La rivoluzione non violenta del Gruppo della Trasgressione

RELAZIONE FINALE TIROCINIO POST LAUREAM IN PSICOLOGIA

L’essere umano è l’autore del reato ma non è il proprietario della decisione che lo ha portato a commetterlo, lo è lo stato d’animo che abitava la ‘camera pensante’ al momento dell’abuso. Chi uccide non decide di uccidere. Alla persona detenuta serve individuare cosa ha preso forma nella sua mente, ne ha bisogno per tornare a ‘vivere’ nella Società. A me importa conoscere cosa è successo all’uomo nel momento in cui ha commesso il reato, mi interessa capire da dove nasce il dolore del criminale” (Aparo, Opera, 2023).

Premessa
La scelta di svolgere il mio tirocinio post lauream di Psicologia presso le carceri milanesi di Milano-Opera, Milano-San Vittore e Milano-Bollate scaturisce dal bisogno di rintracciare e comprendere i fattori che contribuiscono a fare scivolare l’uomo verso la condotta deviante e verso la mediocrità in genere.

Presentazione dell’Associazione Trasgressione.net
Il Gruppo della Trasgressione nasce in carcere e più precisamente nella Casa Circondariale di San Vittore nel 1997 per iniziativa dello Psicoterapeuta Dottor Angelo Aparo. Inizialmente composto solo da detenuti (i “trasgressori”), nel tempo apre le porte agli studenti di Psicologia, Giurisprudenza, Filosofia, a Docenti di Letteratura, a Storici d’arte e ad altre personalità di spicco del mondo culturale, giudiziario, a liberi cittadini e a famigliari di vittime di reato (Approfondimenti: www.vocidalponte.it – www.trasgressione.net – cooperativa sociale trasgressione.net – associazione trasgressione.net – FB Gruppo della Trasgressione – Trasgressione.net – IG Gruppo.trasgressione).

Attività del Gruppo, metodo d’intervento, strumenti
Il Gruppo della Trasgressione è un laboratorio di ricerca in cui si discute, si svolge un’attività di terapia di gruppo e di autoanalisi. L’attività psicologica consiste nel far emergere le emozioni e la coscienza del detenuto per motivarlo a intraprendere il processo di cambiamento che lo porrà via via dinnanzi alle sue responsabilità e alle conseguenze delle sue azioni. I componenti del Gruppo della Trasgressione ragionano attorno ad un tavolo su una grande quantità di argomenti. Il nucleo tematico principale è costituito dai percorsi attraverso i quali si giunge alla condotta deviante. Si conduce un’indagine sui fattori soggettivi e ambientali che inducono la persona a commettere l’abuso. In particolare, si cerca di conoscere, attraverso le testimonianze dei detenuti, quali atmosfere emotive “autorizzano”, nel vissuto del soggetto, l’azione deviante. Durante gli incontri ho avuto modo di osservare le trasformazioni emotive del detenuto e allo stesso tempo i cambiamenti che si producevano su di me e sul mio modo di considerarlo: per me è stata l’occasione di vedere l’uomo aldilà del criminale. L’attività del Gruppo, nella quale sono riconoscibili benefici risvolti terapeutici, conduce il detenuto a prendere gradualmente contatto con i propri errori e con le proprie fragilità.

Il lavoro del Professore Aparo consiste nell’offrire un sostegno al percorso psicologico della persona detenuta, è un tentativo di valorizzare quello che le persone hanno dentro, le loro potenzialità, affinché i detenuti riconoscano e prendano fiducia nelle risorse personali che in passato avevano usato poco o avevano messo da parte, come le emozioni e la capacità di ascoltare se stessi. Si coinvolge la persona in iniziative che alimentano un processo d’introspezione e la riscoperta degli aspetti più profondi dell’essere e, tutti insieme, si procede alla ricerca della “coscienza”. Si studia la devianza con il detenuto e ci si ascolta l’un l’altro, pratica favorita anche dall’eterogeneità delle persone che partecipano in modo attivo al Gruppo. In questo modo si punta ad allargare i confini di un Ideale dell’io prima coartato e che, con il ruolo che i detenuti hanno al Gruppo, si arricchisce della fiducia nelle qualità personali, presupposto indispensabile per superare la precedente identità criminale, che si nutriva invece di emozioni parassitarie, quali l’arroganza e la rabbia.

