Diari dell’esperienza al carcere di Opera

Gentilissimi,
nel rinnovare il mio ringraziamento per averci offerto il progetto più bello che abbia mai vissuto con i miei ragazzi, da quando insegno, vorrei condividere con voi i diari dell’esperienza in carcere scritti dai nostri studenti (della classe IVA liceo scientifico sportivo) nelle ore successive all’incontro.
Ancora grazie e a presto,
con stima e gratitudine!

Daniela Ferrari (Istituto Leone XIII, Milano)

La mia esperienza al carcere di Opera rimarrà indimenticabile.
Entrando all’interno del carcere abbiamo parlato con le guardie che ci hanno spiegato il funzionamento della struttura.
E’ stato un alternarsi di emozioni, di pensieri e di sensazioni più o meno piacevoli.
Spesso si arriva a un contatto fisico e di scontro tra guardie e carcerati che li porta a rimanere in isolamento per due settimane.
Successivamente abbiamo avuto l’incontro con i carcerati che ha rappresentato il momento più forte e toccante.
Mi ha stupito il sentir raccontare che alcuni carcerati possono avere una sola visita al mese a causa delle loro condanne.
Il racconto più drammatico e’ stato quello della signora che ha raccontato la morte violenta della figlia.
Questa esperienza mi ha lasciato tristezza e mi fatto capire che nella vita esistono realtà molto lontane da quelle che vivo tutti i giorni.
Al tempo stesso mi insegna che non si devono infrangere le regole di una società e che riuscire a riabilitare queste persone rappresenta un ostacolo ancora molto difficile da superare ma rimane un dovere per ognuno di noi.

L’incontro con i detenuti del carcere di Opera mi ha suscitato tante emozioni.
Essere fisicamente vicino, sentire raccontare la propria storia da persone che probabilmente potrebbe avere ucciso un’altra persona, mi faceva venire i brividi.
Allo stesso tempo però sentire la storia del proprio passato e le riflessioni sul pentimento, mi ha acceso qualcosa dentro, perché anche loro alla fine sono persone umane. A mio parere, il momento più toccante è stato quando la mamma ha raccontato l’ agghiacciante storia della figlia defunta. Sentire le sue parole, anche solo pensare che una mamma possa avere il coraggio di andare avanti e addirittura condividere questa storia, mi ha fatto venire i brividi.

L’esperienza della visita in carcere è stata molto particolare, piena di emozioni sia positive che negative. Una delle emozioni più forti l’ho provata appena ho superato la porta d’ingresso. Quando sono entrato all’interno delle mura ho sentito una sensazione di impotenza pura, come se fossi chiuso in un luogo da cui non puoi più uscire. Davanti a me c’erano due edifici enormi, quasi intimidatori, che mi hanno fatto subito capire quanto fosse diversa quella realtà da tutto ciò che vivo ogni giorno.

Quando siamo entrati nell’aula per incontrare i detenuti, all’inizio c’era un po’ di paura e timidezza. Non sapevamo cosa chiedere o come comportarci. Poi però, ascoltando le loro storie, quella distanza è diminuita. Mi sarebbe piaciuto avere più tempo per conoscere tutti, perché ogni persona aveva qualcosa di importante da raccontare. Alcuni volti mi hanno incuriosito particolarmente, mi chiedevo che vita avessero vissuto per trovarsi lì dentro.

Quello che mi ha colpito di più è stato il contrasto tra l’aspetto normale di quelle persone e ciò che avevano fatto. Vedendoli, sembravano persone come noi, con una vita come la nostra. Nessuno si sarebbe mai immaginato che dietro quei volti ci fossero storie così estreme, come omicidi o altri crimini gravi. Questo mi ha fatto capire quanto sia facile giudicare qualcuno solo in base a ciò che sappiamo di lui, senza fermarci a pensare che dietro ogni errore c’è una storia, una vita, delle scelte sbagliate fatte magari in momenti di difficoltà.

