Un futuro esiste anche per me… bah, lo spero! Sono stato prigioniero di un circolo vizioso fatto di volere cose, ottenerle e poi volerne delle altre. Provavo insoddisfazione… non riuscire a smettere di desiderare sempre altro è deprimente, non c’è dubbio.
La sofferenza è sempre stata dentro nella mia vita, avrei dovuto accettarlo e trovare il modo di elaborarla. Sono convinto che l’energia che c’è dentro di noi ci permetta di crescere e di vivere le nostre emozioni, ma io, purtroppo, non sono riuscito ad incanalarla come avrei dovuto. Ora non so se la mia vita è degna di essere vissuta, sono bloccato in questo circolo vizioso di lotta e desiderio.
A vent’anni non riuscivo a superare la mia infanzia turbolenta, che mi impediva di fare ciò che volevo e di raggiungere ciò che desideravo diventare. Se fossi riuscito a non dare troppo peso a quello che altri facevano della mia sofferenza, forse non avrei procurato danni ad altri.
Mi rimane la frustrazione di non essere riuscito a parlare con qualcuno di questa mia sofferenza, di non avere saputo affrontare me stesso, capire che mi stavo autodistruggendo… ma non ci sono riuscito. Ma sono io… come avrei potuto, se non ero capace di esternare le mie emozioni o di stare tranquillo mentre tenevo un discorso con qualcuno? Da quando ho memoria di me, non ci sono mai riuscito.
Con gli anni la cosa è andata sempre peggio, pur conducendo una vita tranquilla e riuscendo in parte a nascondere questo mio lato. Poi, però, sono arrivati i primi problemi, quando per nascondere tutto ciò non bastava più solo una maschera. Arrivati ad una certa età, bisogna esternare le proprie emozioni, la propria personalità, il vero io, altrimenti i legami che crei, man mano con il tempo, si sciolgono, oppure passi per un debole.
Ogni persona si rapporta con te in base a come è fatta e in base a ciò che tu riesci a trasmettere. Sono riuscito a nascondermi così bene che in una relazione durata anni non ho mai tirato fuori chi ero veramente. È brutto svegliarsi di fianco alla persona che ami e sapere che nascondi parte di te. Ancora peggio, non riuscire a mostrare tutto te stesso neanche con la tua famiglia. Ho passato la mia vita in gran parte intrappolato in un limbo tra me e me, nell’illusione di conoscermi.
La droga per me è stata come un tappeto elastico, dove quando salti e sei in alto nell’aria ti senti leggero, e in quel momento, anche se breve, pensavo di potermi liberare… ma in realtà non era così. Non ero veramente io, l’ho capito solo dopo, anche se quasi sicuramente lo sapevo anche prima… ma d’altronde era più facile pensarla così, mentre vivevo certe situazioni scomode, certi pensieri e certe gesta.
Come si può pensare di vivere una vita, dopo che tu stesso ne hai tolta una? Quindi, come si può pensare di andare avanti? Sono pentito fino al midollo e vorrei poter fare uscire questa stranezza da me. Ma sono stanco. Dovrei solo accettarla.
In carcere è ancora più difficile, perché si è costretti ad aprirsi per forza, che lo si voglia o no. Un percorso del genere non dovrebbe essere una forzatura, ma sono dovuto passare di qui per farlo. Ho avuto 24 anni per farlo, ma non ne sono stato capace.
Spero che ci sia un Dio in grado di darmi delle risposte. Sono certo che non possano esserci mezze verità dopo la morte, o c’è tutto o non c’è niente, accetterò ciò in cui credo.
Si raccoglie ciò che si semina, e purtroppo ho seminato poco e quel poco l’ho bruciato troppo in fretta. È questo il momento di gettare nuove fondamenta, per essere sicuro che siano solide.
Riprendendo il filo del discorso, io ho tanta paura di ciò che c’è dopo la morte, ma allo stesso tempo, in realtà, non ce l’ho. Qualsiasi punizione mi verrà assegnata, so che sarà giusta. Alla fine, la paura è radicata in ognuno di noi, e chiunque dica che non ha paura di nulla mente solo a se stesso, perché prima o poi nel corso della propria vita si arriva a farci i conti. Che poi si sia diventati bravi a nasconderla è un altro conto, ma la paura non ci abbandona mai, è costantemente lì.