L’Associazione Trasgressione.net organizza molteplici attività culturali: convegni, rappresentazioni teatrali, concerti. Inoltre, avvalendosi del braccio imprenditoriale del Gruppo, la Cooperativa Sociale Trasgressione.net, attua programmi di reinserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti. I progetti realizzati dal Gruppo stimolano il detenuto a misurarsi continuamente con le proprie risorse, a ricoprire un ruolo, a esercitare funzioni e responsabilità. Il confronto con studenti delle scuole e delle università e con cittadini comuni produce un continuo scambio di contenuti emotivi. “Quando persone diverse, con una storia diversa, si dedicano in comune a un progetto, inevitabilmente attingono ciascuna dalle proprie risorse, ritrovando quelle che avevano trascurato. La coscienza spenta, imbavagliata durante i crimini, torna a funzionare. Le persone che a poco a poco usano la propria volontà per costruire con l’altro diventano sempre più consapevoli dell’esistenza dell’altro. Finché il dolore dell’altro non trova riconoscimento, non può esserci coscienza(Aparo, Opera, 2022).

Durante il tirocinio ho partecipato a diversi progetti e convegni che hanno visto il coinvolgimento delle Istituzioni: Milano, Palazzo Marino al concerto in “Tributo a Fabrizio De André; Roma, convegno “Una mappa per la Pena davanti alla Ministra della Giustizia Marta Cartabia; Casa di Reclusione di Milano-Opera, a una lezione d’arte dei lavori di Caravaggio con lo Storico dell’arte Stefano Zuffi in “La vocazione di San Matteo; sempre al carcere di Milano-Opera, con alcuni Pubblici Ministeri e con il Docente di Lingua e Letteratura russa, Dottore Fausto Malcovati, nella classe di studio di Delitto e Castigo” di Dostoevskij; e, in ultimo, al progetto nascente del Reparto “La Chiamata” presso la Casa Circondariale di Milano-San Vittore, che vede impegnato il Gruppo della Trasgressione nella costruzione di percorsi di rieducazione per aiutare i detenuti del “reparto giovani” a disfarsi delle maschere da duri che li hanno portati in carcere.

Le riflessioni al tavolo, sollecitate dal Professore Aparo, spaziano su quali siano gli ingredienti dell’agire deviante, come reagiscono i figli dei detenuti, cosa ci si dice per sentirsi autorizzati a commettere l’abuso, ecc… L’intero Gruppo raccoglie l’invito a riflettere e rintraccia a poco a poco gli stati d’animo e le circostanze che hanno guidato la persona ad abusare.
Detenuti ed esterni, senza censura, si raccontano e si pongono sullo stesso piano. Tutti insieme si procede alla “ricerca dell’uomo”, si riflette sulla vulnerabilità umana, si cerca di conoscere la persona che si ha davanti, s’instaura un forte senso di fiducia reciproco, si stabiliscono alleanze, si parla in profondità del proprio vissuto. La fragilità che affiora durante il Gruppo di Analisi non si può ritenere esattamente una risorsa; tuttavia,…“… è una risorsa coltivare il rapporto con la propria fragilità fino a trasformarla in uno strumento che favorisce la relazione con l’altro. Negli anni dell’abuso, dell’arroganza e dell’eccitazione forzata attraverso l’uso di droghe e di pistole, la fragilità era emarginata dalla persona e non era uno strumento bensì una complicazione da tenere accuratamente lontano da sé(Aparo, Opera, 2023).