Alla fine questa esperienza mi ha lasciato una grande lezione. Mi ha fatto capire quanto siamo fortunati a vivere una vita libera, ma anche quanto sia importante stare attenti alle scelte che facciamo ogni giorno. Ogni decisione, anche la più piccola, può influenzare tutto il nostro futuro. E spesso basta davvero poco per trovarsi dall’altra parte di quel muro.
Durante l’incontro con gli ex e attuali detenuti del carcere di Opera, ho avuto l’opportunità di ascoltare storie di vita che mi hanno profondamente toccato. Quasi ogni detenuto ha condiviso la propria esperienza, descrivendo il percorso che li ha portati dietro le sbarre. Una storia in particolare mi ha colpito: un detenuto ha raccontato come è passato dalla vendita di stupefacenti fino a commettere un omicidio. Un’altra testimonianza, quella di una madre che ha perso la figlia, uccisa a colpi di pietra da un coetaneo a causa del mondo della droga, il quale lei aveva denunciato non apprezzando ciò che aveva vissuto in passato, ha reso ancora più evidente il dolore e la devastazione che questo mondo può causare. Altri detenuti hanno parlato delle loro lotte contro la tossicodipendenza e delle scelte che li hanno portati a perdere tutto. Queste storie ci ricordano quanto sia importante intervenire preventivamente e supportare chi è a rischio di entrare nel mondo della criminalità e della tossicodipendenza. Poi spesso uno dei detenuti rientrava sempre sull’argomento del fatto che, se si pensa a quando si è piccoli, capita di rubare una caramella, ma poi crescendo si rischia di arrivare fino a uccidere una persona.
Quindi crescendo può capitare che ti ritrovi a causa del tuo passato, della tua
educazione o della tua crescita, in situazioni sempre più scomode. È fondamentale offrire opportunità di riabilitazione e reintegrazione per chi ha commesso errori, affinché possano ricostruire la propria vita e contribuire positivamente alla società.

La visita al carcere di Opera è stata un’esperienza davvero unica e coinvolgente. Avere l’opportunità di interagire direttamente con i carcerati è stato un’esperienza che mi ha permesso di entrare in contatto con le loro storie personali e le difficoltà che hanno affrontato nel passato. È stato davvero emozionante sentire le loro parole, spesso piene di sofferenza e riflessioni sulla vita.
Un momento che mi ha colpito particolarmente è stato quando abbiamo ascoltato la storia di una madre che ha perso sua figlia, uccisa in circostanze drammatiche. La forza con cui è riuscita a raccontare questa tragedia, parlando di fronte a noi con tanta dignità, mi ha impressionato.
Inoltre, abbiamo avuto l’opportunità di riflettere su un libro che avevamo letto, “Denaro falso”, e su richiesta, ho cercato di identificarmi in uno dei personaggi. Questo esercizio mi ha fatto riflettere ancora di più sul significato della storia e sulle diverse realtà che ci circondano.
Nel complesso, è stata un’esperienza che mi ha lasciato una grande impressione, purtroppo in questo incontro non abbiamo potuto fare tutte le domande che volevamo, ma credo che nel prossimo incontro ci sarà l’opportunità.

L’esperienza al carcere di Opera è stata per me molto significativa e sono sicuro che mi rimarrà impressa per tutta la vita. Fin dal primo incontro con l’Agente e l’Assistente Capo Coordinatore della Polizia Penitenziaria sono rimasto stupito dal fatto che quest’ultimi non abbiano strumenti per difendersi in caso di aggressione e che, come riportato dalle due guardie carcerarie, l’unico strumento per difendersi sia la penna con cui stilano la relazione di servizio. Allo stesso tempo, un’altra cosa che mi ha lasciato il segno che una giovane donna avesse come desiderio quello di lavorare all’interno di un carcere.
Dopo aver fatto l’incontro con i detenuti, mi sono rimaste impresse varie cose, che qui di seguito elencherò, secondo un elenco puntato.
● La prima cosa che mi ha colpito è il fatto che dei detenuti con delle condanne significative (ovvero per rapina, spaccio o omicidio) possano girare liberamente per la struttura senza l’uso di dispositivi che nei limitino i movimenti (come le manette), e che nonostante la loro vita sia dietro le sbarre, siano comunque relativamente tranquilli e sorridenti.
● La seconda cosa che mi ha colpito è il circolo vizioso della malavita che vede passare da un semplice furto a una rapina, per poi passare allo spaccio o addirittura agli omicidi. In particolare poi, ho capito il significato profondo che esiste dietro al furto di una semplice caramella o di un barretta kinder all’autogrill: nel senso che noi banalizziamo questi atti ma che in realtà si configurano come dei veri e propri furti.
● La terza cosa che mi ha colpito è la biografia personale che ogni detenuto presente al gruppo ci ha raccontato ed in particolare quella di Salvatore Forte. Grazie a quest’ultimo ho capito infatti quanto il contesto familiare o in generale l’ambiente in cui nasci e cresci condizioni realmente la vita di un uomo: il fatto che da piccolo fosse stato legato in bagno con una catena mi ha lasciato sconvolto.
● La quarta cosa che mi è rimasta impressa è il fatto che le nostre preoccupazioni relative al carcere siano comuni: anche i detenuti sostengono che il sistema giudiziario italiano non fosse all’altezza della Repubblica e che quanto indicato dall’articolo 27 della Costituzione, nella realtà infine non si verifica.
In conclusione quindi sostengo che l’esperienza al carcere di Opera sia un passaggio fondamentale per la crescita di noi ragazzi essendo estremamente toccante e formativa.

