definitivamente grande. Perché diventare grandi è difficile, ma quando si continua ad essere anche figli è forse un po’ meno confuso.
Bello questo scritto. Parla di te in un modo che raramente accade. Anche tu sei stato piccolo e animato da pulsioni irragionevoli.
Bello il modo che hai scelto per salutare la tua mamma e per esprimerle il tuo amore di figlio.
Tra le altre cose è terapeutico.
Ho appena finito di leggere, o forse definire ancora più approfonditamente, i suoi sentimenti.
A mio ricordo, che tra l’altro è puramente soggettivo, Lei, prof, si è raccontato una miriade di volte donando parti di sé e nella fase adolescenziale e nel suo divenire un “bravo” studente.
La mamma, in questo caso la sua, è stata sempre mescolata in quasi tutti gli argomenti affrontati in gruppo.
I ravioli fatti con le sue mani, la parmigiana di melanzane, l’unicità dei suoi biscotti (spero almeno a sua sorella ha lasciato la ricetta) e tantissime altre cose, hanno arricchito e condito anche le mie mancanze.
A pensarci, probabilmente, in qualche occasione dei suoi racconti, sono stato anche geloso…
Il lievito è sempre quello e difficilmente il prodotto assume sapori diversi.
Le riconosco anche la capacità di non dissociare mai lei dal suo io, anche quando simula d’essere in cattedra.
Forse l’infinito vince sulla finitezza, grazie al pensiero.
Ci sentiamo presto.