Il processo di autorizzazione a commettere il reato non si manifesta in forma giustificatoria dopo il crimine, ma precede la realizzazione dell’azione deviante, ne accompagna il corso, la rilegge in modo favorevole “sganciandola” dalla responsabilità del gesto. Delinquenti non si nasce; l’assuefazione alla devianza è un vero e proprio addestramento col quale, reato dopo reato, il delinquente, per negare la propria fragilità, impara a silenziare la propria coscienza e a squalificare la norma sociale. Incontro dopo incontro, storia dopo storia, la persona si incammina sulla via che porta all’evoluzione. “Il gioco consiste nel fare in modo che la persona sviluppi degli interessi verso qualcosa che la indurrà a cambiare, senza nemmeno accorgersi che sta cambiando” (Aparo, Milano, 2023).

Il detenuto ha bisogno di stimoli, di riconoscimento, di una struttura che lo protegga, ha bisogno di un ruolo con cui esercitare la propria responsabilità. Ma è difficile per la persona detenuta coltivare l’evoluzione della propria identità e riconoscersi nella nuova immagine di sé che egli va sviluppando. I meccanismi complessi costruiti dal Gruppo della Trasgressione contribuiscono a questo incastro: il cambiamento, per essere possibile, deve provenire dal detenuto, come già ricordato, senza sforzo e senza che egli se ne accorga mentre avviene.

Va inoltre considerato che la persona con un background deviante tante volte non è nemmeno consapevole di possedere questa aspirazione di cambiamento. Il lavoro del Professore Aparo inizia proprio in quel momento: si analizzano i fattori che esonerano e mettono a tacere la coscienza del delinquente e, senza forzature e senza retorica, il Gruppo aiuta la coscienza del detenuto ad “evadere” dalla gabbia in cui era stata confinata.

Prevenzione alla devianza nelle scuole
Durante il Gruppo di Analisi, i detenuti sono invitati a mettersi a nudo. Questa esperienza è vissuta in forma molto impegnativa ed intensa ma anche gratificante. La memoria dei sentimenti che vivevano all’epoca dei reati diventa materiale di costruzione, di comunicazione con l’esterno.
Il risultato più appagante di questo lavoro viene raggiunto, di solito, quando i detenuti incontrano gli adolescenti nelle scuole, quando la materia problematica che li aveva indotti a commettere reati e a diventare succubi della loro rabbia e della loro voglia di rivalsa viene offerta agli studenti delle scuole medie di primo e secondo grado per la prevenzione alla devianza e alla tossicodipendenza.

In questo modo gli studenti riconoscono la maturità di chi oggi è in grado di parlare in modo critico del proprio passato e del proprio presente “… perché è vero che i detenuti sono stati indotti a parlare del loro passato problematico, ma nell’effettuare questa operazione ciascuno di loro vive un senso di crescita personale e di gratificazione che vanno a sostituire la gratificazione che si viveva durante i reati, fatta d’ebrezza del potere, di fantasie di grandiosità e di onnipotenza.” (Aparo, Milano, 2023).

Il Gruppo della Trasgressione offre al detenuto una funzione, un ruolo, lo responsabilizza, lo istruisce e lo inserisce in progetti di alto valore sociale. L’ex detenuto è un’importante risorsa per gli adolescenti, una testimonianza credibile di come si possa cambiare e diventare persona responsabile. Allo stesso tempo, l’ex detenuto emancipato è un esempio tangibile del valore della responsabilità e dei risultati che l’impegno permette di raggiungere. Un esempio è “Marte, andata e ritorno”, un progetto che vuole studiare e analizzare gli aspetti che influiscono sull’ingresso nel mondo della devianza e gli strumenti utili alla presa di coscienza necessaria per uscirne.

