Continueremo a litigare

A detta di tutti è andata bene, ma temo che con Issei Watanabe  non ci sia altro rimedio che litigare. Già tremo al pensiero del 16 maggio a Rho.

Anime Salve, Concerto

Un negozio in via Sant’Abbondio

Lo scorso 11 marzo il Municipio 5 ha riunito le commissioni Politiche sociali e Cultura in via Sant’Abbondio 53/A, nella sede della Cooperativa Sociale Trasgressione.net.
Lo spazio è un minimarket che vende specialità siciliane e prodotti, oltre che un luogo in cui il gruppo della Trasgressione, fondato dal professore e psicologo della Devianza Angelo Yuri Aparo 27 anni fa, svolge le sue attività e le sue riunioni. Alla commissione era presenti, oltre ai consiglieri, anche il professore Aparo con alcuni ex detenuti che continuano a far parte del gruppo e a seguire le attività sociali e divulgative, il presidente Natale Carapellese, la fotografa Margherita Lazzati e la professoressa dell’Istituto Torricelli Pieranna D’Alberti.

Matteo Marucco

Il Sud di MIlano

 

Anime Salve, Concerto

Il concerto è un omaggio a Libera per i 30 anni dalla sua fondazione e per i tanti risultati fino a oggi raggiunti. Tra questi, anche il contributo degli ultimi anni alla evoluzione dei detenuti del Gruppo della Trasgressione.

Nel corso della serata, alcune delle più note canzoni di Fabrizio De André, arrangiate ed eseguite dalla Trsg.band, vengono accompagnate da interventi di componenti di Libera, di detenuti del Gruppo della Trasgressione e da contributi di magistrati e operatori del settore, professionisti e studenti che contribuiscono a rendere il carcere palestra di cultura e di emancipazione e non semplice luogo di restrizione della libertà.

Per lo spettacolo del 24/03 le prenontazioni sono chiuse. Il prossimo concerto della Trsg.band e del Gruppo della Trasgressione sarà al teatro Da Silva di Rho, il 16 maggio.

Se volete, potete scrivere a associazione@trasgressione.net, lasciare il vostro nome e cognome e la richiesta per essere inseriti nella mail list del Gruppo della Trasgressione.


Istruire una prossimità

La lacerazione dovuta a una grave perdita affettiva, giunta traumaticamente e senza una comprensibile ragione, per potere essere tollerata, deve diventare seme di una storia: il terremoto non ha volontà, traumatizza, ma non chiude i sopravvissuti nella prigione dell’odio; quando la morte viene determinata da una mano assassina, invece, i parenti più stretti della vittima rischiano di rimanere chiusi per molti anni nella gabbia di un odio permanente verso l’omicida.

Per potere sopportare la perdita del congiunto e uscire dalla loro prigione personale, i familiari della vittima hanno bisogno che la volontà dell’omicida cambi direzione. Ma perché questo processo possa essere avviato, occorre la ricostruzione di una storia che, di fatto, non conosce nemmeno il carnefice, se non nei suoi risvolti più superficiali e comunque non nei nodi che sono all’origine delle sue scelte; occorre una storia che conduca chi ha commesso l’abuso e chi lo ha subito alla libertà di entrare in relazione con l’altro.

La serata del 24 marzo e le iniziative che ne deriveranno rispondono allo scopo di avviare un percorso di riconoscimento reciproco fra chi ha prodotto e chi ha subito l’abuso e questo per permettere a entrambi di uscire contemporaneamente da due ergastoli invalidanti: quello del detenuto che si sente vittima dello stato e quello del familiare della vittima, che a volte rimane per tutta la vita prigioniero del proprio rancore.

Le canzoni di Fabrizio De André e la serata del 24 marzo sono una scintilla per istruire una prossimità, per attivare emozioni e riflessioni che aiutino a riconoscersi e a superare due ergastoli.

Juri Aparo

La Trsg.bandIstruire una prossimitàInverno

 

Causa ed effetto

Non mi serve indossare uno scafandro per immergermi a scandagliare gli abissi della mia coscienza alla ricerca degli abusi da me commessi, mi è sufficiente guardarmi allo specchio perché riaffiorino i danni creati, le delusioni e i dispiaceri arrecati ai miei famigliari, il tradimento degli ideali nei quali credevo e ancora credo.

La mia vita delinquenziale è iniziata dopo i 24 anni quando, per una serie di motivi che non sto a raccontare, mi sono trovato in difficoltà economiche dalle quali non sapevo come uscire; insomma da impiegato di una grossa multinazionale, con possibilità di carriera, sono diventato ricettatore di merce rubata.

Sono cambiate le mie frequentazioni, il mio modo di vivere e il significato che davo alla vita. Ho comincio a fare uso di cocaina e abusare con gli alcolici per crearmi un mondo “virtuale” che non mi facesse pensare a ciò che avevo ripudiato.

Dopo la prima carcerazione nulla è cambiato, ho ricominciato da dove avevo lasciato. Chiaramente è arrivata una seconda carcerazione, un po’ più lunga rispetto alla prima, che quanto meno è servita a togliermi il vizio della cocaina.

