Sei nata il giorno di Santa Lucia. Nevicava sui tetti mentre tu venivi alla luce intatta, con il sacco ancora intero quando i dottori ti hanno tirata fuori da me. Nascere con la camicia si dice. Pare che porti fortuna, sicuramente suscita meraviglia. Quando sei comparsa in sala operatoria con gli occhi spalancati sotto quel velo sottile tutti erano entusiasti, come se stessero assistendo a qualcosa di magico. Eri tu, che in effetti sei una magia. Ci conosciamo da poco, qualche mese appena, eppure con te sto vivendo istanti di meraviglia pura: cresci, cambi, ti completi davanti ai miei occhi.
Provo un senso di gratitudine e di nostalgia fortissime in ogni momento: sento che il tempo dei giorni insieme è come dilatato e pure rapidissimo. Ogni giorno tu sei Alice e ogni giorno sei differente: già mi manchi per come eri, mentre ti osservo per come sei e non posso fare a meno di immaginare chi diventerai.
C’era una volta un poeta che guardando il limite di una siepe immaginava l’infinito. Mentre con la fantasia si spingeva al “di là da quella” siepe riusciva a concepire per un attimo l’eterno, ovvero i momenti già trascorsi eppure tutti presenti in quell’istante. La percezione era così nitida che al poeta sembrava di sentirne la musica, “il suon” di quell’eternità. Una meraviglia insomma.
Ogni volta che stringo te Alice e ti guardo io penso a quel poeta, alla sua siepe piccola rispetto all’orizzonte infinito che essa nascondeva e che nascondendo rivelava. Tu sei per me la siepe, quel pezzetto di realtà che, se mi concentro, mi permette di sperimentare l’immensa meraviglia, lo stupore che incanta, il ricordo che salva, il suono dell’istante presente, la spinta che fa nascere e riemergere dopo e nonostante il naufragio.
L’infinito senza stelle – Officina creativa – Genitori e figli