Sisifo e la cassetta degli attrezzi

Per allenare il pensiero e il mondo emozionale, il Gruppo della Trasgressione si avvale di diversi attrezzi. Uno di questi è il mito di Sisifo, che riflette le dinamiche delle relazioni umane e il loro substrato emotivo. Questo mito non è solo un racconto del passato, ma un mezzo efficace di analisi e prevenzione, soprattutto nei contesti scolastici, dove il rapporto tra studenti e insegnanti, così come tra giovani e adulti, rappresenta il cuore delle interazioni quotidiane.

Al centro di queste relazioni c’è sempre un’autorità che detiene un potere e che può scegliere come esercitarlo: può utilizzarlo come strumento di crescita e valorizzazione dell’altro oppure di repressione e annientamento. Dall’altra parte ci sono individui che rispondono a queste scelte, modellando il proprio atteggiamento in base al modo in cui l’autorità agisce. Ed è proprio in questo scambio, quasi sempre conflittuale, a volte costruttivo, a volte bellicoso, che prendono forma i comportamenti di ognuno.

Un elemento centrale del mito di Sisifo è l’arroganza, che però non va intesa come un semplice tratto individuale, ma come il risultato di una relazione disfunzionale tra l’individuo e un’autorità respingente, repressiva e punitiva. Il mito di Sisifo lo esemplifica perfettamente: Sisifo sceglie di umiliare Asopo, il dio dell’acqua, perché lo considera e lo conosce come un’autorità fallimentare, incapace di prendersi cura dei cittadini di Corinto. La sua arroganza, quindi, non è un semplice atto di superbia, ma una reazione alle mancanze di chi lo avrebbe dovuto proteggere e guidare. Lo stesso può accadere nei rapporti tra genitori e figli o tra studenti e insegnanti. La ribellione dei più giovani non è solo una fase di crescita o un tratto caratteriale, ma spesso il riflesso di un conflitto con un’autorità percepita come distante, ingiusta o inefficace.

Oltre all’arroganza e alla ribellione, nel mito di Sisifo emerge un’altra risposta a un’autorità carente e disattenta: l’autodistruzione. La mancanza di riconoscimento e le carenze affettive di Asopo nei confronti della figlia spingono Egina su un cammino oscuro, dove l’assenza di sostegno e comprensione la portano a cercare rifugio in scelte autolesioniste. Egina si lascia sedurre dalle promesse di Giove, una figura autoritaria e dissoluta che le offre solo illusioni di piacere senza chiederle nulla in cambio e, meno che mai, di fare qualcosa per migliorarsi. Rinunciando ai propri sogni e alle proprie potenzialità, Egina si avvia verso un percorso di perdizione alla ricerca di soluzioni autodistruttive. Un meccanismo simile si ritrova nelle scelte che conducono alla delinquenza, dove il desiderio di guadagni facili e immediati spesso si trasforma in un cammino di autodistruzione, alimentato dall’illusione che il potere possa essere ottenuto senza il lavoro su se stessi.

Il mito di Sisifo si trasforma in uno strumento universale per comprendere le reazioni di giovani, studenti, detenuti e, più in generale, di tutti noi di fronte all’autorità. Esprime in modo universale le emozioni e i meccanismi che ci spingono a scegliere tra la ribellione o l’autodistruzione quando ci confrontiamo con un’autorità castrante, sia essa esterna o interna, e della responsabilità insita all’interno di tale relazione. Chi esercita il potere ha la responsabilità di fornire strumenti di crescita a chi è sotto la sua influenza, mentre chi subisce tale potere è chiamato a riflettere sugli elementi che scaturiscono da questo legame. Tale responsabilità richiede dunque un riconoscimento reciproco, tanto dell’altro quanto di sé stessi.

In questo contesto, il mito diventa uno strumento per esplorare le radici dei sentimenti che conducono a comportamenti distruttivi. Si parte dal presupposto che non siamo noi a “scegliere” ciò che sentiamo, ma reagiamo a un substrato emotivo che può essere indagato attraverso il vocabolario e i simboli offerti dal Gruppo. Gli strumenti del Gruppo della Trasgressione condividono un nucleo centrale che, una volta afferrato, può essere applicato e riconosciuto in un’infinità di situazioni. Ed è solo quando riusciamo ad accedere a questo nucleo e ad interiorizzarlo che possiamo trasformare la nostra consapevolezza emotiva in uno strumento di cambiamento e crescita, sia personale che collettiva.

Martina Mutti

Il mito di Sisifo

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