Corona virus in carcere e fuori

In relazione al Corona Virus e alle conseguenze che comporterebbe la sua diffusione all’interno delle carceri, si sta tentando con diversi provvedimenti di ridurre la presenza di detenuti all’interno degli istituti penitenziari. Chiedo pertanto soprattutto a chi è stato o è ancora detenuto (ma la domanda vale anche per gli altri componenti del Gruppo della Trasgressione e per chi avesse piacere di offrire un proprio contributo dall’esterno) di segnalare cosa a vostro avviso sarà importante per le persone che potranno uscire o sono già uscite dal carcere con i provvedimenti che vengono presi in questo periodo.

Angelo Aparo


Io sono uscito il 18 marzo, lasciando una situazione veramente pesante all’interno del carcere, ma i miei compagni, e soprattutto quelli del gruppo, con la consapevolezza acquisita negli anni, sono riusciti a dialogare con la direzione, cercando di trovare soluzioni con senso di responsabilità per la criticità del momento. Ora sono fuori ma penso sempre alla situazione all’interno, e grazie al percorso fatto in questi anni sto affrontando questa situazione in modo sereno, consapevole di tutta la sofferenza vissuta dalla collettività.

Marcello Portaro


Essendo stato in carcere fino a due anni fa, so bene quanto l’attesa di riconquistare la libertà sia la priorità assoluta di qualsiasi detenuto. Paradossalmente, in questo momento drammatico che ci vede sotto la minaccia del subdolo virus, i detenuti o parte di essi hanno la possibilità di recuperare la… libertà. Certamente ogni uomo provvisto di un minimo di dignità, avrebbe sperato di riacquistarla in altro modo, ma il dramma di molti diventa un occasione per pochi. Forse sarebbe il caso di ringraziare il fato, il destino, Dio o chi si vuole e ricambiare questo inaspettato, ahimè, beneficio.

Insomma c’è un modo per ricambiare la società e chi la rappresenta unitamente alla dimostrazione di meritarsi questa liberazione, e consiste nel chiedere anzi PRETENDERE di poter da subito rendersi disponibile presso le istituzioni come la Protezione Civile, i Comuni etc., per dimostrare che nell’anima dei giusti e di chi si ritiene di “cambiato” nulla accade a caso e che stavolta chi ha molto sofferto come i detenuti, saprà aiutare i cittadini come meglio potrà. Questo non sarà un piacere, ma un dovere.

Maurizio Piseddu


Personalmente ritengo sia importante, innanzitutto, di prendere consapevolezza diretta del momento storico che stiamo attraversando. Sento esprimere questo mio pensiero a chi verrà messo in condizioni di libertà, perché dentro le mura la percezione delle cose è molto distante dalla realtà sociale. Direi quindi di affidarsi ad amici e parenti e prendere atto della realtà con impegno e responsabilità.

Aggiungo, per chi si sente di contribuire alla rinascita, di rispettare le regole vigenti e per intima convinzione e perché l’irresponsabilità porta conseguenze negative sa tutta la comunità.

In sostanza, si esce da una sorta d’autismo confezionato dalla detenzione e si viene immersi in una situazione di disagio collettivo dove tutti, ma proprio tutti, dobbiamo dare prova di unità sociale, culturale e umana.

Per il resto, ogni testa fa un tribunale della propria coscienza. Ma sono contento che tanti avranno l’occasione per dimostrare a se stessi e alla comunità le abilità acquisite.

Roberto Cannavò


Tengo a precisare che fino a un mese fa ero detenuto nel carcere di Opera nel reparto “Semiliberi”. A causa dell’emergenza sanitaria, Don Antonio Loi, ex cappellano del carcere di Opera, mi ospita in casa sua.

Fin da subito ho avvertito un forte senso di responsabilità e di preoccupazione. Non nascondo che ho avuto momenti di paura, quella paura costruttiva che mi ha permesso, e mi permette, di essere riflessivo ed equilibrato nel prendere decisioni per me e per il bene comune.

La situazione dentro non è facile, anzi è molto critica. Molte volte la mente del detenuto è chiusa in un labirinto (egoismo) e questo non gli permette di capire che molte volte le cose vengono fatte per proteggere lui stesso e il bene della collettività.

Detto questo, cosa dire ai miei compagni detenuti? Da circa un mese sto vivendo una situazione inaspettata.

