La nostra attività con le scuole

Il Gruppo della Trasgressione comprende un’associazione e una cooperativa, costituite da detenuti, studenti universitari e comuni cittadini. Il gruppo agisce nelle carceri di Bollate e Opera e all’esterno; l’obiettivo principale è rendere riconoscibili i sentimenti e gli stati d’animo che caratterizzano i percorsi della devianza e lavorarli nel tentativo di renderli compatibili con il riconoscimento dell’altro.

La nostra filosofia s’incentra su poche linee guida:

  • studiare, progettare e lavorare con chi ha commesso reati giova all’equilibrio sociale e protegge la salute e il bene pubblico più della separazione garantita dalle mura del carcere;
  • è importante che imprenditori e liberi professionisti supportino, insieme alle istituzioni, l’acquisizione e l’esercizio di funzioni e ruoli sociali di chi ha bisogno di evolversi; questo vale per gli adolescenti, per le persone in difficoltà e per chi, lungo i percorsi della devianza, ha perso il piacere di esercitare le responsabilità del cittadino;
  • il recupero, una reale inclusione, un effettivo superamento della sensazione di marginalità e di estraneità alle regole possono prendere corpo solo se ci si sente co-protagonisti di esperienze concrete, di attività lavorative, eventi, interazioni utili alla comunità, al suo rinnovamento, alla sua crescita.

All’interno della nostra attività di sensibilizzazione e di mediazione fra carcere e società, gli incontri tra il Gruppo della Trasgressione e le scuole offrono agli studenti di scuole medie inferiori e superiori un’esperienza utile alla prevenzione del bullismo e delle dipendenze, ma anche e soprattutto a vivere in modo tangibile il piacere della responsabilità.

In sintesi, l’obiettivo della prevenzione viene combinato con la rieducazione del condannato; tali incontri, infatti, favoriscono il percorso evolutivo dell’adolescente permettendogli di svolgere una positiva funzione sociale nei confronti del detenuto e, allo stesso tempo, aiutano i detenuti a riappropriarsi della loro identità di adulti, intanto che forniscono un servizio alla collettività.

 

Attività culturali nelle scuole e nei teatri
con gli adolescenti e con un pubblico adulto

Una serata per bulli

Un gruppo di ragazzi annoiati, il solito posto e la solita monotonia. Così ha inizio la rappresentazione di “una serata per bulli”. Un’atmosfera costellata di noia e vuoto che porta prima all’uso di droga, poi al furto di un’auto e infine alla violenza su un disabile. Un’escalation di atrocità alla ricerca di uno sballo sempre più difficile da raggiungere.

Subito dopo la rappresentazione, studenti e insegnanti dialogano con i componenti del gruppo su cosa cerca chi si comporta da bullo.


Una slot machine per chiedere chi sono

La rappresentazione ricostruisce quello che accade in una delle tante sale giochi: i passaggi di un amore malato tra un giocatore incallito e la sua bella: la slot machine. Un uomo che, per coprire le proprie angosce, affida se stesso allo sballo e all’eccitazione del gioco d’azzardo. Non riuscendo a coltivare relazioni stabili e costruttive con l’altro, si perde nel gioco illusorio e autodistruttivo di fingersi capace di controllare gli impulsi e gli oggetti di cui si rende schiavo.

Su questa mappa di conflitti, mancanze, smarrimenti, seduzioni delle diverse forme di dipendenza, si sviluppa lo scambio tra gli studenti e i detenuti dopo la recita.

 

Il mito di Sisifo

Avviato nel 2009, il lavoro sul mito di Sisifo è diventato in poco tempo uno strumento per riflettere sul presente e per recuperare passaggi centrali di chi ha perso la fiducia nelle istituzioni e nel proprio futuro. La tragedia di Sisifo ha dato luogo a un racconto nel quale specchiarsi, motivando comuni cittadini, studenti e detenuti del gruppo a indossare i panni dei diversi personaggi e a interrogarsi sul problema della siccità a Corinto, sui conflitti di Sisifo con Giove, degli adolescenti con il limite e l’autorità, dell’uomo con i suoi bisogni terreni e le sue ambizioni di eternità.

