Sto negoziando i prezzi

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Tu scemo non mi vedi
Sto lottando ancora con demoni e tutti i miei pensieri

Fumo un grosso joint per isolarmi ()
Pensando che quasi da 10 anni i
Problemi sono gli stessi
Guardie che fanno l’isolato () pensando che commenterò un altro passo falso (x2)

Passo in stazza con mio compare affianco è tutto un tratto (rumore catene)
Per i soldi la gente cambia e anche io sto cambiando ? (X2)

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Tu scemo non mi vedi
Sto lottando ancora con demoni e tutti i miei pensieri

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Nicolò

L’infinito senza stelle

Rifiutato dalla famiglia

Ok…

German Quinto… El Chico….…
racconto la mia storia la mia sofferenza, ciò che mi ha cambiato, ciò per cui sono oggi
la mia forza, la vita ti mette in ginocchio come e quando vuole ma devi essere sempre, pronto a reagire, cambiare, lottare. Non farti ferire, se ti arrendi è finita.
Se cadi a terra e resti lì è finita. Rialzati da vero guerriero, senti qua…..

Ricordo il giorno il giorno in cui, io fui nato da mio padre venni solo rifiutato
stavano sempre a litigare da casa son scappato vidi mia madre piangere per mio padre ubriaco
provavo amore per lui, ma era solo un alcolizzato solo dopo che mi ha abbandonato
da lì che son cambiato, mi sentivo diverso solamente un ragazzo accoltellato
persi la testa poi per quei soldi facili ma per farli sai era meglio evitarli  finì nei giornali e nella tv
penso mia madre sola che mi tirava su mio padre invece che mi proteggeva da lassù
poi un giorno ricadetti giù per cambiare poi, 25 anni passarono mentre tutti gli altri urlavano
mi ha aiutato solo la trasgressione, aiutandomi a riprendermi dalla delusione
uscito di galera mi sentivo un coglione niente testa solo voglia di guarigione
giorno dopo giorno penso solo a me
perché chi fa da se fa per tre

      Rifiutato-dalla-famiglia

Chico e German

L’infinito senza stelle

Progetto Brera in Opera

Il teorema di Pitagora
Esercizi su carcere e cittadinanza, Milano, 2018-21, min. 35

Gruppo della Trasgressione delle carceri milanesi
Progetto Brera in Opera del Liceo Artistico di Brera

 I visi intenti all’ascolto, serio, attento: gli studenti del Liceo Artistico di Brera e i detenuti del carcere di Opera sono gli uni di fronte agli altri e parlano con linguaggi diversi di temi vissuti a nervi scoperti nell’adrenalina dell’adolescenza o negli eccessi della devianza: la sfida, la rabbia, il tempo, la paura e il coraggio… li guida uno psicologo fuori dagli schemi attraverso il processo di scavo esigente, radicale che ha nome gruppo della trasgressione.

E poi ci sono i ragazzi più piccoli, del biennio, che lavorano sulla poesia e che s’incontrano su vissuti esistenziali: la ferita e la cura. Le scene riprendono gli interlocutori nel tempo che precede e che attraversa la pandemia nella doppia reclusione del non ricevere visite in carcere e nell’isolamento di ragazzi che nelle sensibilità più accese hanno riportato ferite dell’anima.

È quella condizione che viene raccontata da due universi apparentemente antitetici: un centro fatto di adolescenti liceali e una periferia al bordo dell’abitato che è città e non è più città: Opera, il carcere.

Il linguaggio si è fatto pratica concreta di inclusione: non c’è campo e controcampo, ma passaggio continuo dal primo (e primissimo piano della narrazione) al campo totale della coralità.

Incontri e prevenzione nelle scuole

Giovanna Stanganello

Il teorema di Pitagora

Brera in Opera diventa docufilm
Studenti e detenuti a confronto

“Il Teorema di Pitagora – Esercizi su carcere e cittadinanza“
il progetto che ha già coinvolto 750 liceali. Insieme ai reclusi firmano anche una trilogia su errori, redenzione e perdono, tra poesie e arte.

di Simona Ballatore,
Da Il Giorno 10/05/2023

Storie di errori e violenza. Storie di redenzione e perdono. Studenti e detenuti si raccontano e guardano negli occhi al liceo artistico di Brera. Il progetto “Brera in Opera” è nato nel 2016: ogni anno coinvolge cinque classi, più di cento studenti, dai 15 ai 19 anni, insieme ai docenti e ai ragazzi dell’istituto Benini, che ha una sezione carceraria, all’istituto penitenziario di Opera e al Gruppo della Trasgressione, con al timone lo psicologo Juri Angelo Aparo.

