Tradimento

Il concetto di tradimento mi pare strettamente legato a quello di aspettativa.

Se non si nutrono aspettative non si può sperimentare la delusione, né il dolore che nasce dalla mancata realizzazione delle attese, dalla frustrazione che chiamiamo tradimento. In altre parole la sensazione di essere traditi è l’emozione negativa che si prova quando una persona per noi importante si comporta in maniera non consona ai nostri desideri o contraria ad essi, tradendo le nostre attese.

A determinare l’intensità del vissuto doloroso che il tradimento comporta, concorrono diversi fattori. Innanzitutto l’investimento affettivo che noi facciamo o abbiamo fatto nella persona che viene meno alle nostre attese col suo comportamento attivo od omissivo.  Quanto più ammiriamo, amiamo, dipendiamo da questa o dal suo giudizio, quanta più fiducia abbiamo investito nel soggetto che ci delude, quanto più esso è per noi importante, tanto maggiore sarà il dolore provocato dal tradimento.

Esiste quindi un rapporto diretto tra il nostro investimento affettivo e la dimensione del dolore causato dalla delusione. In altre parole, l’intensità del dolore riflesso dipende direttamente dall’intensità affettiva del legame e dalla quantità di credibilità che noi attribuiamo alla figura che ci delude.

Inoltre, se innalziamo agli altari una persona che amiamo, se le attribuiamo qualità esagerate, se le neghiamo limiti umani, fragilità o difetti, se le nostre aspettative sono irrealistiche sarà tanto più probabile che queste possano essere deluse e che ci si possa sentire traditi. Anche un minimo scostamento dai comportamenti desiderati ed attesi, magari insignificante o addirittura inconsistente, sarà causa di intenso dolore proprio perché spropositata era l’attesa. E questo scostamento sarà vissuto come tradimento, umiliazione e ferita da chi è per primo responsabile, magari inconscio, di queste fantasie. Il concetto stesso di tradimento, il vissuto del tradimento, dipende quindi sia dall’investimento emotivo del soggetto, sia dall’entità dello scostamento dalle attese. È quindi importante comprendere se le aspettative che abbiamo riposto nella persona che ci delude sono realistiche oppure no.

Esistono attese che consideriamo naturali, ad esempio ci aspettiamo che un genitore responsabile provveda al soddisfacimento delle necessità elementari di un figlio minore, che da lui dipende interamente. Qualora non lo facesse potremmo concordare sul fatto che quel genitore tradisce le comuni aspettative. Allo stesso tempo non possiamo ragionevolmente attenderci che il genitore provveda a soddisfare i capricci dei figli o i bisogni che superano le sue capacità materiali di soddisfarli. Ci attendiamo che gli fornisca il pane, ma non necessariamente i dolci. Ci aspettiamo che un padre mandi un figlio a scuola, ma non necessariamente all’università, se le condizioni familiari e sociali in cui vive non lo consentono, che si assuma il compito di educare un figlio alle regole della società in cui vive, affinché ne conosca i limiti, le obbligazioni e i diritti, che accudisca il figlio con amorevole attenzione, protezione e cura, che un padre aiuti suo figlio a crescere dotandosi degli strumenti utili a confrontarsi con la realtà, modificandola a proprio vantaggio. Esistono quindi bisogni basici che un genitore responsabile è tenuto a soddisfare, il tradimento dei quali può segnare la vita e le scelte future dei figli.

Per comprendere quanto realistiche sono le attese che si possono nutrire occorre quindi confrontarsi da un lato con il senso comune, e dall’altro sforzarsi di mettersi nei panni di chi pensiamo ci abbia tradito.

Occorre innanzitutto prendere le distanze dal nostro dolore, riconoscendolo come esperienza di vita comune, diffusa, ordinaria e non eccezionale. Dovremo quindi valutare onestamente il vissuto di chi pensiamo ci abbia tradito, le ragioni del suo comportamento, le scelte che si è trovato a fare nel corso della vita, le condizioni in cui ha operato, le opportunità che ha avuto, la somma di eventi che lo hanno forgiato nella forma che gli riconosciamo. In sostanza, tutto ciò che concorre a formare il suo punto di vista.

In effetti, unire tra loro punti di vista estranei ci permette di avvicinarci quanto più possibile alla verità oggettiva e a meglio comprendere le motivazioni sottostanti a scelte che ci deludono, che non soddisfano le nostre attese. Se osserviamo la realtà con i nostri soli occhi, appagando il nostro egoismo, non vediamo né riconosciamo gli altri, i quali finiscono con l’esistere solo in funzione dei nostri bisogni, veri o presunti che siano. Disegnando una mappa dei nostri bisogni ipertrofica ed irrealistica, aumentiamo a dismisura le nostre aspettative, pretendiamo dagli altri prestazioni sproporzionate se non sovrumane, e con le nostre stesse mani moltiplichiamo le occasioni di frustrazione.

Rimane comunque la possibilità che chi vorremmo che soddisfacesse le nostre ragionevoli aspettative si comporti in maniera irresponsabile, tradendo la fiducia che gli abbiamo consegnato, in quanto incapace di gestirla responsabilmente, di valorizzarla adeguatamente, di accettarla come segno di amore, con il solo scopo di punirci attribuendoci la colpa dei suoi fallimenti.

Accettare di valere per qualcuno, di poter essere oggetto di amore è la principale difficoltà che si incontra in un rapporto d’amore, poiché significa accettare di dipendere da qualcuno, di essergli in qualche modo debitore, di non bastare a sé stessi, significa vedere e riconoscere i propri limiti, le proprie fragilità, i bisogni reali negati alla propria consapevolezza e volutamente inespressi.

Rifiutando di assumersi questa responsabilità, per la quale si sente impreparato o inadeguato, consente inoltre di riaccendere il circolo vizioso del risentimento che autorizza pratiche antisociali e criminogene. L’oscillazione tra questi estremi, l’arrogante autosufficienza e l’accettazione della dipendenza dagli altri, riflette le contraddizioni della condizione umana e ci ricorda quanto a fondo occorre scavare per trovare un equilibrio e con esso la pace interiore.

Paolo Setti Carraro