Siamo nel XII secolo a.C. circa, sulle coste dell’odierna Turchia.
Ilio è in fiamme, i Troiani dopo dieci anni d’assedio sono sconfitti. Le donne, ammassate negli accampamenti dei vincitori Achei, non riescono a respirare e non solo perché l’aria è densa di fumo acre, a causa degli incendi, ma perché pensano al loro futuro.
Regine o ancelle che siano, finiranno serve nelle case achee, concubine nei talami achei, odiate da mogli che si sentiranno messe da parte, costrette a subire la loro presenza e a condividere con loro il corpo dei propri uomini.
Saranno violate nel corpo e nello spirito e nessuno avrà pietà di loro. Non sanno ancora chi sarà il loro padrone, l’unica certezza è che nessuno avrà considerazione per la loro sorte.
Andromaca non riesce a respirare. Non sa che cosa sarà di lei, non sa in che terra andrà, non sa di chi sarà la schiava, ma soprattutto non sa che cosa sarà di Astianatte, il suo figlioletto.
Poi arriva Taltibio e glielo comunica: “Tuo figlio sarà precipitato dalle torri troiane…… Non stringerlo tra le braccia; sopporta coraggiosamente questi mali e non pensare di opporti, giacché non hai aiuto da nessuna parte…… Ti esorto a non resistere, a non fare alcunché di sconveniente, a non scagliare imprecazioni contro gli Achei. Se infatti dirai qualcosa per cui l’esercito abbia a sdegnarsi, questo tuo figlio non avrà né sepoltura né compianto…”
Andromaca: “O figlio tanto amato, morrai per mano dei nostri nemici….Ti ucciderà il valore stesso di tuo padre…. O figlio tu piangi! Comprendi la tua sventura ? Perché mi afferri con le tue mani e ti serri al mio peplo, come un uccellino che si ricoveri sotto le mie ali? Non verrà Ettore, dall’oltretomba, a portarti salvezza…. O tenero figlio! O soave profumo del tuo corpo! Invano questo seno ti nutrì in fasce! Serra le braccia intorno alle mie spalle e accosta la tua bocca alla mia!
O Elleni, che avete escogitato un supplizio degno di barbari, perché uccidete questo bambino che di nulla è colpevole?”
Ecuba, regina di Troia e moglie di Priamo, dopo aver creduto che sua figlia Polissena fosse stata posta a cura del sepolcro di Achille, scopre la cruda verità: è stata sgozzata sulla tomba di Achille, votata a un cadavere senza vita.
Siamo nel XX secolo
Sul finire della seconda guerra mondiale, i Russi che entrano in Germania e arrivano a Berlino, man mano che procedono, violentano e depredano.
In Giappone alla fine della seconda guerra mondiale andavano di moda le comfort women. Provenienti principalmente da Corea, Taiwan e Cina. Le stime variano tra le 20.000 e le 300.000 donne; in base alle testimonianze raccolte si reputa attendibile il numero di 200.000
Per rendere l’idea dell’entità del fenomeno e delle brutalità di cui soffrirono le donne, benché la logica sottesa a queste violazioni sia assai più grave delle dimensioni, si può provare a dare una misura approssimativa di quanto accadde nel sud-est asiatico durante la Seconda Guerra Mondiale. La maggior parte delle superstiti ha testimoniato (WCCWI, Inc. 2005) di aver subito da 5 a 20 rapporti sessuali al giorno (in alcuni casi fino a 30 violenze giornaliere), per un minimo di 5 giorni alla settimana per una media di 3-5 anni di detenzione. Calcolando le cifre minime di 5 stupri per 5 giorni, otteniamo l’agghiacciante risultato di 1.800 violenze carnali subite annualmente da una singola donna, che, contando i tre anni minimi di detenzione, diventano 5400 in totale.
La mancata assunzione di responsabilità politica e la discriminazione sociale determinarono che, nonostante la gravità degli eventi, si dovettero aspettare circa quarant’anni prima che queste donne uscissero dal loro silenzio e incoraggiassero le indagini sugli abusi subiti. Ciò accadde innanzitutto perché i governi coinvolti non considerarono di alcuna rilevanza politica il problema, e in secondo luogo perché le pesanti discriminazioni subite dalle sopravvissute alla fine del conflitto trasformarono la loro memoria da denuncia a confessione.
Senza continuare un elenco che forse non finirebbe mai, si può affermare che ovunque c’è una guerra lo stupro è a tutti gli effetti considerato uno strumento di belligeranza, dalla notte dei tempi fino ai giorni nostri.
Per fortuna da tempo le donne indiane non vengono più immolate sulla pira del marito quando egli muore. Per fortuna da tempo in Cina non si bendano più i piedi alle donne fino a impedire la crescita ossea e a renderle storpie.
Ma nel mondo musulmano si muore ancora per una ciocca di capelli sfuggita al foulard e, in molti paesi, la testa coperta e delle vesti che infagottano non sono ritenute sufficienti a salvaguardare la purezza delle donne. Si pretende che nascondano anche il viso e parzialmente anche gli occhi: è come se si volesse negare loro un’identità e le si volesse relegare alla condizione di ombre.
In Afganistan le donne non possono più andare a scuola.
Siamo nel XXI secolo
In un luogo di lavoro dove la parità di genere non è garantita e a mansioni uguali corrispondono retribuzioni diverse si assiste spesso alla vergognosa promozione che vede favorito un uomo non perché sia il migliore ma semplicemente perché è l’uomo. Una donna per vincere il confronto con un uomo deve essere più preparata, più disposta a lavorare di più di quanto il contratto preveda, più creativa, più disponibile.
Perché la qualità non può semplicemente essere riconosciuta indipendentemente dal genere che la esprime?
Nell’occidente sviluppato, una cucina moderna e dotata di ogni comfort alle otto di sera è ancora deserta e inutilizzata.
Nel salotto una coppia guarda il telegiornale. Lui è tranquillo e attento alle ultime notizie, lei apparentemente pure. In realtà è leggermente inquieta: si sente in colpa, perché ancora non si decide al alzarsi e andare a preparare la cena.
Che cosa fa ritenere l’uomo autorizzato ad aspettarsi che a preparare la cena sia lei?
Perché l’uomo non si sente in colpa?
Perché persino il papa si è sentito autorizzato a usare l’espressione “chiacchiericcio da donne”?
Nuccia Pessina