Al termine della rappresentazione, viene avviata una discussione in sala su temi quali: il rapporto genitori-figli, le dinamiche di potere e la possibilità dell’uomo di abbandonarsi all’arroganza o di ascoltare e assecondare le proprie istanze costruttive.

 

Concerti musicali – Trsg Band

Il Gruppo della Trasgressione tiene concerti in diversi teatri di Milano e provincia. Le storie dei personaggi imperfetti di Fabrizio De André vengono incrociate con le riflessioni dei detenuti del gruppo sui loro sentimenti, sulle scelte passate più o meno consapevoli e su ciò che ne è derivato nelle loro vite.

Sulla traccia delle canzoni di De André, arrangiate ed eseguite dalla Trsg.band, braccio musicale del Gruppo della Trasgressione, i concerti vedono la collaborazione fra discipline e soggetti eterogenei: docenti universitari, giovani studenti, detenuti e artisti.

Con questi eventi il Gruppo della Trasgressione punta a rendere prassi comune la contaminazione creativa e la cooperazione con adolescenti e giovani adulti. L’idea di fondo è che l’impiego delle proprie risorse in un clima di gioco e di collaborazione possa aiutare al riconoscimento reciproco e far sì che l’altro possa essere sentito come partner invece che straniero o, peggio, ostacolo alla propria realizzazione.

La scala maledetta

Pasquale Fraietta

Era un tardo pomeriggio d’estate del 1976. I ricordi sfocati mi riconducono ai momenti di spensieratezza di quando ero bambino, a quei giochi assurdi e apparentemente senza senso che appartengono ai bambini. Incuranti dei pericoli, i bambini si rincorrono ovunque… e nell’aria suonano la gioia e le risate di un bambino di sei anni e della sua sorellina di cinque anni appena.

Come quasi ogni giorno, al margine di una scalinata sotto casa, eravamo io e la mia amata sorellina Carmela, di un anno più piccola di me. Non ricordo esattamente che tipo di gioco, ricordo solo le urla assordanti di mia madre nel precipitarsi a prendere fra le braccia la mia sorellina, che era caduta e aveva battuto la testa violentemente, mentre rincorreva il suo fratellino sulla rampa delle scale fuori casa. Sono bastati tre soli gradini di una scala maledetta per mettere fine alla vitalità raggiante di quella bambina, all’esistenza della mia sorellina.

La concitazione con cui mia madre prima e mio padre dopo cercavano di rianimare quel corpicino esanime mi lasciava senza fiato. Non mi rendevo conto di cosa era successo. Probabilmente ero troppo piccolo per realizzare il dramma che aveva colpito la mia famiglia. Fatto sta che col passare degli anni mi sono sentito in colpa per non aver sofferto abbastanza in quei momenti e nei giorni successivi e per avere assistito in modo passivo a quanto soffrivano i miei genitori, mia madre in particolare.

Non so. So solo che da quel giorno mia madre non è più stata la stessa, non ho avuto più la mamma che mi coccolava e mi riempiva di attenzioni. La sua mente, pervasa di dolore lancinante, l’ha fatta precipitare lentamente nella depressione, sino a compromettere in modo irreversibile il suo equilibrio mentale. Dopo qualche anno mia madre si ammalò di una forma di schizofrenia. Mio padre spesso abusava con l’alcol, forse per mascherare il suo dolore, o forse perché abusare con l’alcol in determinate culture era del tutto normale.