Per esempio, quando vado all’ortomercato, dove acquisto la frutta e la verdura per i nostri clienti, oltre ad indossare ogni tipo di protezione, sto anche molto attento a come mi muovo. Questa cosa mi porta anche un po’ di angoscia, visto che oltre ad avere la responsabilità verso me stesso, ce l’ho anche verso Don Antonio (il quale mi ospita in casa propria) e verso la collettività.

Sicuramente, a differenza di chi metterà fuori il piede per la prima volta, sono stato avvantaggiato nel mio essere semi-libero. Questo mi ha aiutato molto e mi sono trovato da subito responsabile nell’emergenza attuale. Ma nessuno può estraniarsi dalle proprie responsabilità, anzi, per ognuno di noi sarà l’occasione per mostrare la propria lealtà e vicinanza a tutte le persone che ci accolgono e che per noi si sono prese grandi responsabilità: la Magistratura di Sorveglianza, le direzioni delle carceri e i tanti volontari del terzo settore.

A noi spetta di restituire con la stessa grandezza cioè utilizzando, nel mio caso, il gruppo della trasgressione, per aiutare chi ne ha bisogno. Mi riferisco a tutte quelle persone anziane che non possono uscire di casa. Ma anche a tutte quelle persone che per ovvi motivi sono chiusi in casa. Portando loro, con l’ausilio della protezione civile, le nostre esperienze oltre che i beni di prima necessità.

Adriano Sannino

Torna all’indice della sezione

A Marcella

Milano, 21 marzo 2020

 

Perdonaci, Marcella.

Hai dovuto aspettare 29 lunghissimi anni perché, in un atto a firma di un rappresentante dello Stato italiano, potessimo leggere queste parole: «si può affermare con certezza, sia per quanto dichiarato da numerosi collaboratori di giustizia, sia per quanto emerso nel corso dei due maxiprocessi leccesi, come la causa della morte di Marcella DI LEVRANO sia da individuarsi senza ombra di dubbio nella collaborazione da lei prestata sin dal lontano 1987 con la Squadra Mobile della Questura di Lecce. Va detto, per inciso, che tale collaborazione appare oggi ancor più meritoria per essere stata totalmente disinteressata nonchè per essere avvenuta in un periodo nel quale nessun beneficio era previsto o anche lontanamente ipotizzabile».

Perdona, Marcella, quelli che ancora oggi dubitano di te e della tua storia: apertamente o nascondendo il tutto nel profondo del loro miope animo in cerca d’autore.

Forse arriverà presto il momento nel quale non dovranno più risuonare, a tua difesa, le parole che scrivevi nei tuoi diari prontamente recuperati e gelosamente custoditi in tutti questi anni da amorevoli mani.
Perché nella richiesta di archiviazione della Procura Distrettuale Antimafia di Lecce, che ha interessato anche Eugenio Carbone (riconosciuto quale materiale esecutore della tua tragica morte nel bosco dei Lucci tra Brindisi e Mesagne, ed ucciso a sua volta nel 2000), si legge anche questo: «che poi Marcella DI LEVRANO fosse “contigua” agli ambienti criminali mafiosi, lungi dallo sminuire il valore della sua collaborazione, rende ancora più encomiabile, anche a distanza di tanti anni, la decisione di allontanarsene rompendola logica di omertà e di intimidazione che li caratterizzava».

Aiutami, Marcella.

Vorrei anche io sognarti, come una sera ci ha raccontato la tua dolce mamma, e al risveglio sussurrare ai miei bimbi che quel fiore è davvero magico: capace di fare in modo che persone apparentemente lontane possano davvero avere un luogo dove potersi incontrare, ogni volta che ne sentono il bisogno.

Un amico contro corrente

Premessa

Nel reparto penale della Casa Circondariale di Milano San Vittore è presente da diversi anni una sezione dedicata ai “giovani adulti”, detenuti in età tra i 18 e i 25 anni.

La situazione che vivono i detenuti in attesa di giudizio e/o con pene brevi, di solito, porta loro a coltivare in carcere relazioni insane quanto quelle con cui si sono avviati sulla strada della devianza. Questo vale ancora di più per i giovani ai loro primi arresti, i quali, quando arrivano al carcere per adulti, fantasticano di trovare all’interno delle mura dei delinquenti già “affermati” che possano confermare e rilanciare il loro status di giovani promesse della criminalità organizzata.