Un progetto che si trasforma ora in un docufilm “Il Teorema di Pitagora – Esercizi su carcere e cittadinanza” e in tre libri, che verranno pubblicati entro la fine dell’anno. Il video è realizzato con immagini girate in gran parte dagli studenti e montate da Sheila Baldoni, ex alunna, con la supervisione dei prof Marco Capovilla e Giovanna Stanganello e il coordinamento del regista Sandro Baldoni. “Qui c’è chi si è sentito libero non quando era ’fuori’ e poteva fare tutto, ma quando ha trovato nel confronto con voi il senso della sua esistenza”: ha detto ai ragazzi il direttore del carcere di Opera, Silvio Di Gregorio, durante la presentazione. “Sia gli studenti che i detenuti hanno raccontato le loro esperienze, anche a livello grafico, hanno scritto brani e poesie – spiega la preside del liceo Brera, Emilia Ametrano –. Hanno raccolto le esperienze di chi, dopo un percorso psicoterapeutico, è riuscito a superare il lutto e il torto subìto. E di chi dopo trent’anni di carcere ha cambiato vita, sta creando una famiglia, ma non dimentica”.

Il progetto di scambio non si è fermato neppure in epoca Covid. “È stato organizzato anche un Cineforum online – ricorda Ametrano – detenuti e studenti si connettevano e partecipavano a un momento di critica sui film”. Da Rocco e i suoi fratelli a Ladri di biciclette. Per gli studenti sono state ore preziose: “Hanno affrontato un percorso sulla banalità del male, sul dare sempre la colpa agli altri, sull’idea di farsi giustizia e sul bullismo – continua la preside -, hanno riflettuto sul salto di qualità dell’adolescente attraverso la consapevolezza delle proprie azioni e le assunzioni di responsabilità: è educazione alla cittadinanza”. Ieri l’aula era stracolma, non si vedeva un cellulare tra le mani. “Mi ha colpito il religioso silenzio”, confessa la preside, mentre Adriano, ex camorrista, racconta che è entrato in carcere a 25 anni, è uscito a 51, una manciata di giorni fa: “Ora sto costruendo una famiglia, sono un papà, non vedo l’ora di cambiare pannolini, di ricevere la carezza di mia mamma, anche a 50 anni. Non pensavo esistessero certe emozioni. Il carcere può cambiare anche se non dimentico di essere stato un assassino”.

Incontri e prevenzione nelle scuole

Andare a rapinare era normale

«Per me andare a rapinare era normale, l’ho fatto per 30 anni», la storia di un detenuto raccontata agli studenti

di Giovanna Maria Fagnani – Dal Corriere della Sera 10/05/2023

Per sette anni, gli studenti del liceo Brera e gli alunni-detenuti del carcere di Opera hanno lavorato insieme al progetto «Brera in Opera»: «Confrontarmi con ragazzi delle superiori mi ha fatto crescere, non mi sento più escluso»

Il 41 bis, il «carcere duro» voluto da Falcone contro i mafiosi: come è cambiato e quali sono le limitazioni

Il carcere di Opera

«Per me andare a rapinare era normale. Io dicevo “vado a lavorare”, l’ho fatto per 30 anni. Una volta ho stretto forte il collo a una ragazza. E mi dicevo: sono diventato così perché a 8 anni ho subito un atto di bullismo. Mi hanno buttato giù dalle scale e ho passato tre mesi ospedale. La verità è che a un certo punto io ho messo da parte chi mi doveva aiutare a crescere, e ho dato potere alla mia rabbia. E quello che mi fa più male non è il fatto che mi hanno sparato e accoltellato. Non sono i 27 anni di galera, ma il fatto che in quella vita fin da piccolo ho perso la voglia di crescere. E ho perso 10 dei compleanni di mio figlio. Oggi sto vivendo un periodo tanto bello che mi sembra di sognare e ho paura di svegliarmi. Confrontarmi con studenti delle superiori mi ha fatto crescere, oggi non mi sento più escluso, oggi mi sento parte di questo mondo».

