La realtà sdoppiata

La sera è arrivata
la mia vita è sfortunata
la mia anima logorata.
Provo a volare al di là.

Lacrime di disperazione
lacrime di liberazione,
del dolore che ho causato
resta questa storia qua.

La luce è spenta
prendo tutta la boccetta.
Ma la corda che si spezza
mi ha lasciato ancora qua.

Si sdoppia le realtà
rimane fuori la felicità.
Alle spalle il paradiso
ora solo lacrime sul mio viso.

Tutto traumatico.
Nella testa solo il panico.
Sono ai margini della società
ma non si è soli in questa realtà.

Hamadi El Makkaoui

Cittadinanza Attiva alla Fondazione Clerici

Il rumore della libertà

Carissimo prof., mi auguro di trovarla in ottima forma sia fisica che morale.  Come siamo rimasti nella nostra telefonata nel giorno della mia uscita per permesso premio, eccomi a lei per raccontarvi la mia emozione dopo 33 anni di non vita. Sì, perché uno stupido come me, che ha buttato la sua intera vita dentro ad un carcere per 33 anni, non ha vissuto veramente.

Prof., non sono tanto certo che si possa capire con una lettera quello che ho sentito dentro di me quando ho messo il piede fuori dall’ultimo cancello che mi separava dalla libertà. Era come andare sulla Luna e mettere il piede sulla Luna. Ma la cosa strana è che percorrendo le strade in auto con mio figlio, mi accorgevo che anche i vicoli di Napoli più degradati, i più tristi, i più bui dove nemmeno il Sole entra, agli occhi miei erano tutti belli. E sì, dopo 33 anni chiuso in un carcere, giustamente dico oggi, anche le cose più brutte ti appaiono belle.

Ma quello che mi ha fatto piangere come un bambino è stato il dolce suono che si crea quando stai a tavola per cenare. Ma prima che vi racconto di questa grande emozione, dovete sapere che io per 33 anni ho mangiato il cibo con piatti di plastica e posate di plastica. Ora vi chiederete: “E questo cosa c’entra con i miei 33 anni di carcere?”. C’entra, c’entra e ora ve lo spiego.

Il vivere da detenuto è un vivere maligno, un vivere da uomo inutile, lontano perfino da un piccolissimo rumore proveniente dalla libertà. E come vi dicevo sopra, mi sono emozionato nel sentire un dolce rumore che si crea quando il cucchiaio di ferro tocca con dolcezza il fondo del piatto di porcellana. E questo dolce e piccolissimo rumore è stato con me fino all’età di 26 anni! Poi un giorno è arrivato il conto dei miei sbagli. Sono stato arrestato e portato via da questo piccolissimo e dolce suono. Attenzione: arrestato per i miei crimini, e non per non avere fatto nulla!

Avevo creduto che quello che facevo mi dava onore e dignità. Ma dopo un po’, ho capito che non era vero niente. No, non ci cadete in questa trappola senza uscita.

Mi rivolgo a tutti i ragazzi che vivono come vivevo io. Credetemi ragazzi miei, l’onore e la dignità li trovate tra le piccole cose. Io dopo 33 anni ho ritrovato quel piccolissimo, dolce rumore tra il cucchiaio di ferro e il piatto di porcellana. Non mi capite vero? Sarò più diretto. Tutte le mafie sono un grande e unico tumore maligno. Vi prego, non fate la mia stessa fine che solo dopo 33 anni di carcere ho risentito quel dolce e piccolissimo rumore…   Il rumore della libertà.

Con tutto il mio cuore,

Giuseppe Amendola

Cittadinanza Attiva alla Fondazione Clerici

Un piccolo albero

Personalmente, credo che tutti abbiamo delle fragilità, dovute ad una situazione, ad un periodo della nostra vita o alle paure che ci portiamo dentro fin da bambini.

Siamo fragili quando qualcosa dentro di noi si rompe e ci troviamo in difficoltà, siamo fragili quando diventiamo cattivi ed aggressivi per una sorta di difesa al limite del buon senso. Crediamo di essere noi a decidere, ma il più delle volte sono le nostre insicurezze e fragilità.

