Quando ero piccolo ero un arrampicatore, un ometto che riusciva a scalare gli scomparti della vecchia credenza a casa di mia nonna al mare.
Proprio nell’ultimo scomparto si trovavano dei barattoli di diversi colori, che contenevano una infinità di cose: caramelle, biscotti, cioccolatini, spezie…
Di frequente, con la mia famiglia e alcuni cugini, ci recavamo in quella casa. Eravamo tanti in quelle occasioni, più di una ventina. Lì prevalevano le regole ferree di mio nonno, un omone in pensione che aveva l’hobby della pesca. Per lui più che una passione era un lavoro. Ogni mattino infatti andava in mare, calava le reti per poi la sera ritirarle, svuotarle e quindi ributtarle in acqua. In una sorta di moto perpetuo.
A turno, reclutava uno dei nipoti per farsi aiutare a remare.
Lì entrava in gioco un barattolo di colore bianco, sempre pieno di caramelle, che venivano elargite a noi ragazzi come ricompensa. Inoltre, ricordo che al mattino presto arrivava “Cicino”, un garzone di un forno della zona, con la sua bicicletta con un grande cesto pieno di brioche zuccherate ancora calde.
In quell’atmosfera vivace, rumorosa e piena di vita, ero sempre attento nell’osservare gli adulti e ascoltare le chiacchiere, i sussurri e le discussioni intorno a me. lo aspettavo circospetto il momento giusto per scalare la credenza e raggiungere con fatica il famoso contenitore con il tappo bianco.
La vita, in un susseguirsi di incontri e di bei momenti, trascorreva con le sue stagioni e si consumava velocemente. Ad un tratto mi sono scoperto uomo: volevo solo vivere, correre e liquidare in fretta le tante domande che mi nascevano.
Il tempo si era portato via alcuni pezzi importanti della mia famiglia e mi ero creato nuovi legami e nuove amicizie. Dopo essermi ritirato da scuola avevo iniziato a lavorare. Ero cambiato e quando mi recavo a casa dei nonni in me prevaleva il senso dell’opportunità: andavo per farmi dare qualcosa di concreto.
La credenza era sempre al solito posto ma non era più il barattolo bianco ad attirare la mia attenzione. Era un contenitore grigio dove i miei nonni erano soliti mettere delle banconote da mille o duemila lire. Aspettavo solo che mi facessero un cenno per allungare la mano, afferrarlo e prendere qualche soldo. Ormai ero abbastanza alto e per me era diventato semplice raggiungere il barattolo.
Non avevo più bisogno di scegliere tra i vari colori: per me aveva importanza solo il contenitore grigio.
Un giorno mio nonno morì in un incidente d’auto. Da allora, tornando in quella casa, mi resi conto che era cambiata la disposizione dei barattoli ed anche il loro contenuto. La vita stessa era cambiata. Per me a quel punto scegliere era diventato difficile.
Mi incuriosì un barattolo di colore rosso. Un barattolo cui non avevo mai prestato attenzione. Così allungai la mano per prenderlo, lo aprii e al suo interno vi trovai del sale.
Giovanni Battista Della Chiave
Che confusione che provo nel leggere questo scritto. Giovanbattista racconta in modo vivido momenti evidentemente significativi della sua infanzia con sentimento e dolcezza, è tangibile la nostalgia che prova. Lo vedo a Bollate e posso dire che quella dolcezza e nostalgia è ancora presente e forte. Mi chiedo quindi, tra quel bambino avvolto da amore e l’uomo che incontro a Bollate, cosa sia potuto accadere nel suo Io per averlo portato in carcere. Quale chiamata, quale sentimento lo ha portato ad abbandonare il desiderio per il barattolo bianco delle caramelle con la brama per quello grigio del denaro? Penso che glielo chiederò la prossima volta che lo vedo, perché lui mi piace e desidero che anche lui torni a piacersi.
Bellissimo il racconto di Giovanni Battista Della Chiave. E sono curiosa di conoscere la risposta che darà a Ludovica, magari anche solo in forma di un racconto bello e significativo come questo.