In particolare, si discute su come si acquista il biglietto di andata: le condizioni familiari, ambientali e psicologiche, i conflitti, le turbolenze dei primi anni di vita, le fragilità, il bisogno di conferme, la rabbia, il senso di rivalsa dell’adolescenza, la brama di diventare grandi e l’urgenza di accorciare i tempi per sentirsi indipendenti dalle prime figure di riferimento, l’iniziazione, la sfida, i gradini dell’ascesa all’interno del gruppo dei pari; e di ritorno: gli scritti, le diverse attività della “Palestra della creatività”, gli incontri con i familiari delle vittime di reato e con figure della cultura, i convegni in ambito istituzionale, la produzione di attività teatrali, ecc.

Gli incontri tra il Gruppo della Trasgressione e le scuole hanno lo scopo di promuovere contemporaneamente il percorso evolutivo dello studente e del condannato, permettendo loro di vivere un’esperienza reciprocamente responsabilizzante. Per quanto riguarda lo studente, gli obiettivi del progetto sono, in generale, la prevenzione della devianza, del bullismo e delle dipendenze. “L’incontro tra studenti e detenuti agisce come un contenitore nel quale la curiosità dei soggetti partecipanti si riempie gradualmente di contenuti, un contenitore nel quale risorse e fantasie dei ragazzi recuperano spazio e volontà di esprimersi, una camera di gestazione nella quale, senza forzature e senza indottrinamenti, i partecipanti esplorano le loro risorse interiori e coltivano la loro crescita personale. Per questo si ritiene di primaria importanza combinare l’obiettivo della prevenzione dalle dipendenze degli studenti con la rieducazione del condannato che, motivato dalla giovane età degli interlocutori, esercita spontaneamente le proprie funzioni di adulto e di cittadino responsabile. In sintesi, tali incontri favoriscono il percorso evolutivo dell’adolescente permettendogli di svolgere una positiva funzione sociale; allo stesso tempo aiutano i detenuti a riappropriarsi della loro identità di adulti responsabili mentre forniscono un servizio alla collettività. Adolescenti e detenuti diventano reciprocamente agenti per la maturazione e l’emancipazione dell’altro” (Aparo, Opera, 2023).

Competenze acquisite durante il tirocinio
Il periodo di tirocinio è stato molto impegnativo. Il turbamento emotivo provato durante gli incontri, gli argomenti trattati, spesso mi hanno fatto dubitare della mia capacità di confrontarmi con la complessità delle cose… tanto d’essere stata tentata di abbandonare. Al Gruppo mi accade spessissimo di emozionarmi, di piangere. Mi è stato detto dal Professore Aparo che questo fenomeno non è niente di singolare. La commozione che ho provato in un contesto così specifico, il carcere, è stata particolarmente intensa. La prima volta che ho incontrato i detenuti (assassini, spacciatori, rapinatori, estorsori), precisamente a Opera, mi aspettavo di incontrare persone prive di sensibilità. Più ascoltavo i loro vissuti, la loro voce rotta dall’emozione, la loro disponibilità a entrare in contatto con me senza più negare la loro fragilità, più non capivo come potesse sentirsi “fragile” una persona che era in carcere per aver commesso omicidi e con una condanna all’ergastolo. Il pregiudizio ci spinge a pensare che le persone in carcere siano prive di empatia, fragilità e sensibilità. Questo in parte spiega perché sono rimasta sorpresa nel sentire parlare la persona detenuta di senso di colpa, di responsabilità, di dolore. La mostruosità del passato dei detenuti non mi ha allontanata da loro. Quanto più ragiono su questi aspetti, tanto più mi rendo conto del metodo con cui viene perseguito l’obiettivo del reinserimento sociale della persona detenuta e degli effetti terapeutici del Gruppo della Trasgressione sulle persone che lo frequentano. Per questo mi sembra indispensabile capire gli elementi che compongono i bisogni psicologici dell’autore di reato e ottenere informazioni utili per impostare progetti e operazioni d’intervento per prevenire la devianza. Le persone che commettono degli abusi non sono un fatto solitario, una persona che ha trasgredito alle norme sociali, anche se è stata rigettata dalla società, ne fa comunque sempre parte, è un fatto sociale.