Ho provato in più occasioni a cambiare la mia vita, cercando di riscattarmi perlomeno agli occhi dei miei cari, e visto che quando sei pregiudicato non è facile trovare un posto di lavoro, ho provato con delle attività in proprio con mille difficoltà.

Ad ogni prova finita male corrisponde un’altra “ricaduta” con un’altra carcerazione, ma non importa, io continuo a riprovarci anche se, data l’età, non credo mi rimangano molte occasioni.

Anche se io non accampo giustificazioni per i danni che ho fatto, penso che spesso capita che chi abusa, a sua volta, sia stato abusato da ciò che lo circonda: povertà, ignoranza, ghettizzazione ecc. ecc.

Quindi non credo ci si debba stupire se chi commette un certo tipo di reati non si rende conto di buttare al cesso la propria vita facendo avanti e indietro dalla galera, dove si imparano repressione e violenza, quantomeno psicologica.

La cosa che mi dà più fastidio è che mi abbiano tolto la possibilità di votare, anche se probabilmente, vista l’offerta politica scadente, la mia sarebbe una scheda nulla o con il partito dell’astensione.

Il fastidio quindi, nasce dall’ipocrisia di tutti i discorsi fatti sulla rieducazione e il reinserimento quando mi si nega la possibilità di esprimermi sul tipo di stato che vorrei e da cui, quindi, sono già escluso.

Una delle principali leggi della fisica recita che ad ogni causa corrisponde un effetto; visto che lo stato siete voi scegliete bene la causa perché noi siamo l’effetto.

Enrico Oriani

Nota: la conclusione non coincide con la mia né con l’orientamento del gruppo della trasgressione, ma è un ottimo esempio di quello che passa per la mente di chi commette reati a ripetizione e delle posizioni personali che al tavolo del gruppo diventano oggetto di dibattito. Angelo Aparo

Percorsi della devianza

Il paradosso della mente ubriaca

In conseguenza del rancore che si coltiva dentro, tante volte ci si sente autorizzati a fare e qualche volta anche a seminare sfracelli. L’obiettivo sarebbe vendicarsi, pareggiare i conti e liberarsene. Ma molte volte (e per mille ragioni diverse) il rancore costituisce un elemento così importante della propria identità che per il soggetto diventa difficile farne a meno.

Oltretutto, il rancore “consente” licenze a conti fatti gratificanti che, senza quel lasciapassare, sarebbe impossibile ottenere: non esistono lauree o mestieri che autorizzino a rapinare, spacciare, uccidere. Ma togliere la vita, in fondo, è una cosa grandiosa che, se sei ubriaco al punto giusto, ti permette, almeno per una mezza giornata, di sentirti una specie di Dio (proponiamo una nostra versione della dinamica con il Mito di Sisifo)

Il rancore permette di abusare e persino di uccidere senza sentirsi in colpa. Prima di andare in guerra, di fare attentati, di rapinare qualcuno o spacciare ai danni del futuro di adolescenti smarriti, è utile dare una lucidata al proprio rancore, quello accumulato negli anni degli abusi subiti. In questo modo ci si sente coesi col proprio sentimento di vendetta e si può procedere nell’abuso in tranquillità, anzi, persino con un piacevole senso di eccitazione.

Max Rigano e io ne abbiamo parlato a Byoblu nel corso della rassegna stampa del 7 ottobre 2024. Di seguito il link per chi abbia piacere di saperne di più o addirittura di contribuire a sviluppare il tema.

Byoblu, Sempre sul pezzo. La rassegna stampa – 7 Ottobre 2024

Al gruppo della trasgressione, dentro e fuori dal carcere,  le dinamiche sopra indicate sono oggetto di confronto tutte le settimane tra detenuti, studenti universitari e familiari di vittime di reato, ma sono molto bene accetti anche i contributi di chi segue il gruppo dall’esterno.

Il “diritto al rancore” è anche tra i temi centrali del nostro prossimo convegno e di molti dei nostri incontri con le scuole per la prevenzione contro bullismo e devianza.

Il diritto al rancore e il paradosso della mente ubriaca

 

C’è un posto

C’è un posto, tra dentro e fuori,
dove lo spazio non si vende e non si regala.
Lì si allena ogni giorno la creatività e
cresce la libertà
di chi dà voce alle proprie idee e
si spende per verificare se, come e per quanto tempo
potranno convivere e fecondarsi con quelle degli altri.
Lì abita il Gruppo della Trasgressione

Juri Aparo

Officina CreativaPrima e oltre il confineLa Chiamata

Marisa Fiorani e il gruppo Trsg

Credo che la giornata di ieri sia andata bene e che gran parte dei presenti sia stata contenta delle 3 ore spese insieme.

È stato benevolmente notato, tuttavia, che nel corso dell’incontro si è prodotto uno sbilanciamento, essendosi tanto parlato dei percorsi di chi ha praticato il male e molto meno di chi lo ha subito.

