La luce come un riflettore

Nella “Vocazione di San Matteo” troviamo molte figure simboliche.
Nella grande sala troviamo un tavolo con attorno 5 uomini, ognuno con qualcosa da fare.

Nella stanza, anche se parzialmente in ombra, c’è una luce che entra da una finestra. La perfezione della luce va contro ai volti delle persone sedute al tavolo, come se fossero sotto un grosso riflettore e questo dà ai gesti dei vari personaggi una grande rilevanza.

Asia Ciarlini

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La luce e la vocazione

La “Vocazione di San Matteo” è un’opera che mi suscita inquietudine e irrequietezza. Credo che queste sensazioni siano alimentate principalmente dalla scelta della luce: un fascio di luce proveniente da destra che illumina parzialmente la scena e capace di creare un gioco di chiaro scuri.

Sono rappresentati molti personaggi, tra cui Matteo che è colui che viene maggiormente illuminato dal fascio di luce per sottolineare la sua vocazione (Cristo che indica Matteo).

San Matteo, una volta indicato da Gesù, si indica a sua volta per chiedere conferma. Gli altri personaggi, chi più chi meno, sono abbastanza interessati a quanto accade nella scena.

Chiara Villa

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Gesù rieduca Matteo

La scena presenta sette uomini in una stanza buia, con solo la luce che esce da una finestrella a destra. Cinque di questi sono attorno ad un tavolo, due sono occupati a contare delle monete, uno, il più anziano, si indica stupito. È presente anche un giovane ragazzo che segue la scena interessato e uno di spalle. A destra è presente un uomo che indica l’anziano con davanti di spalle un altro personaggio.

Il quadro rappresenta la chiamata di Gesù a Matteo, quindi l’uomo a destra è Gesù, e l’anziano che si indica penso sia Matteo. Gli altri dovrebbero essere solo esattori.

Gli uomini al tavolo, sono gli esattori di tasse che contano i soldi, presumibilmente tasse aumentate per avere maggior guadagno. Gesù decide di chiamare Matteo proprio per questo: cercare di rieducare la condotta sbagliata dell’uomo.

Sonia Falcocchio

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Qualcuno è arrivato da poco

A quanto vedo, i personaggi sono due sulla sinistra, che non prestano nessuna attenzione e osservano delle monete, e tre personaggi nel centro, che sono rivolti verso gli altri due personaggi di cui uno credo sia Gesù – considerando l’aureola – e che sembrano essere arrivati da poco e stanno indicando i due dall’altra parte della stanza.

Quello che spicca, secondo me, è quanto siano assorti i due personaggi alla sinistra nel compito che stanno svolgendo, tanto che non si accorgono che è arrivato qualcuno né che quel qualcuno si sta rivolgendo a loro visto che li indica.

Anche uno dei personaggi nel mezzo sta indicando uno di loro, il che mi fa supporre che ci sia già stato uno scambio di battute tra i due gruppi alla destra e che gli altri non si siano accorti nemmeno di quello, l’altra cosa che mi colpisce è la luce che arriva dal lato destro, che è l’unica cosa che rischiara la situazione.

Arianna Leidi

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La formazione della cerchia

In questo dipinto Caravaggio rappresenta, a modo suo, uno dei famosi passi del Vangelo in cui Gesù, durante il periodo in cui sceglie i suoi apostoli, decide che anche un esattore delle tasse (Matteo) debba fare parte di quella cerchia che sta formando.

Nonostante ciò, la scena è ambientata nel periodo storico in cui vive lo stesso Caravaggio, lo notiamo dagli abiti dei personaggi, e anche il luogo designato dall’artista non è quello tradizionalmente raccontato nei Vangeli, ma si tratta invece di una delle molte bettole romane che Caravaggio frequenta molto spesso.

Per questo motivo i personaggi sono, in qualche modo, contestualizzati. A parte San Pietro (posto di spalle a destra) e Gesù (posizionato a destra nell’atto di indicare), vestiti infatti con gli abiti del primo secolo dopo Cristo, gli altri personaggi hanno indumenti seicenteschi e lo stesso Matteo (illuminato dalla luce proveniente da destra) è, almeno nell’aspetto, completamente identico ai suoi colleghi seduti al tavolo.

