I miei genitori sono entrambi grafici e amanti dell’arte e spesso, quando ero piccola, mi portavano in giro per musei e mostre. Come è possibile immaginare, il museo non era proprio il mio posto preferito dove passare il sabato pomeriggio. Mio padre però era furbo e per coinvolgermi si è inventato un gioco: ognuno di noi doveva immaginare i titoli delle varie opere e chi si avvicinava di più al titolo originale vinceva. Strano ma vero, vincevamo sempre io e mia sorella.
Ora che sono grande, nei musei ci vado volentieri di mia spontanea volontà. Spesso però mi capita di fermarmi a cercare di indovinare il titolo dei quadri, lo trovo un modo per capire se sono riuscita a percepire il messaggio che l’autore voleva mandare.
Nel caso de La chiamata di San Matteo invece, ho saputo il titolo prima ancora di vedere il quadro. So che il titolo originale è La vocazione di San Matteo, ma mi piace pensare che la scelta di presentarlo al Gruppo come chiamata sia fatto di proposito. Il titolo che gli ha dato il professor Aparo mi evoca una sensazione di dinamicità e di dialogo, di domanda e risposta. Trovo che rispecchi molto il quadro, perché guardandolo è difficile individuare subito il protagonista. Chi è il soggetto principale del quadro? Matteo, circondato da colleghi e apprendisti? O Cristo, coperto quasi interamente da Pietro? Per me, il soggetto principale di questo quadro è l’azione della chiamata, rappresentata dal dito di Cristo puntato su Matteo e dal dito di Matteo, rivolto a sé stesso.
Inoltre, un aspetto che adoro dell’arte è che consente di provare diverse sensazioni pur rimanendo sempre uguale. Aver ascoltato le percezioni degli altri, mi ha aiutato ad avere un’impressione più generale. Ho potuto quindi soffermarmi sull’espressione incredula di Matteo, sull’indifferenza degli altri avventori, sullo sguardo di Cristo, da alcuni percepito severo, da altri accusatorio.
Mi piace paragonare questo evolversi di sensazioni che si manifesta davanti ad un’opera d’arte all’evolversi della coscienza di un detenuto: l’incontro e l’ascolto delle esperienze, le opinioni e le riflessioni dell’altro sono strumenti fondamentali per la crescita e lo sviluppo della propria identità.
Cristo chiama e Matteo può rispondere oppure no, entrambi però sanno che l’azione è eseguita da tutti e due.
Anita Saccani