Relazione finale di tirocinio

Leonardo Esposti, matricola 953451
Tirocinio curricolare presso l’associazione: “Trasgressione.net
Corso di Laurea: Scienze dei Servizi Giuridici
Periodo : 08.03.2022 – 13.06.2022

Caratteristiche generali del tirocinio: l’istituzione, l’organizzazione o l’unità operativa in cui si è svolta l’attività, l’ambito operativo, l’approccio teorico e pratico di riferimento
Trasgressione.net è un’associazione ONLUS costituita da detenuti ed ex-detenuti, familiari di vittime, studenti, professionisti e liberi cittadini, il cui obiettivo è contribuire a un percorso di maturazione, riabilitazione e responsabilizzazione personale del detenuto, finalizzato al suo reintegro nella società civile.

Tale associazione si occupa delle iniziative culturali e sociali del Gruppo della Trasgressione che opera a diretto contatto con i detenuti, sia all’interno delle tre carceri milanesi per adulti, sia esternamente nella sede di Via Sant’Abbondio 53A, sempre a Milano.

Il Gruppo, oltre che dell’associazione, si avvale anche del sostegno di una Cooperativa Sociale il cui obiettivo è quello di coltivare e rafforzare il rapporto di progettualità tra i detenuti, gli altri componenti del gruppo e, più in generale, il mondo esterno.

Descrizione dettagliata del ruolo e delle mansioni svolte:
Durante il periodo di tirocinio ho partecipato regolarmente agli incontri del Gruppo esterno, a quelli all’interno delle carceri di Opera, San Vittore e Bollate, nonché ai numerosi eventi organizzati dall’associazione.

Gli incontri esterni, con cadenza settimanale, mi hanno consentito di approfondire numerosi temi quali:

  • Il reato e l’abuso;
  • Alcune diverse letture del concetto di libertà;
  • La banalità del male e la mediocrità dell’uomo;
  • L’arroganza del deviante;
  • La responsabilità del detenuto e delle istituzioni;
  • Il significato della punizione, la riabilitazione e il reinserimento del detenuto nella società civile;
  • Il rapporto tra genitori-detenuti e figli;
  • La prevenzione della devianza giovanile;
  • Le micro-scelte quotidiane che portano alla devianza e alla macro-scelta dell’attuazione di un reato;

Nel corso degli incontri all’interno delle carceri ho avuto una collaborazione diretta con i detenuti. Con essi ho instaurato un dialogo utile alla comprensione di storie di vita difficili e di percorsi di devianza dolorosi.

Durante tali incontri è stato molto importante il ruolo del coordinatore del gruppo che coinvolgeva tutti noi tirocinanti a partecipare attivamente al dialogo con i detenuti e a collaborare in attività concrete.

Attività concrete, metodi e strumenti adottati:
Il Gruppo della Trasgressione, estroso e poliedrico, ha organizzato numerose attività culturali a cui ho avuto l’occasione di partecipare.

Il 9 Marzo 2022 nel carcere di Opera, in collaborazione con il gruppo ForMattArt, è stata organizzata una mostra-incontro con gli studenti di una Scuola secondaria di Milano che hanno interagito con alcuni detenuti dei reparti di media e alta sicurezza. Nella prima parte dell’incontro sono stati visionati e discussi molti lavori artistici audiovisivi di diversa natura (immagini astratte, foto, dipinti, video, tracce audio) che rimandavano all’idea di sofferenza, ai sogni dei detenuti, all’idea di giustizia e al valore dell’articolo 27 della Costituzione. Si è trattato di un percorso guidato che invitava alla visione di quadri raffiguranti immagini di sbarre, visi di persone o persone rannicchiate, il tutto accompagnato da un sottofondo audio che proponeva domande come: “Ti senti responsabile per quello che hai fatto?” “Infrangi spesso le regole?” “Segui i principi della tua morale oppure quelli del Diritto Costituzionale?”. Continuando il percorso, si arrivava a un tavolo dove potevamo sfogliare gli scritti di bambini su quadernini che riportavano i loro sogni, le loro speranze, i loro sentimenti, le loro preoccupazioni. Infine, su una costruzione di legno a forma di sfera si poteva leggere l’incisione dell’articolo 27 della Costituzione: “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Nella seconda parte dell’incontro è stato organizzato un laboratorio didattico in cui gruppi misti di studenti, detenuti e tirocinanti come me, hanno composto delle frasi di senso compiuto estrapolando parole da vari ritagli di giornale. Le frasi riflettevano, per esempio, il sentimento del detenuto tradito dall’ambiente di provenienza, dai suoi amici, dai modelli di riferimento; la sua tristezza, il dispiacere e il rimorso per quello che ha fatto; la speranza nelle prospettive future di riabilitazione e di crescita personale. Questo incontro, avvenuto il giorno del mio primo ingresso nel carcere di Opera, è stato particolarmente emozionante e mi ha fatto comprendere il modus operandi del Gruppo nella pratica reale.