 

Il progetto

Con il presente progetto, attivo dal giugno 2018, tentiamo di rispondere alle suddette aspirazioni con un intervento frontale, che metta i giovani adulti oggi ristretti a San Vittore di fronte all’esperienza e alla maturità di alcuni detenuti, tutti componenti del Gruppo della Trasgressione delle carceri di Opera e Bollate e tutti caratterizzati da un percorso di anni e da risultati documentati dall’equipe istituzionale.

Nello specifico, è stato aperto un gruppo della trasgressione a San Vittore (durata 2 ore e mezza), nel quale detenuti giovani adulti (8-12) e anziani del gruppo (2-4), insieme con i nostri studenti tirocinanti (3-5), si dedicano ai tradizionali argomenti del gruppo (la sfida, le micro-scelte, il bullismo, la fragilità, il progetto), fino alla produzione di scritti e di progetti in linea col percorso effettuato.

 

Contenuti degli incontri e iniziative connesse

Accanto a questo, proviamo, come nella tradizione del gruppo, a mettere in piedi delle iniziative grazie alle quali i destinatari del progetto possano rappresentare i loro sentimenti e le loro contradizioni (Il mito di Sisifo, Una serata per bulli, Una slot machine per chiedere chi sono).

 

Obiettivi e procedure

L’obiettivo è, dunque, permettere ai giovani detenuti di incontrare e confrontarsi con i loro miti, i quali, però, sono diventati nel frattempo persone che si riconoscono nei valori della legalità e, soprattutto, persone capaci di intercettare nei bulli di oggi le stesse fantasie e turbolenze con le quali essi stessi erano giunti al reato e, non di meno, persone capaci di motivare i loro ammiratori a confrontarsi con le proprie fragilità e ad aprire nuove finestre sulle proprie aspirazioni più intime.

A tale scopo, tre detenuti selezionati fra i migliori del gruppo di Opera e di Bollate sono stati autorizzati ad accedere alla sezione dei giovani adulti, insieme con me e con alcuni degli studenti del gruppo (alcuni dei detenuti appena citati, peraltro, sono già al lavoro nel carcere di Opera con il progetto per la prevenzione ai comportamenti autolesivi).

Si auspica che, non appena possibile, vengano effettuati dei controlli, magari coinvolgendo le università milanesi, per verificare se e in che misura l’iniziativa sia stata utile agli obiettivi sopra enunciati.

 

Soggetti beneficiari

A beneficiare dell’iniziativa sono

  • innanzitutto e manifestamente i detenuti giovani adulti del reparto;
  • i detenuti anziani del Gruppo della Trasgressione, che diventano corresponsabili della propria rieducazione mentre si impegnano su un progetto che li vede alleati dell’istituzione;
  • gli studenti universitari che fanno tirocinio col gruppo e i neo laureati che in questo modo maturano professionalità.

Torna all’indice della sezione

La banalità e la complessità del male

La chiamata

Ecco l’ultimo progetto del Gruppo della Trasgressione: “La chiamata di San Matteo e la Squadra Anti-Degrado“. Si tratta de La Chiamata di San Matteo di Caravaggio come bandiera della lotta alla mafia e, non meno importante, alla sensazione di marginalità di molti adolescenti.

L’idea è di sviluppare con lo storico dell’arte Stefano Zuffi, già avvertito e già ampiamente d’accordo, una iniziativa nazionale da portare dentro gli istituti di pena e sul territorio e da veicolare anche attraverso trasmissioni televisive.

Matteo, esattore delle tasse, viene chiamato da Gesù a unirsi agli apostoli per un progetto di fratellanza e di riconoscimento reciproco; gli ex estorsori del pizzo e i manovali di Mafia, Camorra, Ndrangheta, dopo un lungo percorso con il gruppo della trasgressione (caratterizzato dall’interiorizzazione dei valori della legalità e dal piacere della partecipazione a progetti nei quali detenuti, familiari di vittime della criminalità, studenti e comuni cittadini costruiscono insieme per la collettività), vengono chiamati dalla loro coscienza e concordano con le istituzioni di assumere un ruolo: contrastare il degrado che in passato loro stessi avevano alimentato, andando nelle scuole e sul territorio a dare battaglia, con le loro testimonianze, a bullismo e dipendenze, a devianza e criminalità organizzata.