Quest’esperienza al carcere di Opera mi ha colpito molto perché stare in una stanza con dei detenuti che hanno fatto certe cose per essere li, mi ha stupito come certi carcerati parlavano molto bene, uno dei carcerati di nome Vincenzo quando ha scritto un testo riguardante il libro mi ha stupito come era, perché era scritto molto bene.
Poi parlando sulla vita dei carcerati mi ha stupito molto perché ad esempio Salvatore, che come ha raccontato lui è stato legato con una catena a sei anni nel bagno di casa con tutte le luci spente, i suoi genitori nel mentre andavano al mare e questa cosa non immagino quanto lo abbia traumatizzato.
Questa esperienza la consiglio ad altre persone perché secondo me è giusto conoscere altre persone che non vivono la nostra vita o vedano cose crudeli e subiscono cose, secondo questa esperienza ti fa un po entrare nei loro panni e ti aiuti anche in futuro così che quando saremmo più non faremmo queste cose secondo me orribili.

L’esperienza nel carcere di Opera mi ha colpito molto, all’inizio ero un po’ spaventata, ma quando sono arrivati i carcerati dopo qualche intervento sia nostro che loro, mi sono tranquillizzata ed ho ascoltato con interesse le loro storie. La cosa che mi ha colpito di più è stata la storia di un dei carcerati, mi è dispiaciuto che lui abbia dovuto passare un infanzia brutta, ho provato a capire il perché lui poi si sia ridotto ad una vita in carcere e a fare azioni brutte, e la risposta a parer mio era perché non è stato amato e accompagnato nella sua crescita.
È stata un’esperienza davvero unica che non avrei mai pensato di fare.

Prima di entrare in carcere non sapevo bene cosa aspettarmi e provavo un po’ di ansia per il fatto di dover stare a contatto ravvicinato con i detenuti.
Confrontarsi con loro sul libro è stato interessante, la conversazione non era del tutto incentrata su “denaro falso” ma è servito ugualmente. A parer mio lo psicologo avrebbe dovuto lasciare più tempo e spazio ai detenuti per fargli parlare.
L’uscita al carcere di Opera, secondo me, è stata una bellissima esperienza, ma che poteva essere gestiti a meglio.
Appena prima di entrare nel carcere (fuori dalle mura esterne) avevo un ansia molto forte, che, fortunatamente, è stata stemperata dalle guardie del carcere e dal giudice che ci accompagnava, perché ci hanno fatto una breve introduzione di cosa succede dentro e di cosa avremmo fatto appena fossimo entrati. Questo punto, a parere mio, è stato fondamentale per noi studenti.
Però, i miei pochi commenti “negativi”, li uso per descrivere l’incontro con i detenuti; perché non è stata lasciata molta parola ai detenuti per raccontare le loro esperienze, o semplicemente la loro storia, perciò, per me, si dovrebbe gestire meglio questo “pezzo”, nonché si dovrebbe lasciare più parola a loro e meno a noi studenti e alle altre persone lì presenti.
Tutto sommato, questo incontro mi è piaciuto ed è stato molto interessante e avvincente; sicuramente lo consiglierei ad altre persone.

L’incontro in carcere con i detenuti mafiosi mi ha profondamente colpito, suscitando molte riflessioni.
La storia di Salvatore, cresciuto in condizioni estreme, legato al water da bambino, mi ha emozionato. Ciò che mi ha sorpreso è come oggi sembri una persona cambiata, che anche grazie agli incontri con noi ragazzi sta cercando di migliorarsi ogni giorno. La sua evoluzione mi ha dato speranza.
Anche la storia di Mirko mi ha toccato: senza figure di riferimento e cresciuto nella povertà, ha seguito le orme del fratello criminale, come se fosse l’unica strada possibile. Il suo rimorso mi ha fatto riflettere su quanto le circostanze possano determinare le scelte.
Una storia che mi ha sorpreso particolarmente è quella della madre di una vittima, la cui figlia è stata uccisa a sassate. Nonostante il terribile dolore vissuto, la donna non ha provato rancore verso il colpevole, ma solo pena. Questo gesto di grande umanità mi ha lasciato senza parole e mi ha fatto riflettere sulla forza del perdono.
Infine, un detenuto ha parlato del suo percorso di studi, sottolineando che non a tutti è data questa possibilità. “Fuori è difficile trovare lavoro, figuriamoci per noi detenuti”, ha detto. Ha evidenziato come chi ha problemi psicologici o tossicodipendenze venga spesso escluso dai percorsi di recupero. Questa frase mi ha fatto pensare a quanto il sistema penitenziario non offra le vere opportunità di reintegrazione, fermandosi solo a un “carcere” senza permettere una vera rinascita.

Denaro falso