Nei successivi incontri, sempre nel carcere di Opera, ho assistito alla rappresentazione teatrale del mito di Sisifo. Una rappresentazione rivisitata, frutto dell’ingegno del coordinatore del gruppo della Trasgressione il dottor Angelo Aparo. Il mito di Sisifo in questa versione è stato scelto e sfruttato per trattare diverse tematiche quali: il rapporto tra il detenuto e l’autorità, l’arroganza del detenuto e il rapporto tra detenuto e figlio.

Sisifo è il re di Corinto, città che attraversa un periodo di gravissima siccità. Gli abitanti pregano gli dei e, in particolare, fanno sacrifici in favore di Giove e di Asopo, dio delle acque, affinché questi concedano a Corinto una sorgente per coltivare i campi. Ma gli dei si dedicano ai loro festini mentre il popolo di Corinto muore di sete. Sisifo, senza andare troppo per il sottile, riesce a procurare l’acqua al suo popolo, ma incorre nelle ire del re dell’Olimpo, che si vendicherà con la famosa pena del masso”.

Nella simbologia teatrale, Sisifo, che vive in un mondo in cui la violenza è alimentata e innaffiata continuamente, rappresenta l’arroganza dello stile deviante, che si manifesta con un costante disdegno verso le regole e un’irritante altezzosità verso il prossimo.

Asopo, il dio dell’acqua, dileggiato da sua figlia a causa delle compagnie poco raccomandabili che egli frequenta e per la totale assenza di credibilità come genitore, rappresenta un’autorità che conosce la violenza come unico mezzo per farsi rispettare.

Il 30 Marzo e il 7 Aprile sono stati organizzati due incontri al Liceo Artistico di Brera (con sede in Via Camillo Hajech) in cui detenuti e studenti hanno potuto riflettere sulle ragioni della devianza. Durante questi incontri ci si è interrogati sulle variabili che incidono sulla tipo di risposta che viene data alla frustrazione. Tra i vari interventi dei detenuti sono emersi i numerosi fattori scatenanti la devianza, tra cui l’ambiente sociale e il contesto in cui ognuno di noi nasce, cresce e vive; la sensazione di impotenza e le fragilità interne che conducono sovente anche all’uso e all’abuso di sostanze stupefacenti; il desiderio di accumulare denaro e beni voluttuari e infine la seduzione che la vita da criminale e i soggetti di riferimento esercitano sul futuro deviante.

Tra le varie iniziative proposte dal Gruppo, la più importante è sicuramente il convegno tenutosi il 30 Maggio 2022 al Senato di Roma nella Sala Zuccari del Palazzo Giustiniani, che ha visto la partecipazione di importanti cariche istituzionali come il Ministro della Giustizia Marta Cartabia, il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Carlo Renoldi e i due Senatori della Repubblica Franco Mirabelli e Monica Cirinnà, nonché di alcuni ex-detenuti e detenuti in permesso speciale. Il convegno è stato un’importante occasione per presentare alle cariche istituzionali la filosofia del Gruppo e il suo modo di operare, allo scopo di stringere una proficua collaborazione con le istituzioni stesse.

