Frequento il gruppo purtroppo solo il martedì, in quanto per adesso gli altri giorni non riesco. Sono detenuto a Milano-Opera in regime di semilibertà. Non so bene come stiate studiando il testo in questione, ho letto “Delitto e Castigo” più o meno due anni fa quando ero detenuto nel circuito di Alta sicurezza presso l’Istituto di Asti.
Mi piacerebbe lasciare il mio contributo, cioè dirvi cosa è rimasto a me di detta lettura. Ricordo nitidamente il protagonista Raskòlnikov che io identifico in ognuno di noi detenuti. La sofferenza di un popolo, il popolo russo incarnato nel protagonista che vive una vita di stenti. Impantanato nel degrado della miseria più totale, decide di uccidere l’usuraia perché come ogni deviante non le riconosce lo status di persona ma la trasforma in qualcosa d’altro, in una non persona, la trasforma in una sudicia figura che perpetra il male. Raskòlnikov, convinto di compiere un atto di moralità superiore, la uccide e uccide anche la sorella, proprio come la spirale del crimine che investe e distrugge ogni cosa ostacoli il suo corso.
Nella follia di noi dediti all’illecito c’è la falsa credenza del delitto perfetto, del delinquere senza dover fare i conti con la punizione, ma poi la realtà è assai diversa, non solo bisogna fare i conti con la verità giuridica e normativa della legge ma, come per il protagonista del Romanzo, arriva inesorabilmente il senso di colpa che è il tribunale più spietato.
Ma come nell’epilogo di questo racconto, la redenzione è nel riconoscimento della legge come mezzo di libertà. Dove alla base dei diritti c’è il riconoscimento degli obblighi, si fa la scelta di seguire Sonja e finalmente si è liberi.
Rocco Panetta