I Fratelli Karamazov è un romanzo che parla di scelta, di libertà, di Dio, di esigenza di un’autorità, facendo emergere questi temi dalle relazioni tra i quattro fratelli e dal rapporto dei fratelli con il padre, Fedor.
Fedor è un uomo egoista, che passa la vita a pensare a sé scialacquando il denaro e cercando in ogni modo di incrementare il proprio capitale. Dal suo matrimonio con Adelaida nasce Dmitrij, primo dei quattro fratelli. La donna, però, scappa abbandonando il figlio che, trascurato anche dal padre, viene cresciuto prima dal servo Grigorij e poi da un cugino della madre.
Fedor si risposa quindi con un’altra donna, Sofija: da questo matrimonio nascono Ivàn e Aleksej. La donna muore però precocemente e i bambini, ignorati dal padre e anche loro cresciuti dal servo Grigorij, si trasferiscono poi dalla vedova tutrice di Sofija.
L’ultimo dei fratelli Karamazov è Smerdjakov, tenuto in casa come un servo in quanto frutto di una relazione di una notte tra Fedor e una serva.
I quattro fratelli sono molto diversi l’uno dall’altro, ma tutti condividono l’odio e la disistima nei confronti del padre, nonché la sensazione più o meno apertamente espressa di sentirsi in credito con lui.
Il primogenito Dmitrij è quello che più assomiglia al padre: è aggressivo, vizioso, casinista, superficiale, spende molti soldi e si indebita. Tuttavia, è meno viscido e cattivo rispetto a Fedor, e alle volte si mostra persino generoso. Egli si sente fortemente in credito nei confronti del padre, ed è in aperto conflitto con lui in quanto sa che il padre ha utilizzato i soldi dell’eredità materna per degli investimenti di cui non lo ha reso partecipe. Ad acuire il conflitto tra padre e figlio è il fatto che si innamorano della stessa donna, Grusenka. La rabbia di Dmitrij si traduce in aperta violenza – verbale e fisica – nei confronti di Fedor.
Ivan, secondogenito, è un uomo colto, intellettuale, filosofo e contestatore. Anche Ivan odia il padre, ma in modo meno “fragoroso” ed apertamente violento rispetto al fratello maggiore: l’odio di Ivan diventa pensiero. Ivan si professa ateo, ma ha un evidente bisogno di fede; riflette molto su Dio e sul tema della libertà, confrontandosi con il fratello Aleksej. Il forte bisogno di riflettere su questi temi è strettamente legato all’esperienza d’essere stato abbandonato dal padre. In particolare, Ivan si interroga sul tema della libertà, mettendo in luce una grande contraddizione: da un lato, l’uomo proclama di volere la libertà; dall’altro, ha bisogno di una guida, che necessariamente limita tale libertà in cambio di protezione e assistenza. Ivan ha bisogno di Dio e dell’infinito, ma lo rifiuta, e questa contraddizione lo fa soffrire: sostiene che senza l’eternità non possa esistere l’amore, che è possibile solo se si ha una guida che permetta di riconoscersi nell’altro, e soffre in quanto lui non ha avuto tale guida che gli permetta di amare.
Aleksej è un giovane che decide di entrare in convento per diventare prete. Anche lui è stato abbandonato dal padre e ha vissuto gli stessi traumi dei suoi fratelli; tuttavia, tramite la religione e la fede è in grado di trasformare l’odio in una ragione per elevarsi e perdonare, per migliorarsi. Gli altri fratelli si confidano con lui, grazie al suo atteggiamento accogliente e tollerante. In monastero, Aleksej si lega fortemente allo starec Zosima, che diventa per lui la guida e il punto di riferimento che Fedor non è riuscito ad essere: Aleksej è il prodotto dell’assenza di suo padre, la quale lo porta a ricercare un punto di riferimento in qualcuno che non è lui, sottraendosi dai conflitti e svincolandosi dal peso dell’odio.
Smerdjiakov prova un forte senso di rancore nei confronti del padre e dei fratelli, in quanto non viene riconosciuto come figlio, si sente respinto. A differenza degli altri, non esterna mai il suo odio nei confronti del padre, ma lo accumula internamente.
All’inizio del romanzo Fedor, per cercare di risolvere il conflitto con Dmitrij, propone ad Aleksej di recarsi presso il monastero, davanti allo starec Zosima e alla presenza dei tre fratelli legittimi, per rimettere allo starec il giudizio sulla disputa, in un incontro chiarificatore. In questa occasione, però, esplode un forte scontro verbale tra Fedor e Dmitrij.
I conflitti sul denaro e per l’amata Grusenka continuano tra i due in modo aperto, con aggressioni e minacce da parte del figlio. Per questo motivo, quando Fedor viene trovato morto nella sua abitazione, la polizia arresta Dmitrij, accusandolo dell’omicidio. Ma a commettere l’omicidio è stato in realtà Smerdjacov.
L’ultima parte del romanzo si concentra sul processo a Dmitrij e sull’analisi psicologica dei personaggi, in particolare sul tormento interiore di Ivan che – parlando con Smerdjacov – si convince della propria responsabilità nell’accaduto.
Infatti, anche se non hanno materialmente commesso l’omicidio, Dmitrij e Ivan sono corresponsabili: Smerdjacov non è altro che la mano che uccide, ma viene influenzato dai due fratelli.
Dmitrij non ha commesso il delitto però lo ha pensato: vuole morto il padre e afferma esplicitamente l’intenzione di ucciderlo per avere il denaro, se necessario. Ivan, invece, influenza Smerdjacov, condividendo con lui la filosofia secondo cui in un mondo senza Dio “tutto è permesso” e lasciando intendere che non è contrario all’omicidio: Smerdjacov ammonisce Ivan, suggerendo di non partire perché teme che Dmitrij abbia intenzione di uccidere il padre quella notte, ma Ivan decide di partire lo stesso, facendo intendere un suo assenso per la morte di Fedor.
Dopo aver parlato con Smerdjacov, Ivan crolla, auto-accusandosi dell’omicidio, ma nel pieno di un delirio, quando confessa la propria responsabilità durante il processo, non viene creduto.
Dmitrij viene quindi condannato ai lavori forzati, ma comincia a maturare in sé un “uomo nuovo”, che può risorgere anche attraverso la punizione: accetta la condanna e si avvicina alla fede.
Smerdjacov, invece, si toglie la vita impiccandosi.
Durante la fase processuale, emerge l’intento di Dostoevskij di ricondurre la responsabilità di un evento non solo al singolo, ma al più ampio contesto, all’ambiente: come suggerito dal delirio di Ivan e dagli avvocati difensori di Dmitrij: il gesto finale è il risultato del terreno in cui viene coltivato.
Olivia Serio