Presenza di un coordinatore o di un supervisore e modalità di verifica e di valutazione delle attività svolte:
Il Gruppo della Trasgressione è coordinato dal Professor Aparo, terapeuta ed ex-Docente universitario, il quale propone, ad ogni incontro, nuovi temi e spunti di riflessione da cui nascono ricche discussioni e occasioni di confronto. Il prof. Aparo ha prestato particolare attenzione al percorso di maturazione personale di noi tirocinanti, coinvolgendoci sempre nelle attività proposte e invitandoci a redigerne costantemente relazioni e verbali.

Conoscenze e abilità acquisite:
L’esperienza con il Gruppo della Trasgressione, attraverso un approccio pratico e moderno, mi ha permesso di approfondire la conoscenza del mondo carcerario e della giustizia penale, soggetti da me analizzati parzialmente e solo da un punto di vista teorico durante il percorso di studi. In particolare ho imparato a instaurare un dialogo autentico con l’autore del reato e ad avere una maggiore comprensione delle motivazioni, dei sentimenti e delle fragilità che sono alla base della devianza.

Il contatto diretto con i detenuti e il mondo carcerario in generale mi hanno fatto capire che per riabilitare e riforgiare un uomo in detenzione l’istituzione dovrebbe assegnargli una funzione e responsabilizzarlo nei confronti della cittadinanza libera. Da studioso del Diritto, questa visione aperta del Gruppo mi pare rappresenti un punto di partenza per rivoluzionare la ratio classica della pena da scontare.

Caratteristiche personali sviluppate:
Far parte del Gruppo della Trasgressione ha migliorato le mie capacità interpersonali e relazionali attraverso l’ascolto delle esperienze dei detenuti, e mi ha aiutato a espormi in prima persona e a mettere a nudo con me stesso, prima che con gli altri, alcune fragilità e insicurezze.

Il Gruppo, inoltre, è stato fondamentale per spingermi a mettere in discussione certi stereotipi e pregiudizi sul mondo carcerario e per apprezzare il valore della cooperazione tra membri che desiderano farsi promotori di un cambiamento nell’istituzione.

Altre eventuali considerazioni personali:
In Italia, ogni giorno, più di cinquantacinquemila persone vivono una costante situazione di crudeltà e sofferenza psico-fisica, completamente inconciliabile e contrastante con la nostra Costituzione e con i Trattati Internazionali che la Repubblica si è impegnata a osservare.

Il primo passo per riabilitare il detenuto è quello di riconoscerne la dignità in qualità di essere umano, malgrado l’efferatezza del crimine da lui commesso. Privare un detenuto dei diritti fondamentali, infliggendogli una pena inutilmente dolorosa, significa negargli ab origine la sua dignità. Ritengo infatti che una logica punitiva squisitamente retributiva, secondo cui il dolore sarebbe l’unica moneta con cui il detenuto ripaga il danno che ha causato alla società, porti alla patologia del sistema e ad un alto tasso di recidiva.

Concludendo, a mio avviso, il detenuto dovrebbe essere messo nelle condizioni di esercitare delle funzioni di responsabilità, attraverso l’assegnazione di un lavoro e l’approfondimento della propria cultura. Questa seconda visione meglio si concilierebbe con i valori enucleati in larga parte nei Principi Fondamentali della Carta Costituzionale, ma non solo: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale […]. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine […] sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. E ancora: La responsabilità penale è personale. […] (art. 3 Cost.). Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” (art. 27 Cost.). Il “recupero sociale del condannato” è “fine ultimo e risolutivo della pena”, da attuare attraverso un vero e proprio riconoscimento di un “diritto all’educazione” (Sent. Corte Cost. n. 204/1974).

La rieducazione del condannato passa attraverso una serie di strumenti che lo Stato e i liberi cittadini decidono di mettere a disposizione. E in tal senso si innesta l’operato del Gruppo della Trasgressione.

Indice dei Tirocini

Il conflitto, tra dolore e privilegio

Questi incontri nell’ambito del progetto “Delitto e Castigo” all’interno del carcere di Opera costituiscono per me un’occasione di crescita professionale e personale. Sono all’ultimo anno di Giurisprudenza e sto giungendo al termine del mio percorso universitario. Ambisco a formarmi non solo come Giurista con una coscienza etica, ma vorrei poter anche agire come Operatore del diritto con radici in un’esperienza umana vissuta autenticamente.