Il tirocinio col Professore Aparo mi ha permesso di approfondire una tematica sociale importante e mi ha arricchito tanto da segnare ogni parte del mio essere, mi ha cambiata profondamente e mi ha “chiamata” a svolgere una funzione sociale che non avevo prima d’ora considerato, non solo come futura Psicologa ma anche e soprattutto come persona. Quello che credo di avere acquisito come parte stabile del mio bagaglio è che in ogni essere umano c’è un continuo divenire dei sentimenti che caratterizzano la relazione con l’altro e che sono soprattutto i sentimenti con cui gli altri vengono vissuti a permettere l’abuso verso l’estraneo o la collaborazione col nostro vicino di casa. A tale riguardo ciò che ognuno di noi acquisisce nei suoi primi anni è fondamentale, ma col tempo, con l’allenamento o con l’assuefazione, ognuno di noi può continuare ad evolversi o a regredire molto al di là di quanto previsto dagli schemi di riferimento comune. Ne consegue che il compito delle istituzioni non può che essere quello di lavorare affinché ciascuno, a scuola o in carcere, possa vivere al meglio il proprio percorso evolutivo anche dopo qualche caduta.
“Rieducazione, riabilitazione, presa di coscienza, accettazione della responsabilità, non per ultimo vantaggio sociale. Il Gruppo della Trasgressione non può essere distante da ciò che cerca la Costituzione, la giustizia morale, la società” (Aparo, San Vittore, 2023).

Un sincero ringraziamento al Professore Angelo Aparo e a tutti i componenti del Gruppo della Trasgressione e, in particolare, al mio Nuccio.

Lara Giovanelli

Chi siamoRelazioni di TirocinioNote sul metodo

Don Claudio Burgio e i giovani

Non sono pochi i ragazzi che all’interno del carcere minorile o in comunità ti nascondono la loro vera identità: un adolescente rom solo dopo quattro anni di vita comune mi rivelò il suo vero nome. Mi spiazzò, rimasi perplesso per qualche giorno; poi, capii. Non è solo la difficoltà a consegnare la propria storia personale e familiare; c’è anche la fatica del nascere a se stessi, dell’abitare il proprio nome. Ragazzi orfani di identità.

Sono la paura e la diffidenza a segnare la vicenda di molti adolescenti che incontro: paura di non essere accolti per come sono, paura di non valere agli occhi degli altri, di rimanere invisibili, paura di essere misconosciuti e traditi da un mondo adulto sempre più assente e insicuro, più incline a escludere che a includere.

Ragazzi trasgressivi che, abbandonati a se stessi, sconfinano in comportamenti antisociali e perdono il controllo della loro impulsività, fino a diventare pericolosamente violenti; minori che tentano di soffocare dentro il dolore che li accompagna da quando sono nati.

Li chiamano «ragazzi a rischio», «bulli», «delinquenti», «ragazzi di strada», «giovani devianti», «mostri»: per me sono ragazzi e basta. Li incontro nel carcere minorile Cesare Beccaria di Milano e nelle comunità di accoglienza Kayrós, li ascolto nei colloqui personali, per strada, nei dibattiti pubblici, negli oratori e nelle scuole. Con quella tremenda voglia di gridare al mondo il loro esserci, da un po’ di anni sono diventati i miei compagni di viaggio.

Sono cuori violenti spesso per disperazione. Più vado avanti, più mi convinco di una cosa: non esistono ragazzi cattivi. Mi capita più volte, in occasione di incontri pubblici e di colloqui privati con persone adulte, di avvertire intorno a me ammirazione mista a commiserazione, come se stessi svolgendo un compito ingrato, come se occuparsi di ragazzi difficili fosse impresa straordinaria per uomini fuori dal comune. C’è un po’ in giro questa sensazione, che l’educazione debba essere opera di persone particolarmente eroiche e necessariamente sante.

