La riflessione di Beatrice mi ha colpito perché è molto in sintonia con le considerazioni che ho fatto in occasione dell’incontro ad Opera con il Prof. Zuffi.
Ho avuto modo di vedere quest’opera dal vivo a maggio, a Roma, dove mi trovavo insieme al Gruppo in occasione del nostro convegno in Senato: “Una mappa per la pena”.
La cappella di San Luigi dei Francesi si trova proprio di fianco al palazzo del Senato. La Chiesa è poco illuminata poiché l’unica fonte di luce naturale è costituita da una piccola finestra e confesso che, un po’ a causa di questo ed un po’ a causa dei miei problemi alla vista, non sono riuscita a cogliere come avrei voluto le sfumature di questa opera.
Ammiravo il quadro, seguivo i commenti di Paolo e di Francesco e mentre lo guardavo pensavo alle parole del Dottor Aparo. Pensavo al contrasto tra la “chiamata della Mafia a diventare dei picciotti” e la “chiamata di Gesù che invitava San Matteo a diventare uno dei suoi discepoli”. Mi sentivo privilegiata ad essere a Roma in quel momento, appena prima del convegno al quale avrebbero partecipato da lì a poco anche l’ex Ministra della Giustizia, Marta Cartabia e il capo dell’Amministrazione Penitenziaria, Carlo Renoldi.
Nonostante fossi consapevole da un lato che quella opportunità in Senato non ci avrebbe “cambiato la vita” dall’oggi al domani, dall’altro, non potevo non cogliere l’importanza che rivestiva l’essere lì dopo 17 anni di cammino all’interno di questa realtà che è il Gruppo della Trasgressione.
Lo sguardo di San Matteo, il cui dettaglio ho ammirato con più attenzione a Opera, mi colpisce molto perché lo vedo anch’io come felicemente stupito e contento di essere stato notato e di essere stato chiamato proprio da lui, da Gesù, che rappresentava per San Matteo una persona carismatica dalla quale era fortemente attratto.
Mi sono immedesimata anch’io in lui, come dice Beatrice. Mi sono ricordata del momento esatto in cui sono arrivata a lezione del corso di diritto di penitenziario, tenuto dalla Professoressa Mariella Tirelli. Mi ero iscritta a quel corso, che era facoltativo, scegliendolo di proposito.
Confesso che all’inizio ero lì seduta a lezione anche con aria di sfida perché mi domandavo se la Professoressa ci avrebbe rappresentato la realtà in modo veritiero o meno; da parte mia, ero a conoscenza di cosa significava essere la persona che si siede dall’altra parte del divisorio dei colloqui familiari in carcere. Erano passati pochi anni da quell’esperienza che mi aveva segnato a vita e che mi aveva lasciato dentro un sacco di domande senza risposta e un grande caos emotivo.
Fu in quell’occasione che conobbi il Dottor Aparo e i primi membri esterni del Gruppo della Trasgressione, che all’epoca erano studenti di Psicologia.
Dopo aver visto il modo in cui la Prof.ssa Tirelli affrontava le sue lezioni, sentivo molta ammirazione per lei e avrei desiderato avere ogni giorno lezione con lei per conoscere sempre di più quella realtà. Iniziai a confrontarmi dapprima in classe e poi ci venne data in seguito anche la possibilità di entrare in carcere e di conoscere gli altri membri del Gruppo, i detenuti.
Finché non detti l’esame, non raccontai né scrissi nulla riguardo la mia personale esperienza. Dopo l’esame, che fu il primo trenta della mia carriera universitaria e dopo il convegno sull’Autorità, chiesi di poter entrare a far parte del Gruppo della Trasgressione e iniziai a partecipare regolarmente anche agli incontri che si tenevano all’epoca nel solo carcere di San Vittore.
Non ci misi molto a tirare fuori. Il mio primo scritto dove mi “svelavo”. Ricordo ancora la strizza tremenda che mi accompagnava il giorno che il Prof mise sul tavolo lo scritto col quale parlavo della detenzione di mio padre. Temevo più che altro il giudizio dei miei compagni di corso e un po’ anche la reazione della Prof.ssa Tirelli, pur se, in cuor mio, sapevo che sarei stata “accolta” e che finalmente, almeno con loro, avrei potuto essere me stessa fino in fondo.
Ciò che avvenne fu proprio questo e tutte le mie paure svanirono all’istante perché mi sentii finalmente a casa, accudita, seppure si trattasse in fondo di un gruppo di sconosciuti.
La sensazione che ho provato quel giorno credo sia la stessa che provò San Matteo quando finalmente Cristo va da lui per chiamarlo a dare il meglio di sé. Anch’io, come San Matteo non aspettavo altro: qualcuno che mi chiamasse a dare il meglio di me, che non mi facesse sentire sbagliata e che mi accompagnasse nel cammino per diventare adulta. E di questo sarò per sempre grata a tanti membri del Gruppo della Trasgressione.
Oggi mi sento anche di condividere uno scritto che ho elaborato dopo il convegno di Roma. Il Ministro della Giustizia italiano è oggi cambiato, ma desidero rivolgere al Prof. Carlo Nordio le parole che ho scritto a maggio perché è bello sentire di poter comunicare con chi ha la facoltà di orientare il prossimo futuro dell’istituzione nella quale lavoriamo.
Alessandra Cesario
Ho avuto il privilegio di leggere “in anteprima” lo scritto al quale Alessandra fa cenno alla fine del suo denso quanto prezioso racconto: un dono giunto via WhatsApp in una sera di giugno, tanto inatteso quanto emozionante da farmi strappare anche lacrime di commozione.
E’ bello coltivare la capacità di cogliere, guardandosi indietro come fa Alessandra, gli incroci della vita che hanno segnato il nostro percorso; i continui miracoli che, per chi anche non crede in Dio, sono sempre un mix tra un qualcosa che ti viene offerto e un qualcuno che è capace di coglierne il senso ed accettarlo.
E pensare che anche io, nonostante alcuni anni vissuti a Roma per studiare in vista del concorso di magistratura, non avevo mai visto “dal vivo” quel quadro tanto famoso: così è stata proprio la chiamata di Paolo (grazie!) a trascinarci entrambi in quella Chiesa, anche per ingannare l’attesa a tratti snervante della nostra Prima in Senato. Di quella giornata romana con il Gruppo, così intensa quanto a tratti strampalata, conserverò indelebile anche questo ricordo.
E ora che ne posso parlare in pubblico, invito nuovamente Alessandra a mettere il francobollo a quella sua lettera: il Ministro della Giustizia è cambiato, l’indirizzo rimane lo stesso: via Arenula 70, Roma.
Un abbraccio forte!