Sono nato a Reggio Calabria. Ricordo quando ho iniziato a esplorare il quartiere dove sono cresciuto, dove i palazzi nuovi si mescolavano alle case vecchie: per cinque anni ho vissuto in una di queste case vecchie, prima che il cemento coprisse la natura circostante.
Era un cascinale di tre appartamenti, costeggiato da una stradina poco asfaltata con rientranza di un piccolo pergolato: la prima casa era di un vecchietto che la usava come deposito di piccoli rottami. Ogni volta che andavo a trovarlo, l’odore di grasso e di oli esausti mi rimaneva impresso e ogni volta che entro in un’officina meccanica mi viene in mente Don Ciccio, questo era il suo nome. Mi insegnava come si smontavano gli avvolgimenti delle casse acustiche e dei trasformatori, per recuperare il filo di rame. Subito dopo c’era la mia casettina dove vivevo con mia madre, mio padre, le mie sorelle e i miei fratellini. La casa non era grandissima ma si stava bene. Il cascinale era ben lontano dalla strada e con i miei fratelli ci giocavamo senza che mia madre dovesse preoccuparsi per noi in mezzo alla strada trafficata.
Più in là viveva una signora anziana, che per rispetto chiamavamo nonna Giulia. Era piccolina di statura e un po’ curva ma di cuore grande. Mi ricordo che viveva da sola. Mi è rimasto un bel ricordo di nonna Giulia. Lei ci rimproverava per il casino che facevamo con i miei fratelli giocando. Dopo averci rimproverati ci chiamava offrendoci dei biscotti fatti da lei e ci diceva: “u sapiti che vi voju beni!”.
Un altro mio ricordo era la festa patronale: mi divertivo a girare tra le bancarelle fermandomi a guardare come preparavano le mandorle pralinate e anche un tipo di biscotto fatto con tanto miele che noi chiamavamo ZIDDA o MUSTAZZOLI. La particolarità di questo dolce erano le molte forme, esempio pesce, cavallo, cestino, casetta, ecc. Sono belli da guardare e buoni da mangiare per chi ha denti forti.
Un altro mio ricordo di mia mamma è il fischio con cui ci chiamava e col quale io e i miei fratelli capivamo che era l’ora di ritornare a casa.
Le passeggiate in Via Marina, il lungo mare di Reggio Calabria, con la sua ringhiera di ferro antico che affaccia sul mare e in lontananza si vede la Sicilia. La via marina come noi la chiamavamo, arrivando dal porto, divide le due strade a senso unico, un chiosco di gelati che ha circa 80 anni e dove per prendere una brioche con il gelato devi aspettare circa 30 minuti, però ne vale la pena. I gusti che prendevo di solito erano il caffè, la nocciola e la panna. La gustavo pianissimo per quanto era buona.
Più crescevo e più mi piaceva esplorare. Un giorno mio padre mi regalò una bicicletta misura 14 marca Graziella. E’ stata una gioia grande potermi spingere più lontano per conoscere la mia città.
La mia prima meta con la bicicletta è stata la Stazione Centrale con la sua piazza dove facevano capolinea i pullman di linea e quelli della città. Al centro della piazza sovrastava la statua di Giuseppe Garibaldi a cavallo.
Proseguendo in direzione nord, sul corso dedicato sempre a Garibaldi s’incontra la Villa Comunale con i suoi enormi alberi dai nomi esotici. Dalla parte di sotto, nella Villa Comunale si trova un laghetto pieno di pesci rossi che se la contendevano insieme ai cigni. Prima dell’uscita c’era un piccolo zoo con due leoni, tre babbuini, un pavone e una gabbia di uccellini.
Continuando sul corso Garibaldi si arriva al Duomo con le due statue di S. Pietro e Paolo e la grande piazza con i magazzini ai lati. Proseguendo si arriva al museo dove si trovano le statue di bronzo ritrovate a Riace che tutto il mondo ci invidia!
Questa è una parte della mia città .
Bollate, 16/09/2022
Salvatore Luci