Questa è la storia di una grande e dolorosa ferita che, a distanza di tanti anni, ancora mi stringe il cuore. Oggi qui in questa sala ci sono le mie adorate 3 figlie, Maria Carmela Soledad, Marianna Stella e Giusy Serena. A voi vorrei raccontare qualcosa circa il vostro arrivo nella vita della nostra famiglia. Dovete sapere che, quando la mamma ed io decidemmo di avere un figlio, io ero fortemente desideroso e convinto di volere un maschio. Qualcuno, vista la mia insistenza, mi diceva che, maschio o femmina, era uguale. Ma io rispondevo testardamente  che… no! Volevo un maschio. Per farla breve… nacque Mari Carmela e poi Marianna e infine Serena. Insomma di quel maschietto neanche l’ombra.

Oggi, mie adorate, a distanza di tanti anni, forse ho capito  perché volevo un maschio e soprattutto solo maschi! Mi ritenevo in parte responsabile di quanto era accaduto alla mia sorellina, e questo mi aveva creato quella paura, e quella convinzione sbagliata, che avere figlie femmine fosse quasi un’offesa alla sua memoria.

Ma credo che da lassù… qualcuno… anzi, proprio la zia, abbia voluto farmi capire quanto fossi sciocco a sentirmi responsabile e per farmelo capire per bene, e soprattutto in modo inequivocabile, ha inviato voi tre per illuminarmi della gioia e dell’amore più grande.

It’s coming out

Il masso di Sisifo

Lorenzo Favaro: “Abbiamo sgretolato il masso di Sisifo e l’abbiamo usato per l’aiuola che verrà al Coming out

 

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Il mito di Sisifo a Buccinasco

Genitori e figli, insegnanti e allievi, cittadini e istituzioni
al teatro Fagnana per un’alternativa alla fatica di Sisifo

Il lavoro del Gruppo della Trasgressione sul mito di Sisifo, avviato nell’intento di intercettare fantasie antiche, è diventato nel tempo uno strumento formidabile per riflettere sul presente e per recuperare passaggi centrali di chi ha perso la fiducia nelle istituzioni e nel proprio futuro. 

Le vicende di Sisifo sono diventate un racconto nel quale specchiarsi, motivando studenti e detenuti del gruppo a indossare i panni dei diversi personaggi e a interrogarsi sul problema della siccità a Corinto, sui conflitti di Sisifo con Giove, degli adolescenti con il limite e l’autorità, del cittadino con le istituzioni, dell’uomo con i suoi bisogni terreni e le sue ambizioni di eternità.

Sul mito di Sisifo

Il tempo mi guarda

Francesco (Cisky) Capizzi

Seduto sulla panchina di un parco senza tempo, studio foglie ingiallite sospese dal vento, facendo i conti con ciò che c’è di più profondo, nella pazienza di un pensiero in scacchi d’ombra sogno. Non sono fante, né alfiere, né re, ma torre, rinchiuso e prigioniero dove il sole non sorge. Ostaggio di me stesso dal momento in cui ho sigillato dietro porte le paure per dimenticarle.

Il tempo si ferma e mi guarda, sono perso nella danza coi pensieri nel silenzio di una stanza, sulla mia branda disegno i tratti sulla carta, della coscienza che grida e mi graffia.

Ho sacrificato anche la fiducia, l’equilibrio, non sapevo che il sonno della ragione genera mostri, e io lo sono visto il tempo dormiente del mio essere pensiero. Sotto il tendone della rabbia, non mi sono accorto del circo ipocrita che avevo intorno. E accecato da illusioni, oggetto delle mie fantasie, mi privai d’amor proprio e privo divenni mostro.

Il tempo si ferma e mi guarda, sono perso nella danza coi pensieri nel silenzio di una stanza, sulla mia branda disegno i tratti sulla carta, per non abbandonarmi alla notte bastarda.

Si dice che la notte porti consiglio, ma mentre osservo la sezione oltre il blindo, mentre parlano i pensieri col silenzio, io cerco solo conforto. Avvolto in nuvole di fumo mi trasporto in ampi spazi, dove la mente crea i suoi arazzi e sono padrone della mia confusione, dove trasformo rimpianti in vittorie, dove posso cancellare o correggere storie…

Il video

Il viaggio della mia lumaca

Antonietta Ferrigno

Ora che il mio tempo passa senza di me, la mia lumaca lentamente tutto il suo mondo porta con sé. Lungo il tragitto ogni ostacolo diventa una pausa per orientarsi e ripartire alla ricerca di nuovi spazi, senza timore dell’ignoto e del futuro.

