Marcello Portaro
Innanzitutto, ci tengo a ringraziare tutti per questa occasione, per me senza precedenti, attraverso la quale ho la possibilità di rendere partecipi i miei familiari del percorso intrapreso col Gruppo della Trasgressione, in una direzione che in passato a me, e forse a tanti di noi, era ignota, se non addirittura impraticabile e incompatibile per la nostra cultura. In realtà, oggi, questa direzione è per me la più adeguata e soddisfacente che avessi potuto inseguire e praticare.
Oggi qui davanti a me ho mia sorella e mentre leggo questa lettera faccio fatica a incrociare il suo sguardo, senza provare rammarico per quante sofferenze ho portato a lei e a tutti i nostri familiari per una quantità indescrivibile di cose sbagliate fatte fin da quando ero ragazzino, con una progressione talmente negativa da farti chiedere, mia dolce sorella, se valeva la pena di viaggiare da un carcere all’altro per stare vicino a quel tuo unico fratello che lentamente sciupava la sua vita e quella degli altri.
Oggi ho qui anche la mia nipotina e voglio raccontarle una favola. Il protagonista sono io, piccola principessa, che durante il percorso della vita mi sono trovato di fronte a dei bivi che non ho compreso quanto fossero importanti.
Lo zio ha sempre scelto la via più facile e giorno dopo giorno si è ritrovato impantanato in una palude buia e piena di sabbie mobili che lo hanno portato sempre più giù. Il mare aperto era vicino, tuttavia la paura m’impediva di muovere le braccia per nuotare e lasciare quella palude che ormai sembrava la mia casa.
Un giorno vidi passare un veliero con il suo capitano e con tutto ii suo equipaggio. Il veliero aveva un nome molto bizzarro, si chiamava Gruppo della Trasgressione. Ebbene quel capitano dall’aspetto burbero mi tese una mano e col suo linguaggio a volte colorito a volte provocatorio m’invitò a fare un giro. Mi disse che forse le mie gambe, chiuse dal fango, potevano lentamente riprendere a camminare e, collegandosi con dei pensieri nuovi, forse avrebbero imparato a scegliere delle strade, più difficili da percorrere, ma che mi avrebbero riportato da te, bellissima nipotina, e dalla tua mamma e soprattutto non mi avrebbero più portato nella palude buia.
Sai, all’inizio sono salito sulla nave e quel capitano a volte un po’ antipatico cominciava a parlarmi di cose strane, incomprensibili, come il delirio d’onnipotenza, i limiti, l’autorità, fragilità, vulnerabilità, seconda possibilità, e tante altre cose.
Pensa che noia all’inizio! Poi però le varie tematiche cominciarono a fare breccia nella mia mente facendomi riflettere e quelle cose, che sembravano noiose e incomprensibili, mi portavano a farmi tante domande su quanto è bello il piacere della responsabilità e della consapevolezza.
Cominciai a pensare che ognuna di quelle cose che per lo zio erano insignificanti, uniti alla voglia di crescere troppo in fretta quando ero bambino, mi hanno lentamente portato in quella palude buia.
Ma ora sono sul veliero della Trasgressione e ogni approdo che facciamo è una ricchezza in più da condividere con voi. Ciao piccola principessa, ciao dolce e amata sorella. Un giorno approderò da voi. Grazie a tutti.
Questa significativa favola, contraddistinta da una profonda metafora, ha sicuramente appassionato la bambina per la quale è stata scritta, stimolandone curiosità e riflessione. Mi sono immedesimata nella piccola principessa per la quale questa significativa e appassionante “favola” è stata scritta al punto tale che durante la lettura sono diventata lei stessa che ascolta, si appassiona, riflette e immagina con la genuinità e semplicità tipica dei bambini. Tento di darne in parte voce.
Non ho mai ascoltato una favola così tanto diversa dal solito: la casa buia delle sabbie mobili e il capitano di un veliero che trasforma le gambe infangate e immobilizzate in gambe nuove e robuste per reimparare a camminare sulle strade della vita… e le cose complicate che si dicono sulla nave, fanno però risvegliare la mente e ti fanno capire perché la testa ha guidato le gambe nella palude! In questa nave i pensieri fanno progressi, cambiano e migliorano sempre di più! Sarà un viaggio lungo, faticoso, perché ci vuole tanto impegno, ma è bello impegnarsi.
Tante volte a noi bambini chiedono cosa vorremmo fare da grandi e tanti di noi, magari per non fare brutta figura, si inventano delle cose…
Beh, a me piacerebbe fare l’aiutante del capitano e di tutto l’equipaggio.
Rileggere questa “favola”, dopo il commento di Simona e a distanza di tempo, mi ha commosso come quando lo avevo letto sul sito dopo averlo scritto io stesso. Sì, è stata dura, ed è ancora dura, ma fare parte di quella ciurma mi ha reso forte. L’allenamento non finirà mai, ma oggi continuo il mio cammino per uscire sempre di più da quelle sabbie mobili. Le gambe sono abbastanza allenate e spero che la mia favola possa diventare esperienza di vita per molti altri ragazzi. Oggi cerco di raccontare la storia con un po’ di filosofia alla mia nipotina che cresce a vista d’occhio. Ma è proprio questo il bello, vederla crescere da vicino. Ormai quel veliero è diventato una nave, la nave dei sogni per molti.