Qualcuno al Gruppo ha detto che nel corso della vita i gruppi cambiano col cambiare dei bisogni delle persone. Nel mio caso penso che il bisogno non sia stato tanto quello di cambiare gruppo ma proprio quello di far parte di un gruppo.
Sono solo due mesi che partecipo al Gruppo della Trasgressione, ma già mi rendo conto di come l’immagine che ho di questo gruppo sia mutata di pari passo con un mio primo movimento interiore. Il primo impatto lo potrei riassumere così: molte persone, molte professioni, molta eterogeneità, molte attività, molti progetti, molti messaggi. Questo “molto” non è stato un freno, ma ha suscitato degli interrogativi e un desiderio di chiarezza. I miei dubbi e le mie curiosità sono stati accolti tempestivamente da diversi membri del Gruppo, coinvolgendomi a poco a poco in una dinamica per me assolutamente nuova. Loro stavano iniziando ad accogliermi e io stavo accogliendo loro: stavamo diventando un Noi.
Contrariamente alle mie aspettative, nonostante i membri del Gruppo siano appunto molti e se ne aggiungano continuamente, si percepisce sempre un equilibro interno. Vi è una stabilità in cui la novità, costituita dall’ingresso di nuovi partecipanti o dall’introduzione di nuove tematiche, non è mai destabilizzante o fonte di grosse criticità ma è sempre un arricchimento sia per i proponenti sia per il Gruppo che la riceve. Non è un caso che Lewin dicesse che il gruppo – in continuo scambio con l’ambiente esterno – sia una realtà dinamica, in continuo movimento, la cui staticità ne decreterebbe la fine. Sono concetti familiari, di cui avevo letto e studiato, ma che forse non avevo mai del tutto assorbito: ora finalmente ne faccio esperienza in prima persona.
Trovo che questa realtà sia qualcosa di simile a una macchina che si trova in un punto indeterminato di una salita di cui però non si intravede la fine. È una macchina dalla carrozzeria colorata e vivace, un po’ bizzarra, ma se la si osserva dentro, più da vicino e nel dettaglio, si può cogliere come i vari elementi combacino bene e siano necessari l’uno per l’altro per proseguire sul sentiero. La salita è ardua e faticosa, serve un rifornimento continuo, perciò è fondamentale che ogni elemento concorra con le proprie energie e le proprie iniziative.
Ma la macchina, per quanto solida, non è esente dal rischio di sbandare o di scivolare nella buca dietro l’angolo. Inoltre, un motore grosso e potente e un serbatoio pieno servono a ben poco se non si sa dove si vuole andare. Una figura che orienti le energie dei vari elementi in una direzione, che ammortizzi le cadute, che protegga l’integrità della macchina da potenziali rischi, è indispensabile; in questo modo ciascuno viene motivato a migliorarsi e il gruppo a procedere lungo la strada.
Il traguardo non è ben visibile, ma come ci si potrebbe arrestare? La macchina scivolerebbe all’indietro vanificando i sacrifici di tutti i componenti. In questo percorso si deve tener conto di tutte le parti, anche di quelle che per lungo tempo sono state disconosciute, imparando ad ascoltare le vibrazioni, i rumori e i cigolii degli elementi che fanno più fatica. In questo modo si matura la visione che per raggiungere un obiettivo è necessario riconoscere che l’Altro, pur nella sua diversità di materiale e composizione, è parte integrante della macchina.
E intanto si progredisce, a volte lungo terreni più dolci a volte più accidentati; ma il desiderio di crescere e salire si rinnova, mentre le potenzialità di ciascuno cercano sbocchi e attualizzazioni, perché è il sentire le proprie potenzialità che motiva a fare qualcosa per diventare, per essere.
Affinché vi sia una tensione in questa direzione è importante imparare ad abbandonare i sentieri brevi, facili, le scorciatoie che han portato molti a lasciarsi sedurre dalla mediocrità. Questa è una via particolarmente insidiosa perché portatrice dell’ingannevole promessa di poter crescere a costi inferiori… intanto che si scivola nel mondo della devianza.
Per non lasciarsi affascinare da questa via, tanto luccicante quanto illusoria, un modo può essere quello di ritrovare un senso di appartenenza, collaborando per un progetto con chi non ha timore di nell’imbattersi nei dossi e negli ostacoli che si incontrano via via, perché ha e cerca col gruppo gli strumenti per farvi fronte e superarli.
Ottavia Alliata
Questo scritto è una meraviglia! Coglie appieno il significato del gruppo pur nell’eterogeneità dei contributi e delle aspettative.