Per chi ne diventa partner, investire sul progetto significa:

  • finanziare il Gruppo della Trasgressione, cioè la collaborazione fra detenuti e componenti esterni del gruppo e le tante iniziative che ne discendono (fra cui, la Squadra Antidegrado e la Palestra della creatività);
  • promuovere iniziative su scala nazionale mirate ad evidenziare come, già dal primo momento della condanna definitiva, il ruolo e l’esercizio di una funzione sociale siano per il detenuto strumenti di rieducazione irrinunciabili;
  • permettere ai detenuti che fanno parte del Gruppo della Trasgressione e della Squadra Anti-Degrado di comunicare nelle scuole e sul territorio le tappe e i risultati del loro percorso;
  • sostenere con finanziamenti concreti il Centro Studi sulla devianza partendo dal carcere di Opera e dal SerD del carcere di Bollate.

Distanza e vicinanza

Il diritto penale è per noi vicino e lontano alla stesso tempo. Nel caso concreto rifuggiamo i suoi interventi, di cui abbiamo timore. Ma dal diritto penale ci lasciamo anche affascinare e, naturalmente, viviamo all’interno del suo ordine.

Il diritto penale è un po’ come il calcio: senza che ci riflettiamo sopra particolarmente, appartengono entrambi alla quotidianità di molti di noi. Abbiamo quasi tutti una certa idea di quale sia la materia trattata, di quali siano le regole secondo cui si procede e di quali siano alla fine i fattori decisivi. […] Nel calcio come nella punizione, molti di noi hanno un’idea chiara e precisa di cosa vada punito e in che modo, che a punire sia l’arbitro o il giudice penale. Così, non di rado, sia l’arbitro sia il giudice sono attorniati da esperti che la sanno lunga almeno quanto loro, e glielo dicono anche, quando ritengono che abbiamo fatto qualcosa di sbagliato. Quasi sempre questi esperti hanno una idea precisa di cosa sia giusto e cosa sia ingiusto: nel calcio come nel diritto penale, tendiamo a formulare giudizi rapidi e decisi, e spesso il nostro sentire è forte e chiaro […].

Questa però non è tutta la verità. Il diritto penale ha anche un lato oscuro, estraneo. Solo quando entrambi gli aspetti si fondano assieme, il lato vicino e quello lontano, alla fine si delinea un quadro completo della natura del diritto penale e della punizione.

[…] Il diritto nel suo insieme è estraneo alla maggior parte delle persone, e a molti risulta piuttosto sospetto. A scuola si studia tutto quello che più tardi potrà essere utile, dalla matematica alla storia e alla geografia, passando per le lingue straniere. Invece il diritto non è mai riuscito ad affermarsi nei programmi scolastici. Chi lascia la scuola non sa praticamente nulla di diritto, e quello che sa non potrà inquadrarlo in maniera attendibile.

Il fatto è che il pensiero giuridico non è facilmente comunicabile, e per capire le sue regole e la sua prassi occorre molto tempo. Solo una piccola parte, quella meno importante, si lascia osservare e sistematizzare. Il pensiero giuridico non può essere studiato, può essere solo acquisito tramite l’esercizio […].

Ma questa è solo una faccia della medaglia. L’altra faccia è data dalla circostanza che il diritto penale è ed è sempre stato anche uno spettacolo affascinante, una seduzione oscura. […] I moderni mezzi di massa, persino i quotidiani più seri che conoscono il loro pubblico e sanno per tenerselo stretto devono anche intrattenerlo, utilizzando il fascino irradiato dal diritto penale e ne sono allo stesso tempo soggiogati. […] Tale visione del “diritto penale” non ci appare affatto estranea, anzi. Finchè il diritto penale rimane relegato nei libri o nei film, e non ci raggiunge fisicamente, e finchè non è importante sapere con precisione che cosa sia e come funziona, molti di noi non hanno alcun problema ad avvicinarsi a questo ambito della vita, a lasciarsene affascinare e finanche a considerarsi esperti in materia e ad agire di conseguenza.