Questi incontri mi permettono di fare un’esperienza reale mettendo in gioco e confrontando le mie competenze tecniche acquisite ad oggi: entrare in Carcere è stato come sperimentare una giostra di emozioni ed è stato, soprattutto, fonte di tante domande. Torno a casa con una serie di quesiti irrisolti, principalmente su come porsi nei confronti delle persone detenute, e credo che solo gli anni e l’esperienza riusciranno a darmi una corretta risposta.

Nel primo incontro, quando i detenuti hanno raccontato la loro esperienza giustificando, o meglio, cercando di contestualizzare le ragioni dei reati commessi, ho provato molto scetticismo e mi sono chiesta se la parola comprensione o simpatia fosse appropriata per le mie emozioni. Forse la comprensione nasce dalla competenza che si può sviluppare con una maturità professionale, che da studente non ho ancora.

Ho sempre immaginato il diritto come applicazione scientifica della legge con riferimento a situazioni che, seppur peculiari, avrebbero potuto essere categorizzate e giudicate. Invece, attraverso questa esperienza mi rendo conto che c’è molto di più: ci sono delle persone, delle intenzioni, dei familiari, dei percorsi, dei ripensamenti, delle emozioni. E, dietro tutto ciò, degli esperti e diverse figure professionali: lo psicologo clinico, il Magistrato, il Direttore del carcere che combattono tutti i giorni per garantire la riuscita di un percorso trattamentale.

Sono molte le figure che operano in carcere con i detenuti e che forniscono degli strumenti di crescita e speranza a chiunque voglia coglierli, creando spazi dove il detenuto può ritrovare sé stesso per costruire da dentro il suo possibile fuori. La comprensione o la simpatia nei confronti dei detenuti, ad oggi, non fa ancora parte del mio pensiero, ma la consapevolezza che l’ascolto sia una perla preziosa dalla quale si può imparare molto, sì! Magari non per immedesimarsi, perché non ritengo che questo sia il mio compito, ma per cercare di capire con intelligenza e razionalità.

Nel secondo incontro, la chiave ad alcune mie domande è stata fornita dal dott. Aparo, con riferimento al concetto di conflitto nel delirio di Raskol’nikov e alla sua presenza o assenza prima della commissione di un reato. La possibile causa della devianza potrebbe risiedere nella mancanza o, addirittura, nella ricerca del conflitto stesso. Il conflitto è un privilegio o una dannazione? Credevo di non essere in grado di dare una risposta a questa domanda, ma credo di averlo capito nel momento in cui ho visto Nunzio commuoversi nel ricordo di sua madre e ho visto Marisa, madre di una vittima di un’associazione criminale, mettergli una mano sulla spalla e rincuorarlo.

Ho visto che quello che in passato era stato il senso di onnipotenza del reo era astato anche uno strumento per coprire un baratro di fragilità e di insicurezze. Questo mi ha portato a comprendere l’importanza del conflitto interiore in un uomo e a condannare l’onnipotenza incosciente che lo disumanizza e lo rende criminale. Il vantaggio di una intensificazione della coscienza lo capii in quel momento e il mio pregiudizio e giudizio nei confronti dei detenuti è stato superato.

Tutti nella vita ci troviamo a scegliere, seppur nel nostro piccolo, tra la strada più facile e quella più difficile. Per questo, è bello vedere in questi incontri un’umanità che si confronta, che si racconta seppur da vite, ruoli, famiglie, storie diverse. Ho ammirato il Magistrato Dott. Alberto Nobili, quando ha ringraziato il detenuto Pasquale per il percorso svolto, così facendomi comprendere l’immensità e la serietà della parola giustizia.

È questa la mia idea di Stato, un’Istituzione che sia consapevole del senso di umanità e che con umiltà ringrazia quando, anche grazie al detenuto, la giustizia e un senso superiore dello Stato riescono ad essere salvezza per la vita di molti.

Mi sento fortunata e onorata di avere l’opportunità di partecipare a questa esperienza e di provare ad essere ponte per una comunicazione con l’esterno. Cercherò, nel mio piccolo, di dare parola nel contesto quotidiano in cui vivo a chi ha meno o diversi strumenti per farlo dall’interno. Grazie.

Elisa Civolani

Delitto e Castigo