Sono logorato e soffro ogni giorno e cerco di nascondere tutto con una tranquillità assurda, non riesco a concepire come io sia stato capace di togliere una vita. Quel giorno se ne è andata via anche una parte di me.
Non sono mai riuscito ad impuntarmi nella mia vita, avrei potuto affrontare tutto come un uomo, quando invece ho solo agito da ragazzino, pensando di essere un uomo.
Avevo la possibilità di confessare tutto e prendermi fin da subito le mie responsabilità, ma anche in quel caso il ragazzino ha preso il sopravvento: la codardia, il guardare negli occhi la mia famiglia e non riuscire a dire niente. Avevo perso tutto e non riuscivo ancora a capacitarmi di come sia potuto succedere, come io abbia potuto superare il limite.
Tutto il dolore che io ho causato alla famiglia della vittima – e anche alla mia famiglia – è un peso troppo grande da sopportare. Dovrei lasciarmi tutto alle spalle come mi dicono, ma solo un pazzo potrebbe fare una cosa del genere. Sicuramente anche io sono preda della mia pazzia, ma non così tanto da sopprimere tutto ciò, o almeno per il momento.
Se avessi avuto più spina dorsale nella vita, se avessi provato a mettermi in gioco e non a nascondermi sempre, molto probabilmente non sarei qui ora. Ci sono stati diversi traumi nella mia vita, che piano piano mi hanno fatto costruire questa sorta di maschera che mi serviva da parafulmine contro gli altri, soprattutto per non ricordare. Ma questa situazione non ha fatto altro che peggiorare, facendomi chiudere definitivamente in me stesso, non permettendomi più di dire la mia, per quel poco che riuscivo, diventando come un giocattolo che sta fermo ovunque lo metti.
Sicuramente le droghe non hanno fatto altro che peggiorare le cose, portandomi sempre più a fondo… tutto per quel poco di libertà che credevo potessero darmi. Se non fosse stato per le droghe, quella situazione molto probabilmente l’avrei affrontata in un altro modo: come al solito a testa bassa, mandare giù e via. Sarebbe stata sicuramente la cosa migliore. Avrei dovuto chiedere aiuto, ma chiedere aiuto significa dover affrontare tutto il tuo passato, significa mettersi a nudo, cosa che non ho mai fatto.
Pensavo di conoscere me stesso? Ma come possiamo essere certi di conoscerci, quando forse nella nostra mente ci sono zone che non siamo in grado di conoscere direttamente, come stanze che restano sempre chiuse, nelle quali non ci è dato entrare?
Ripensando alla mia storia personale, sono giunto alla conclusione che la vera origine del mio malessere sia dovuto a quel tipo di ricordo inquietante che io trattavo come se non lo fosse. Poi ci sono le cose che vogliamo fare e quelle che non ci rendiamo conto di voler fare. La mente le reprime, prova a tenere questi pensieri nascosti nell’inconscio. Molti di questi si formano durante l’infanzia, come ad esempio avvenimenti accaduti quando ero piccolo, che possono riemergere durante l’età adulta.
Questa terapia detta “parola” sblocca i pensieri che ci turbano e rimuove alcuni sintomi. È come se l’azione di parlare alleggerisse la pressione delle idee con le quali le persone, sofferenti come me e bloccate dalla paura, vorrebbero confrontarsi. Un altro modo per rendersi conto di questi sintomi è attraverso i lapsus, che escono fuori quando ci capitano situazioni che rivelano i desideri che ci rendiamo conto di provare.
Spero che il gruppo della trasgressione, gli altri gruppi che frequento e il confronto possano in qualche modo far emergere questi desideri, per renderli guardabili e forse anche superarli. Con la consapevolezza di portarmi questo peso sulle spalle per tutta la vita, sperando che il mio senso di colpa non mi schiacci.
Reparto LA CHIAMATA – Percorsi della Devianza
Hamadi El Makkaoui