Non desiste, ragiona e sempre lavora, fiduciosa, quasi caparbia nel proseguire a ogni costo il suo cammino. Dolce e lieve, la mia lumaca  ermafrodita è sola nel suo lento viaggio, supera le colline, scende per i pendii e basta a se stessa.

Si ferma per un po’ dove l’acqua è più blu, ma non si appaga e si dirige verso la sofferenza e le fragilità. Sempre curiosa, la lumaca laboriosa vive ogni istante del suo tempo senza raccontarlo e, con poche gocce di memoria di quello che porta dentro di sé, si rinnova serena nella tempesta.

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Gratitudine e Rancore

Gratitudine e Rancore è il tema del nostro prossimo convegno.

Parlandone col dott. Aparo, ho pensato di mettere a confronto, per quella occasione, da una parte alcune immagini mie e di mio figlio e dall’altra la Medusa, una scultura che vedo al cimitero monumentale di Milano dove lavoro.

Ogni volta che la guardo, mi sento guardato e mi ricordo che il rancore pietrifica la crescita.

Io ero in balìa del rancore e lo usavo come una corazza per tenermi distante dagli altri e dai miei bisogni più intimi. Il risultato è stato che per anni mi sono sentito solo e ho rischiato di lasciar crescere da solo mio figlio Michael. Grazie al lavoro fatto in questi anni col gruppo, oggi sento che posso vivere anche senza quella corazza.

Auguro a tutti buon Natale e un felice anno nuovo e soprattutto un futuro ricco di legami e di gratitudine.

Antonio Tango

Il Mito di Sisifo a Buccinasco

L’evento, organizzato dall’Istituto Comprensivo di di Via Tiziano in Buccinasco, è collegato alla attività di prevenzione del Gruppo della Trasgressione.

La nostra pagina sul Mito di Sisifo

Cammina lumachina

Luca Colajò

Lumachina, trascini la tua casa di prima mattina. Scivoli piano, andando lontano, incollata alla terra come un’intensa stretta di mano. Attraversi pianure, colline, ruscelli, accompagnata dal canto degli uccelli. Quando piove nella foresta ti racchiudi in te stessa aspettando la fine della tempesta. Nella sabbia danzi serena, immaginando la bellezza di una sirena. Immobile, la notte davanti al cielo stellato, aspetti l’amore tanto desiderato. Non hai tempo né doveri, giochi e ridi abbracciando gli alberi e i nidi.

E mentre, solitaria e silenziosa, ti nutri accarezando una foglia amaranto, una mano ombrosa ti strappa via come una rosa. La luce si è spenta, i colori svaniti, come fossero stati rapiti. Ciondola il sacco cucito da mano esperta e lì ti senti persa.

Attorno a te fuoco, fiamme, calore, hai paura e ti batte forte il cuore. Con un tuffo sprofondi nel pentolone come caduta dal ciglio di un burrone. Sul fondo della pentola trema la tua casa saccheggiata. Ora è tua la decisione se rimanere ferma o della vita riprendere la passeggiata.

Pian piano ti avvicini alla parete infuocata per tentare la scalata. Dolorante, risali il pentolone con la pelle bruciata e la testa in confusione. La cima è raggiunta, finalmente apri il coperchio con le tue antanne a punta. Con un balzo ti lanci verso la finestra, volando fuori come fossi una freccia di balestra. Poi, tremante, te ne vai, ancora impaurita e zoppiacante.

Adesso che l’esperienza ti ha forgiato, ascolta cosa ti ha comunicato. Lumachina, cammina, cammina, non importa la meta del viaggio, l’importante è che vivi ogni respiro con coraggio.

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