Non è così. L’educazione è compito di ogni adulto, è responsabilità a cui non ci si può sottrarre; chi come genitore, chi come insegnante, chi come politico, chi come operatore sociale, chi come uomo di sport e di fede… Ognuno deve avvertire l’urgenza e la gioia nel consegnare ai giovani il mestiere di vivere, permettendo loro di incontrare il senso del mondo e trasmettendo loro prospettive di valore e di impegno per cui valga la pena di vivere e, se necessario, di morire.

Improvvisamente questi ragazzi diventano scrittori poeti della vita. In queste pagine si nasconde la loro intimità e un’incredibile sapienza e come se il carcere ridesse a questi giovani la voglia di pensare e di tradurre per iscritto pensieri più veri.

I nostri ragazzi, urlano in modo violento il dolore che non riescono più a contenere dentro, cercano adulti interessati a raccogliere il grido d’aiuto, adulti capaci di governare il caos evolutivo che li stordisce. Il reato, più che scelta consapevole, è segnale di fragilità, sintomo doloroso di un disagio.

Il percorso della consapevolezza e della responsabilizzazione è ciò che permette all’adolescente di ritrovarsi. Troppi genitori, insegnanti, educatori, in nome di un malinteso concetto di educazione, evitano lo scontro per non esasperare il conflitto.

È difficile pensare a una ripresa evolutiva, se l’adolescente non viene chiamato per nome ad assumersi nuove responsabilità. Per lasciare la tomba delle paure alle spalle è indispensabile che egli si senta coinvolto in progetti importanti di vita, in avventure educative di ampio respiro dove possa sperimentarsi come soggetto attivo e possa vivere un protagonismo sano. Per far sì che questo avvenga occorre pensare a ripensare politiche giovanili nell’ambito pubblico e progettualità pastorali nell’ambito ecclesiale improntate sulla serietà.

I giovani non si lasciano affascinare da chiamate poco esigenti e prive di carica. Non c’è espiazione che tenga se non avviene prima questo recupero della coscienza, forse meglio ancora se non si incomincia a formare una coscienza. Non c’è alcuna possibilità di riprese evolutiva senza l’assunzione di responsabilità nei confronti di sé e degli altri. Solo così molte crisi adolescenziali trasformano in risorse un periodo doloroso e difficile di crescita.


Estratti da: ISBN eBook PDF 9788831560825,  Burgio Claudio. Non esistono ragazzi cattivi. Esperienze educative di un prete al Beccaria di Milano. Edizioni Paoline. Edizione del Kindle. Prima edizione digitale 2013.
https://www.kayros.it/don-claudio

No, non c’è tradimento!

San Vittore 16/02/2023

Ascolto con attenzione i contributi dell’eterogeneo gruppo che si riunisce tutti i giovedì al nascente reparto LA CHIAMATA e constato che tutte le idee vengono scambiate, confrontate, criticate, tanto che io dubito spesso anche delle mie.

Tuttavia, quando il prof. Aparo ha aperto l’incontro di giovedì scorso a San Vittore, chiedendo ai presenti se chi s’interessa del benessere della persona condannata stia tradendo i famigliari della vittima o se occuparsi della sofferenza di chi ha commesso un omicidio equivalga a ignorare la disperazione della figlia e della moglie della vittima, ho sentito dentro di me una risposta certa: “No, non c’è alcun tradimento!

Anche se l’argomento è complesso e doloroso, non posso rinunciare a tentare di capire la relazione lega l’uomo al criminale, non posso credere che sto trascurando la vittima quando cerco di scoprire dov’è andata l’umanità di chi è stato carnefice.