[W. Hassener, Perché punire è necessario, 2009]

Torna all’indice della sezione

Contributi dal carcere per i cittadini di domani

Alle pagine su Genitori e Figli e su Area verde alcuni testi sul tema

Per le prenotazioni occorre inviare i propri dati alla mail cittadinidomani@gmail.com

  • specificando nominativo, luogo e data di nascita, residenza, numero del documento di identità e data di rilascio;
  • se, dopo avere ricevuto conferma dell’accreditamento, si decidesse di non partecipare, vi chiediamo di avvertire con mail di rinuncia, specificando nell’oggetto della mail la giornata

Istruzioni per presentarsi al carcere di Opera:

  • Martedì 19/11, presentarsi entro le ore 9:00 all’ingresso del carcere di Milano Opera (Via Camporgnago, 40 – Milano)

Le donazioni all’associazione Trasgressione.net non sono necessarie, ma ci sono bene accette, purché non eccessive :). Ci è invece gradito conoscere nella causale del bonifico chi condivide i nostri intenti.

 

La partita a bordo campo

L’iniziativa si snoda su tre giornate (10, 11, 12 novembre 2019). Per partecipare è indispensabile seguire le istruzioni sotto indicate e iscriversi entro il 5/11:  partitabordocampo@gmail.com

La partita a bordo campo  –  Il video di TG Regione

    • la domenica 10/11, ci sarà la partita di calcio vera e propria nel campo del carcere di Bollate. Vi si affrontano due squadre: una costituita da operatori penitenziari, l’altra da detenuti e studenti del Gruppo della Trasgressione e di altri gruppi che perseguono analoghe finalità nelle tre carceri di Bollate, Opera e San Vittore. Giocheranno sul campo Autorità istituzionali e detenuti che, dopo aver vissuto negli anni della devianza e nei primi tempi della carcerazione un sordo rancore verso l’autorità, oggi cercano di interiorizzarne i criteri e gli obiettivi grazie alle iniziative e alle attività rieducative presenti negli Istituti. Scopo della partita è, come in ogni gioco, puntare alla vittoria giovandosi delle regole che vengono interpretate e difese dagli arbitri in campo.
    • Il lunedì 11/11, la Partita a bordo campo continua con un convegno nel teatro del Carcere di Opera sulle finalità della punizione e sui criteri grazie ai quali Punizione possa fare coppia con Rieducazione: magistrati, operatori penitenziari e detenuti si interrogano, in una vera e propria tavola rotonda, sulle caratteristiche di una punizione che abbia come principale finalità l’interiorizzazione dei principi cui la punizione stessa si ispira e, in particolare: se e come la punizione possa avvicinare chi viola la norma con chi ne è interprete e tutore; se e come chi ha praticato e chi ha subito l’abuso possano insieme alimentare la coscienza collettiva ed, eventualmente, portarsi reciproco giovamento.
    • Il martedì 12/11, l’iniziativa si conclude nell’aula magna del Palazzo Giustizia a Milano, sede di grande valore simbolico, dove i protagonisti di conflitti e di contrapposizioni passate questa volta riferiscono e si interrogano su come viene interpretata la punizione in altri paesi europei (ne parleranno avvocati, magistrati, operatori penitenziari, docenti universitari). A conclusione della mattina del martedì, le riflessioni finali e i progetti di ricerca dei protagonisti dell’iniziativa in vista di un appuntamento per l’anno successivo.
    • Alle tre giornate parteciperanno alcuni familiari di vittime della mafia e della criminalità organizzata (Francesca Ambrosoli, Sandro Baldoni, Giorgio Bazzega, Elisabetta Cipollone, Marisa Fiorani, Paolo Setti Carraro), persone che hanno reagito alla perdita dei congiunti aprendosi a una ricerca che da qualche anno portano avanti insieme con i rei che hanno causato i loro lutti.

Le tre giornate sono aperte a tutti cittadini e, in particolare, a studenti universitari, neo professionisti e agli operatori del settore.