Tra questi, alcuni non si sono affatto resi conto di ciò che sta avvenendo e continuano il loro lavoro (li notiamo sulla sinistra del dipinto), alcuni sono sorpresi dall’arrivo di questi due uomini (Gesù e San Pietro) e infine Matteo, che riconosciamo dal fatto che si indica, come se Cristo lo avesse chiamato e lui voglia essere certo di aver compreso bene le sue parole.

Mattia Galbiati

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La chiamata è per tutti

Il dipinto raffigura il momento in cui Cristo sceglie Matteo, uomo malvisto dalla società poiché era colui che riscuoteva le tasse per Roma. La scena è ambientata in una locanda oscura e disadorna; a destra ci sono Cristo che indica con la mano destra il futuro apostolo e San Pietro.

Matteo, che è seduto al tavolo insieme a quattro compari, è colto inaspettatamente dall’invito e reagisce con un gesto naturale. Questo gesto istintivo, come se si stesse sincerando che Cristo sta chiamando proprio lui, simboleggia che la chiamata di Dio è sempre rivolta a tutti gli uomini di tutti i tempi, ma ciascuno è libero secondo la propria coscienza di aderirvi o di respingerla.

Un altro importantissimo protagonista di questo quadro è la luce. È di colore giallastro e squarcia la penombra del locale, mettendo in evidenza la semplicità degli ambienti. La immagino provenire da una porta esterna alla prospettiva dell’opera. La luce ha una funzione simbolica, rappresentando la luce della Grazia divina che improvvisamente congela la posizione e le espressioni dei presenti nella locanda, collocandoli in uno spazio astratto e senza tempo.

Rebecca Maraschi

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Una possibilità di miglioramento

Personalmente vedo che la luce ha un ruolo fondamentale in questo dipinto. Da una parte vedo il buio che racchiude tutte le cose materiali dell’uomo, l’avidità e la perdizione, mi sembra molto “pesante” come immagine. Dall’altra parte c’è questo spiraglio di luce, portato da Gesù, che mi trasmette leggerezza e una possibilità di rivalsa, l’opportunità di abbandonare la parte scura del quadro. Mi piace affidarmi a questo concetto e vedere anche nelle piccole cose una possibilità di miglioramento o comunque di riflessione introspettiva.

Edoardo Mojoli

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Una scelta inusuale

Nella scena vedo un gruppo di uomini seduti ad un tavolo che sembrano stupiti, increduli e che indicano la figura di Matteo. A destra invece ci sono Pietro e Gesù e, in particolare quest’ultimo, indica proprio verso Matteo. Da studi personali so che Matteo era un esattore delle tasse, un lavoro mal visto, e lo stupore degli uomini al suo fianco è proprio dato “dall’inusuale” scelta di Gesù a cui invece non importa del lavoro di Matteo.

In generale la scena è abbastanza cupa e in me suscita una sorta di angoscia e suspance, come se non si riuscisse a capire cosa può succedere dopo.

Federica Damiolini

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Un senso di speranza

La scena è ambientata in un luogo piuttosto scuro, probabilmente una locanda. La luce non proviene dalla finestra sullo sfondo, ma da destra e genera un particolare gioco di luci e ombre. Solo i volti di due protagonisti sono interamente illuminati. In totale sono ritratte sette figure, due sono in piedi e una di queste indica l’uomo con la barba seduto al tavolo.

Le reazioni sono di diverso genere: chi ignora totalmente l’avvenimento e si concentra sulle monete sparse sul tavolo, chi guarda con aria sorpresa e confusa l’uomo in piedi e infine l’uomo indicato, Matteo, che si indica, come per avere la conferma di aver capito bene cosa sta succedendo.

L’atmosfera è buia, i colori cupi e terrosi, tuttavia la luce dà un senso di speranza e apertura verso ciò che sta fuori dalla locanda.

Anna Merlini

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Il gesto di indicare

Ciò che salta all’occhio è il gesto di indicare. Chi punta il dito verso qualcuno, chi si sente preso in causa e lo rivolge a sé stesso per conferma. C’è chi china la testa e chi presta attenzione.

Il quadro tratta il tema della Chiamata di Dio, che è salvezza ed è rivolta a tutti. Quindi, anche dopo un periodo buio o dopo un errore, ci si può correggere e migliorare.

Il dipinto potrebbe essere anche letto rispetto al tema della giustizia (o ingiustizia) per via dei gesti reinterpretabili come accusatori e delle teste chine per la vergogna.

Anna Lotti

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