Manie di protagonismo. Questo termine, declinato in una dimensione non strettamente patologica, va a descrivere e strutturare l’idea del crimine come strettamente connessa con la psiche dell’autore del delitto.
Se in “Delitto e Castigo” viene descritta una realtà come squarciata tra “eletti” e “pidocchi”, ecco che il pidocchio si fa eletto nel compiere un atto, come quello dell’omicidio, che va a sovvertire non solo il diritto positivo, bensì quello naturale. Pur spogliando il diritto alla vita dalla sua lettura religiosa e legata all’ambito canonico (nonostante l’importanza del divino nella lettura del romanzo) – la vita è permeata del senso di intangibilità percepito come tale dalla natura umana, dalla coscienza.
Una coscienza che stando alle parole di Giorgio e Pasquale, appare come soppressa e poi ricostruita. L’idea di una coscienza soppressa e dell’atto delittuoso come impulsivo, per quanto intrinsecamente legato a volontà di elevarsi da un contesto sociale tragico, più che trasformare l’uomo al lato divino, lo avvicina al lato bestiale.
Raskolnikov, dopo la commissione dell’atto, vede il delirio di onnipotenza evolversi, tramutarsi in “altro” vivendo la necessità impellente di raccontare il delitto. Un delitto all’apparenza perfetto.
La scuola di criminologia di Chicago ha indagato da anni e anni sulle relazioni che intercorrono tra il crimine e il contesto sociale del soggetto che va a plasmare, dunque, la coscienza dell’individuo.
Ma se la coscienza è plasmabile, allora, il concetto stesso di diritto naturale dell’uomo, intrinsecamente legato alla sua esistenza, può venir stravolto in maniera decisiva dai primi anni di sviluppo di una persona che sentendosi “pidocchio” trova nel crimine una via d’uscita.
Tuttavia, se si va a guardare una prospettiva di ampio raggio, pur considerando il crimine come legato allo status, una determinata tipologia di delitti appartiene ai ceti più alti.
I crimini dei white collar, per esempio, sono dunque crimini compiuti da eletti? E’ un eletto, il white collar che delinque, che nella commissione di un delitto va per smania di potere a consolidare ancora di più la propria intangibilità? Diventa eletto, colui che la società ha trattato come pidocchio, dopo la commissione del delitto?
Sono convinta che questa divisione sociale, tra pidocchi ed eletti, vada ad essere intrinsecamente criminosa. La decostruzione della concezione dell’essere umano solo come prodotto del proprio ambiente, accompagnata da risorse che fanno percepire come meno iniqua l’esistenza, potrebbe essere punto di partenza per fornire un deterrente all’aprirsi in una strada di delitto.
La soppressione della coscienza e la volontà di elezione, così come il possesso di tale coscienza, sono dunque legate all’essere umano e poi, il contesto sociale e quello psicologico, legato di rimando fanno da quadro in una cornice da mutare.
Tutti desiderano essere visti. Tutti desiderano essere ascoltati. Tutti desiderano qualcosa di più. Qualcosa di meglio. Il delitto è il varcare il confine tra il proprio benessere e il malessere dell’altro.
La volontà superiore di Raskolnikov, che va a giustificare l’omicidio, si può leggere in criminologia come una TECNICA DI NEUTRALIZZAZIONE.
“L’ho fatto per un bene superiore.”
“Lei era un pidocchio, io un eletto.”
Le medesime tecniche di neutralizzazione che vengono associate a Napoleone. Tecniche di neutralizzazione che incidono sulla coscienza e la sopprimono per annientare il senso di colpa (umano e tipico, salvo motivazioni legate a disturbi di natura psichiatrica, per esempio, di natura antisociale).
Ma oltre ad una tecnica di neutralizzazione, è curioso notare come per il protagonista, sia anche il movente. Uno dei moventi.
Nel parlare di persone conosciute, in ogni caso, non ho riscontrato l’uso di tecniche di neutralizzazione bensì consapevolezza e rammarico nella commissione delle proprie azioni. Che sia dunque la consapevolezza ciò che porta alla formazione e all’evoluzione della coscienza?
Angelica Falciglia