Mi avvicino alla persona detenuta, sentendo la necessità di rintracciare quali siano i fattori che hanno contribuito a farlo scivolare verso l’assenza da se stesso. E mi preoccupa che siamo in pochi a volerlo fare, a voler capire cosa succede all’uomo. Sento nei racconti dei detenuti la mancanza di qualcosa di cui, invece, mi sembra che noi tutti abbiamo bisogno. E al gruppo si cerca di continuo cos’è: qualcosa che prima c’era? Che non c’è mai stato?

Pur considerando che la figura dei genitori ha un ruolo centrale nella costruzione della personalità dell’adolescente, mi chiedo come abbiano fatto molti giovani a sopravvivere a infanzie infelici con genitori disattenti o assenti e a contesti degradanti, senza per questo autorizzare se stessi all’abuso, senza ricorrere a “soluzioni” devianti.

Comprendere perché alcune persone soccombono e altre sopravvivono in ambienti in cui si vivono le stesse difficoltà, rappresenta un terreno di studio molto interessante per noi componenti del Gruppo della Trasgressione. La direzione che il degrado ambientale e le difficoltà familiari imprimono ai sentimenti e alle scelte dell’individuo non è automatica! Diversamente, come si spiegherebbe che nello stesso nucleo famigliare un figlio prende la strada della devianza e l’atro no?

Mi sembra quindi importante cercare di approfondire cosa sente il giovane deviante, osservare il modo in cui egli reagisce alla frustrazione, quale lettura egli dà degli eventi e delle relazioni che vive, quale impasto si produce nella sua affettività, tale da portarlo al reato.

Quanto più ragiono su questi aspetti, tanto più mi rendo conto degli effetti terapeutici del Gruppo della Trasgressione sulle persone che lo frequentano e del metodo con cui viene perseguito l’obiettivo del reinserimento sociale della persona detenuta. Per questo mi sembra indispensabile sgrovigliare i nodi che compongono i bisogni psicologici dell’autore di reato e ottenere informazioni utili a impostare progetti e operazioni d’intervento.

L’avvicinamento a chi ha operato l’offesa e la sua responsabilizzazione in progetti collettivi sono certamente gli strumenti migliori per contrastare il ripetersi dell’abuso: “Capire cosa induce alla condotta antisociale non è un tradimento nei confronti della vittima, è piuttosto una ricerca di quell’umanità che era stata progressivamente defenestrata lungo il complesso percorso che ha portato all’episodio criminoso” (Aparo, San Vittore, 16/02/2023).

Lara Giovanelli

Reparto LA CHIAMATAIncontri con i familiari delle vittime

Un campo d’azione

Interdipendenza non somiglianza
Una prova di coraggio verso il cambiamento

Molti giovani adulti rinchiusi in carcere non hanno veramente avuto un’adolescenza. Per questa ragione, c’è bisogno di riunire il maggior numero di risorse possibili per il reparto “LA CHIAMATA”, che immagino come un campo d’azione e una prova di coraggio verso il cambiamento.

Gruppo operativo
Composto da persone capaci di stabilire un contatto con i giovani adulti, che tengano conto delle difficoltà presenti nella crescita umana, in funzione di una pratica educativa che prediliga la comprensione e la relazione, piuttosto che programmi e schemi rigidi.

Contesto
L’ambiente deve suggerire una nuova opportunità di relazione con il giovane. Secondo la teoria di Winnicott (1984), l’atto antisociale è una manifestazione di speranza, un tentativo di chiedere aiuto al mondo degli adulti. Per questo penso a un ambiente fisico e psichico che restituisca voce alla speranza attraverso un costante dialogo e una continua relazione con il giovane, per contenere l’emergere di sentimenti di sfiducia che lo possano indurre a disinvestire sul proprio futuro.

Reclutamento agenti
Credo sia importante reclutare agenti di polizia penitenziaria fortemente motivati a contribuire al cambiamento della persona detenuta e a tollerare e comprendere la fragilità umana. È importante avere nel reparto agenti con una specifica formazione sui fattori che contribuiscono alla costruzione di un’identità criminale e su come contrastare il risentimento, la rabbia e gli atteggiamenti oppositivi, che in luoghi come il carcere sorgono facilmente nel giovane adulto.