Per le prenotazioni occorre inviare i propri dati entro il 4 novembre alla mail Partita a bordo campo

  • specificando nominativo, luogo e data di nascita, residenza, numero del documento di identità e data di rilascio;
  • indicando nell’oggetto della mail la giornata alla quale si intende partecipare, cioè Domenica, Lunedì, Martedì;
  • inviando due o tre mail con oggetto specifico (“Domenica”, “Lunedì”, “Martedì”) se si intende partecipare a più di una giornata;
  • se, dopo avere ricevuto conferma dell’accreditamento, si decidesse di non partecipare, vi chiediamo di avvertire con mail di rinuncia, specificando nell’oggetto della mail la giornata

Istruzioni per presentarsi nella sede specifica:

  • Partita sul campo di calcio del carcere di Bollate, Domenica 10/11, ore 14:00. Presentarsi entro le 13:30 all’ingresso del carcere di Milano Bollate (Via Cristina Belgioioso, 120 Milano)
  • Convegno sulla punizione nel teatro del carcere di Opera, Lunedì 11/11, ore 9:30. Presentarsi entro le ore 9:00 all’ingresso del carcere di Milano Opera (Via Camporgnago, 40 Milano)
  • La punizione in Italia e negli altri paesi europei, 12/11, ore 9:30-12:30
    presso Aula magna di Palazzo Giustizia, ingresso Via Freguglia o Corso di Porta Vittoria, ore 9:00
    Per le prenotazioni occorre inviare i propri dati (Nome, Cognome, luogo e data di Nascita, Residenza, Numero del proprio documento di identità) entro il 4 novembre a Partita a bordo campo

Le donazioni all’associazione Trasgressione.net, pur se non necessarie, ci sono bene accette, purché non eccessive :). Ci è invece gradito conoscere nella causale del bonifico chi condivide i nostri intenti.

 

 


L’iniziativa rientra nei più ampi progetti:

Come introduzione alla problematica della punizione,

 

 

 

Il Mito di Sisifo

Perché ancora Sisifo?

Perché abbiamo acquistato il nuovo furgone, il furgone di Sisifo!

Ma anche e soprattutto perché Sisifo è l’immagine allo specchio di una parte di noi. Sisifo è un adolescente che vorrebbe diventare adulto e vorrebbe essere aiutato nel suo intento dagli adulti, intanto che, come buona parte degli adolescenti, dubita della serietà dell’adulto, dei genitori, delle autorità.

Sisifo, insomma, vorrebbe diventare grande, eroe, vorrebbe salvare il suo popolo dalla siccità. Per raggiungere lo scopo ha bisogno dell’aiuto degli dei, dei potenti, i quali però sono un po’ troppo distratti dai loro interessi personali.

La sua confusa fantasia, come per buona parte degli adolescenti, è combattere con i grandi, superarli e poi, una volta sicuro di essere approdato al mondo degli adulti, tornare a far pace con loro.

Ma il percorso è difficile; è difficile governare i sentimenti che accompagnano questo tragitto, anche perché il timore di non essere all’altezza del compito induce l’adolescente ad atteggiamenti velleitari e a coprire con la maschera dell’arroganza la sensazione di fragilità o addirittura di impotenza che egli vive. Sensazioni che, oltretutto, diventano massimamente destabilizzanti quando gli adulti non lo accompagnano in questo difficile cammino o, addirittura, lo respingono in conseguenza dei suoi errori, delle sue trasgressioni.

Se le cose vanno male, il pressante bisogno di essere appoggiato e riconosciuto dai genitori, dagli insegnanti, dalle autorità verrà sostituito dalla velleità di poter fare da solo, l’antica sensazione di fragilità diventerà un ricordo lontano e male accetto, la maschera dell’arroganza diventerà la parte più presente e riconoscibile della nuova identità.

E così, avanti, fino alla sfida con Giove e alla… fatica di Sisifo, pesante, inutile, senza fine, almeno fin quando non si torna a dialogare con il bisogno che ciascuno di noi ha di essere compreso e sostenuto mentre cerca, a volte sbagliando, il proprio ideale e la propria libertà.

Angelo Aparo

Gli scritti sul Mito di Sisifo

 

 

Il pre-partita

allenatore (7 anni): “allora, da dove vuoi iniziare?”

pubblico ministero (48 anni): “beh, che sia una cosa seria perchè se poi perdiamo la partita mi tocca dormire in carcere…”

allenatore: “perchè, se invece vincono i detenuti escono?”

 

La partita a bordo campo

Mangem in strada

L’invito è in Milanese, ma mi sento in dovere di puntualizzare, soprattutto a beneficio di chi fa il tifo per la Lega, che a far da mangiare sono detenuti ed ex detenuti del Gruppo della Trasgressione. Fra questi, uno viene dalla Siria, Khaled Al Waki; un altro, Isaia Schena, viene da Bergamo e ha un nome che fa pensare agli Ebrei.