Il crimine e la devianza, la sfida, le ferite, la trasgressione, l’adolescenza. Il doloroso cammino che porta alla coscienza di sé e la giustizia riparativa. Per sette anni, gli studenti del liceo Brera e gli alunni-detenuti del carcere di Opera hanno lavorato insieme su questi e altri temi, grazie al progetto «Brera in Opera». Ne sono nate poesie e contributi, condensati in tre libri, nonché opere artistiche e nel docufilm «Il Teorema di Pitagora- Esercizi su carcere e cittadinanza», diretto dal regista Sandro Baldoni, presentato martedì nella sede del liceo in via Papa San Gregorio XIV. I ragazzi di seconda hanno partecipato, in particolare, a un progetto di espressione poetica. I maturandi hanno lavorato coi detenuti nell’ambito del Gruppo «Trasgressione.it», presieduto dallo psicologo Juri Angelo Aparo.

Un programma durato sette anni e che ha coinvolto quasi 700 studenti. A raccontare le tante emozioni condivise, martedì mattina, sono stati studenti, insegnanti, operatori e alcuni ex detenuti, come Antonio, ex rapinatore e Adriano, ex camorrista, libero da 20 giorni. «Sono entrato in carcere a 25 anni e sono uscito a 51. Ma, come ho detto ai ragazzi non è il carcere che ti chiude, è la mente. Oggi sono libero mentalmente, ho una famiglia, vado a casa e cambio il pannolino della mia bimba e voglio farlo io. E mi godo il fatto che mia madre, mi fa una carezza, ancora oggi, a 51 anni. Non pensavo esistessero certe emozioni. Fra tanto marciume che c’era in me, il dottor Aparo ha cercato cose positive e le ha fatte uscire».

Tanti gli ospiti, tra cui il direttore del Carcere di Opera Silvio Di Gregorio e Paolo Setti Carraro e poi il regista Sandro Baldoni, lo psicologo Juri Angelo Aparo. Il carcere di Opera permette ai detenuti di frequentare l’istituto tecnico commerciale o l’istituto professionale. «Spesso il fenomeno malavitoso è conseguenza di quell’idea dell’onnipotenza in cui è facile credere se non si ha una conoscenza completa della realtà, che invece una formazione culturale può offrire – ha sottolineato Claudio A. D’Antoni, dirigente dell’Iis Benini di Melegnano, a cui fanno capo le sezioni scolastiche di Opera -. Questo percorso insieme ai detenuti per gli studenti del liceo può essere non dico un deterrente, ma almeno una presa di visione realistica, che deve motivare ulteriormente al rispetto delle regole». «C’è una tenenza a banalizzare, a minimizzare il male, anche i primi accenni di comportamenti che vanno verso la delinquenza – aggiunge la preside di Brera, Emilia Ametrano -. Un giorno un genitore di uno studente mi disse: “non è mio figlio che spaccia, sono gli altri che glielo chiedono”. Ci vuole uno scatto di responsabilità da parte di tutti. Questo progetto, che sicuramente continuerà, ha avuto efficacia nel far incontrare mondi diversi, come scuola e carcere».

Incontri e prevenzione nelle scuole

Gli studenti e i carcerati a Opera il dialogo oltre i muri

di Sara Bernacchia,
da Repubblica 10/05/2023

«Siamo un gruppo che invita a trasgredire per costruire spazi più ampi in cui sentirsi a casa. Facciamo in modo che gli studenti crescano, che i detenuti diventino cittadini e che le vittime elaborino il loro dolore». Angelo Aparo, psicologo che da anni opera nelle carceri milanesi descrive così il Gruppo della Trasgressione (composto da detenuti, universitari e parenti delle vittime), che idealmente si allarga a una quarta componente: gli allievi del liceo artistico di Brera. Lo “sconfinamento” avviene grazie al progetto Brera in Opera, che dal 2015 ha visto circa 750 ragazzi dell’istituto confrontarsi con i detenuti del Gruppo e con gli studenti della sezione carceraria dell’istituto Benini a Opera.