Presenza di Peer Support
In aggiunta al lavoro dell’agente motivato e formato, credo sia necessaria la presenza in reparto di detenuti o ex detenuti membri del Gruppo della Trasgressione con lunga esperienza di detenzione. Questo per mantenere un equilibrio tra rigore (agente di polizia) e solidarietà (detenuto o ex detenuto) e per contribuire alla salvaguardia della fiducia e della salute mentale del giovane (che, appena fermato, immagino spaventato e disorientato).

Collegamento con la famiglia e psicofarmaci
Se tra le figure familiari fosse presente un parente “portatore sano d’amore”, incoraggerei frequenti colloqui con il giovane adulto. Inoltre, questo accudimento potrebbe sostituire gli psicofarmaci, “Vorrei essere aiutato a vivere, non a dormire. Vorrei non non mi venisse consigliato di prendere una terapia”, (detenuto, San Vittore, 12.01.2023). “Se si partecipa a un progetto non c’è bisogno di dormire. Il controllo non si ottiene con lo psicofarmaco ma con ruoli che permettano l’esercizio della responsabilità”, (Aparo, San Vittore, 12.01.2023).

Guide credibili e Progetti
Il miglioramento psichico del giovane adulto è raggiunto se l’adulto di riferimento è credibile e capace di attrarlo, senza forzature o imposizioni, con progetti nei quali il giovane possa ricoprire un ruolo significativo (esempio: scrivere pensieri, riflessioni su un certo argomento proposto). L’approccio, saldamente collaudato dal nostro Gruppo, permetterebbe al giovane di prendere, in regime di totale volontarietà e libertà, consapevolezza del suo mondo interiore, dei propri sentimenti e dei propri conflitti.

Contaminazione col mondo esterno
Appuntamenti periodici frequenti per offrire uno stabile “nutrimento culturale” all’interno del reparto. Preparazione di spettacoli teatrali e altre forme d’arte, laboratori che offrano occasioni di apprendimento e di crescita personale. Inviterei docenti universitari, studenti delle scuole superiori, studenti universitari, artisti ma soprattutto gente comune, volontari disponibili al confronto e alla riflessione, persone portatrici di normalità.

Interventi del mondo imprenditoriale
Nella mia vita il lavoro è stato sempre importante, mi ha aiutato in molti momenti di difficoltà e per me ha sempre rappresentato un progetto in cui esercitare ruolo e responsabilità. Per questo sono convinta che il mondo dell’imprenditoria debba essere coinvolto nel progetto del reparto. L’imprenditore ha un ruolo economico e sociale ed è responsabile della crescita della persona. Per questi motivi potrebbe contribuire all’ideazione di progetti nei quali i suoi dipendenti formino le competenze della persona detenuta e la preparino a ricoprire una posizione lavorativa alla sua scarcerazione. Questo per me rappresenta il vero reinserimento nella Società: se lavoro sono nel mondo.

Comunicazione
Viviamo nella società dell’informazione. Dunque, sfruttiamo al meglio queste tecnologie per creare spazi sociali di discussione, di conversazione tra persone detenute e cittadini della società civile, in uno scambio continuo di contenuti e di emozioni, così da mantenere viva nei giovani adulti la fiducia d’investire nel proprio futuro.

In conclusione,
un insieme di forze eterogenee, tutte dedicate a stimolare la creatività delle persone detenute affinché possano svolgere delle attività nelle quali riconoscersi, creare condotte di responsabilità e occasioni di apprendimento. Un camminare insieme con lo scopo di accompagnare il giovane alla consapevolezza dell’offesa procurata, nel suo percorso di costruzione di un’identità nuova e nel suo reinserimento nella società. Soccorrere il giovane adulto e contemporaneamente proteggere gli altri.

Lara Giovanelli, Angelo Aparo

Reparto LA CHIAMATA