A me sembra, tuttavia, che tale sbilanciamento (che nella quantificazione dei tempi è netto) può risultare spiacevole se Marisa Fiorani viene pensata come rappresentante del polo delle vittime e i detenuti come rappresentanti del polo dei carnefici (pur se “redenti”).

Dal mio punto di vista, è invece opportuno presentare Marisa e i detenuti come due poli che si arricchiscono vicendevolmente mentre vanno verso la luce di cui parlava Don Gianluigi, una luce che, per come ho inteso io, completa il suo lavoro quando i poli si ricongiungono.

In altre parole, quando Marisa viene presentata come componente attiva del gruppo più che come parte offesa, lo sbilanciamento non c’è più. Nella mia ottica, la funzione di Marisa e di Paolo Setti Carraro all’interno del gruppo della trasgressione è quella di lievito della coscienza più che di memoria della colpa e della ferita, cosa che ieri Matteo Manna ha espresso in modo chiaro e toccante.

Forse io, essendone il coordinatore, esalto troppo il ruolo e il lavoro del gruppo, una cosa è però certa: la coscienza di Matteo, come lui stesso dichiara, è stata chiamata dalle voci di Marisa e di Paolo e dal lavoro di tutto il gruppo.

La vocazione di San Matteo, Caravaggio

Per finire, ieri Marisa ha avuto meno tempo a disposizione di Matteo, Antonio, Adriano, Raffaele. Certo che sì, ma credo che Marisa e la figlia che porta nel cuore vincono soprattutto quando i detenuti parlano come hanno saputo parlare ieri e riconoscono Marisa come madrina della loro coscienza. Non a caso, chi ha partecipato all’iniziativa su Dostoevskij che abbiamo svolto nel carcere di Opera non ha avuto difficoltà a riconoscere in Marisa la Sonia di “Delitto e Castigo”.

Caravaggio in cittàGiustizia Riparativa

Il processo a Dmitrj

Nel processo a Dmitrj si coglie che l’accusa tenta in tutti i modi di convogliare i sentimenti, le idee e i fatti che hanno portato all’omicidio del padre in un imbuto che cancella l’ambiente e si concentra sulle responsabilità dell’imputato.

Al di là dell’errore di persona sul presunto omicida, in generale, mi sembra che concentrarsi sulle dinamiche dell’imputato scorporandole dal resto comporti il rischio che la pubblica accusa e il giornalista di cronaca nera possano dar luogo a qualcosa di molto simile alla pratica medievale di esiliare sull’eretico di turno la complessità della realtà, delle contraddizioni e dei conflitti sociali.

In altre parole, mi pare che la funzione del Pubblico Ministero e, non di meno, del giornalista siano esposte strutturalmente al rischio di venire asservite al bisogno collettivo di confinare il male dentro il colpevole, il quale diventa in questo modo una specie di buco nero capace di risucchiare su di sé e cancellare tutto quello che gli sta attorno.

Dostoevskij, verso la fine del 19° secolo dimostra chiaramente di sentire questo rischio; noi oggi possiamo chiederci se esistono sistemi per ridurlo?

I Conflitti della famiglia Karamazov

Conversando con i fratelli Karamazov

Giovedì 7 marzo avremo nel carcere di Bollate l’ultimo dei 5 incontri sul Romanzo di Dostoevskij. Stanno partecipando all’iniziativa ex criminali, studenti, persone ferite dalla criminalità organizzata, avvocati, magistrati e un sacerdote

Nella giornata conclusiva di domani, Francesco Cajani e io porremo a noi stessi e a tutte le persone che hanno contribuito all’iniziativa le seguenti domande:

  • Quali erano gli obiettivi dell’iniziativa?
  • Cosa abbiamo messo in tasca in queste 5 giornate?
  • Che uso personale possiamo farne?
  • Se si ritiene che ne valga la pena, in quali ambiti e con quali modalità rilanciare il lavoro su I Fratelli Karamazov

Nel cammino della scienza, è buona norma dichiarare con quali domande si va dentro un laboratorio ed è ancora più importante rendere pubblici i risultati e le risposte che, a seguito della ricerca, si pensa di avere ottenuto.

Credo che lo studio della devianza e gli interventi per prevenirla e curarla debbano essere trattati come una scienza. Se considero la portata dei danni economici e affettivi che la criminalità causa nella nostra società, trovo più che ragionevole assumere nei confronti della materia l’atteggiamento che qualsiasi ricercatore ha nei confronti di ciò di cui si occupa: Materiali, Variabili, Procedure di una ricerca devono essere resi pubblici per permettere a chi non c’era di verificare, criticare, ottimizzare, proporre alternative; in sintesi, contribuire alla evoluzione della conoscenza del problema e dei mezzi per trattarlo.

Pertanto, cari studenti di giurisprudenza e psicologia, cari componenti del gruppo della trasgressione e cari tutti, a conclusione della nostra visita ai Fratelli Karamazov, ai loro diversi modi di riscuotere ciascuno il proprio credito e alle tante domande che i loro conflitti ci hanno suggerito, visto che siamo entrati tutti nel laboratorio, per favore, facciamo ciascuno il resoconto della nostra esperienza, come si addice alle persone che frequentano i laboratori.

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