Per circa trenta anni il rancore e la cocaina sono stati i miei compagni di vita, non mi hanno mai abbandonato, erano l’unica cosa sempre presente in una vita fatta di eccessi e abusi verso il prossimo e me stesso.
Lui, il rancore, è stato mio padre, mi ha educato a essere un uomo prepotente, sprezzante delle regole, dei valori civili, mi ha dato la forza e il coraggio di commettere cose di cui oggi mi vergogno e ne porto il peso sulla coscienza, quella stessa che, grazie al gruppo e all’incontro con Marisa Fiorani, ho ritrovato.
Questa coscienza oggi mi fa male, ma allo stesso tempo bene, perché è la mia bussola e, se mi trovo in situazioni di sofferenza e frustrazione, mi permette di non prendere la strada oltre il confine delle regole, mi indica come un navigatore dove camminare per non ricadere là nell’abisso della dipendenza, dove la cocaina mi è stata mamma coccolandomi quando ero triste. Bastava un tiro e tutto passava come quando ti fa male un dente e prendi un antidolorifico che ti anestetizza; lei bianca e pura, ma nera come la morte che ti provoca nell’anima, lei che ti può far essere esaltato o calmo, lei che può farti vedere e sentire ciò che vuoi tu perché te lo immagini dentro di te, lei che ti fa incontrare con i tuoi mostri interiori e i tuoi angeli, lei che puoi usare per socializzare, ma anche per isolarti.
Lei c’è sempre ogni volta che la cerchi, non ti abbandona mai e, se da piccolo sei stato abbandonato, è un ottimo modo per non sentirti più così, fa tutto ciò che vuoi tu nel tuo io profondo comandato dal tuo papà che di nome fa rancore.
Ma poi, se riscopri la coscienza, non puoi più cadere nella loro seduzione perché vedi e capisci il dolore che hai fatto, ti guardi allo specchio della verità e scopri che tu non sei quello che hai fatto e non lo vuoi essere, rivedi tutti i morti che ti sei lasciato dietro, gli anni che hai perso, il tempo che è passato cosi veloce che ti ritrovi ad avere i capelli bianchi e le rughe sul viso, solchi di espressioni sofferenti…
Guardi le cicatrici che porti sul corpo, i buchi delle pallottole e ti accorgi quanto è immenso il buco che hai creato tra te e la società e quanto lavoro ci vorrà per risanarlo, ma anche che in realtà sei fortunato ad essere ancora qui a raccontarlo…
Nelle giornate difficili ti viene una gran voglia di dire: “vaffanculo era più facile prima!” Allora guardi il telefono e dici a te stesso che basta chiamare un numero, ma è li che ti accorgi dove sta il più grande successo della vita, quando sputi su quel telefono, ascolti la tua coscienza e dopo aver fumato una sigaretta… il numero che chiami è quello della donna che ami per dirle quanto è difficile e quanto stai male e trovi lei che ti ascolta e ti accompagna con la sua voce alla pace e alla positività che nessuna droga può darti.
Ti fa vedere il mondo con gli occhi di chi ti ama e riesce a vedere un bicchiere mezzo pieno anche nella siccità più arida; adesso ciò che brilla ai tuoi occhi non sono i cristalli di cocaina ma, gli occhi profondi di chi ti ha fatto conoscere lo sballo più bello del mondo: essere innamorato! Ed esserlo per la prima volta a 43 anni vuol dire volare sopra le nuvole dove non ci sono limiti alla felicità, quella felicità che non hai mai vissuto e nessuno può toglierti perché è nel tuo cuore, nella tua coscienza e nell’anima, guerriere contro chi ti ha accompagnato verso l’abisso nero per una vita.
Oggi sono un uomo che ha incontrato una persona speciale, che non voglio mai smettere di amare; uso il cuore e la coscienza, sono ancora fragile ma onesto con gli altri e con me stesso.
Matteo Manna