Un progetto nato dall’idea di Pierluigi Cassinari, ormai ex docente del Brera, e della moglie Antonella De Luca, all’epoca responsabile del corso carcerario. L’obiettivo? «Dare attuazione concreta agli articoli 34 e 27 della Costituzione, ovvero ai principi di scuola aperta a tutti e di rieducazione dei condannati, con la consapevolezza dell’importanza del mettersi nei panni degli altri».

I benefici sono evidenti, per tutti. «Sono entrata in contatto con un mondo completamente diverso dal mio, credo sia utile farlo presto – racconta Beatrice Ajani, 17 anni, allieva di quarta -. È stimolante vedere persone che lavorano su se stesse e che riescono a maturare consapevolezza degli errori commessi». E Antonio Tango, che ha trascorso in carcere 27 anni, lo sa benissimo. «Ero un rapinatore e facevo uso di droga perché mi mancava qualcosa, sentivo un malessere che non sapevo definire». Poi, con il lavoro fatto in carcere, ha capito: «Mi mancava uno scopo. L’ho trovato anche stando con loro, sentendomi utile e sviluppando senso di responsabilità».

Il progetto è raccontato in tre libri e in un corto, realizzato con il regista Sandro Baldoni: “Il teorema di Pitagora”. Il titolo deriva dalla sfida di Tango (vinta, oggi è libero): quando si è avvicinato al Gruppo Aparo gli chiedeva di fermarsi a ragionare sulle cose di cui non comprendeva l’importanza, come il teorema, perché il passo decisivo è sforzarsi per apprendere e rispettare le regole.

I1 senso del progetto lo sottolineano la preside Emilia Ametrano e il direttore del carcere di Opera, Silvio di Gregorio: «La convivenza pacifica si fonda sul rispetto delle regole. Voi ragazzi sarete la classe dirigente. Dalla vostra attenzione a questi temi dipenderà il benessere del Paese di domani».

Brera in Opera prevede due filoni: il laboratorio di poesia e quello con il Gruppo Trasgressione. «Gli studenti del liceo e i detenuti hanno lavorato in parallelo su temi come la ferita e la cura, la sfida e la rabbia per poi confrontarsi in due incontri, uno a scuola e uno in carcere», spiega Giovanna Stanganello, che ha coordinato il progetto fino a settembre e ricorda con emozione gli incontri in Dad durante il lockdown: «Era come se vivessero una doppia esclusione: non potevano uscire, i detenuti non avevano visite e i ragazzi hanno visto emergere problematiche importanti».

È proprio durante un incontro sul tema “la ferita e la cura” che Angelica Maffi, 18 anni, ha voluto parlare di sé. «Per la prima volta ho parlato del mio problema con l’autolesionismo, che combatto ancora – racconta la ragazza, che appare anche nel corto -. Mi sono sentita incoraggiata e capita. Tanti mi hanno scritto dicendo che le mie parole li hanno aiutati». La chiave è sempre il confronto. Lo ribadisce anche Paolo Setti Carraro, fratello di Emanuela, uccisa con il marito, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: «In carcere la libertà si conquista uscendo dagli schemi che ti hanno portato a delinquere. È questo il passaggio determinante e per compierlo la contaminazione tra chi è dentro e chi è fuori è fondamentale». Lo testimonia l’esperienza di Adriano Sannino, libero da due settimane dopo 30 anni di reclusione per omicidio. «Moralmente non potrò mai pagare per quello che ho fatto – esordisce -. Confrontandomi con voi, però, ho potuto configurare i miei disvalori. Oggi sono libero fisicamente, mentalmente lo sono da quando ho conosciuto Aparo».

Incontri e prevenzione nelle scuole

Venerdì 19 maggio, Trsg per tutti i gusti

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti

L’Interclub “Caravaggio in città” al carcere di Bollate

La punta di diamante del lavoro più che decennale del RC Milano Duomo
con il Gruppo della Trasgressione

Caravaggio in città

Anna Maria Girelli Consolaro

 

Io vivo solo

Io vivo in un posto
dove non ci sono strade
e solo a volte vedo il cielo

Io vivo solo, per mia scelta,
circondato da voci e sguardi
ho scelto così tanti anni fa

Io vivo solo
ho rotto i patti anche con Dio
ma tengo alto lo sguardo

Io vivo solo, col mio passato
ascolto il vento e annuso l’aria
felice se piove

Giuseppe Di Matteo

Poesie