La mia fragilità, dalla quale ho sempre tenuto le distanze, mi ha portato a fare scelte di vita sbagliate, esaltando quello che di più brutto faceva parte del mio animo e della mia natura, tutto per non essere un piccolo albero in balia del vento che rischiava di spezzarsi nella foresta della vita.

Sembra un controsenso, ma la fragilità prende il sopravvento su di noi con una forza immensa nei momenti più duri, la vulnerabilità diventa roccia, devi resistere, e così nascondi la fragilità dentro quello che non vorresti essere o dentro quello che vuoi far credere di essere.

Giuseppe Di Matteo

Cittadinanza Attiva alla Fondazione ClericiReparto LA CHIAMATA

A scuola mi addormento

Quest’anno ci è stata assegnata la cattedra di Cittadinanza Attiva. Cattedra originale, visto che il docente della cattedra è l’intero Gruppo della Trasgressione, comprensivo di detenuti e studenti in tirocinio.

Il primo giorno è stato impegnativo e, a giudicare dalla fatica, si prevede un anno difficile; d’altra parte, a giudicare dai risultati, l’anno appena avviato sembra anche promettente.

Ecco il primo testo:

A scuola mi addormento
La scuola non serve a un cazzo
Dentro a 4 mura di cemento
Mi sento ogni giorno diventare pazzo

Prima di entrare a scuola fumo una bomba
Mi rilasso in terza in pace come una colomba

In questo casino mi fa male la testa
Quando faccio musica mi sento in festa

In 15 gatti guardando fuori dalla finestra
Senza ancora un obiettivo in testa

Jeorge Vincente Quinde

Il Gruppo della Trasgressione

Cittadinanza Attiva alla Fondazione Clerici

 

 

La paura di perderti

Ho paura di perderti mentre dormo.
Non partire, senza avvertirmi.
Dimmi tu addio, che a me dirlo non riesce.
Morire è facile,
perderti è difficile.
Ho capito cosa sei per me quando ho capito di poterti perdere. Non vorrei mai perderti.
Quindi resta, ti prego resta per sempre.
Non andartene, mamma, senza avvertirmi.

Amin

L’infinito senza stelle

Le belle parole comprano chi costa poco

Un vero uomo sopporto tutto il dolore,
HO PERSO LA LIBERTÀ ma ci sta il mare fuori
Tengo il cuore pieno ma la tasca è vuota

Sono morto prima di vivere
Non hai  visto niente simile
Pensavo fosse impossibile
Ma tra 2 anni sarò invincibile

Paolo

Uno enojado dice muchas cosas
K son Flechas K salen da tu puta boca
Lei lo ******* per unpo’ di coca
Lascia stare quella roba
Tu te matas sola
Andavo da solo
Non con tutti loro
Siamo diversi in ssto gioco
io non mi consolo

Cris

L’infinito senza stelle

 

Infinito senza stelle

Mia mamma se ne andò tipo sette anni la mia testa Dalì feci solo danni sono stato tradito dai miei amici e ci ripenso guardando le cicatrici. A volte niente è interessante come la sera senza stelle
Sono ancora un principiante
Questa vita è amara mica caramelle
Qua non prende anche se ci sono varie antenne

Francesco

La mia vita sembra impazzita e anche infinita con quel male che mi sento mi rilasso con il vento e mi tengo tutto dentro. Avevo un sogno da bambino però ero ancora piccolino. Sono cresciuto senza un padre ma ho l’affetto di mia madre ho aiutato tante persone e mi son preso del fattone di persone false ne conosco tante ma pensare alla passione è l’importante la vita è una sola se non te la godi non si gode da sola!

Giole

Ogni cosa ha il suo costo
Mica casco nel vuoto
Resto a mollo
Mica mollo
La fortuna ci prende in giro
Continuo senza il sorriso!

Kevin

      Infinito-senza-stelle

L’infinito senza stelle

Sto negoziando i prezzi

Sto negoziando i prezzi
Tu scemo non mi vedi
Sto lottando ancora con demoni e tutti i miei pensieri

Fumo un grosso joint per isolarmi ()
Pensando che quasi da 10 anni i
Problemi sono gli stessi
Guardie che fanno l’isolato () pensando che commenterò un altro passo falso (x2)

Passo in stazza con mio compare affianco è tutto un tratto (rumore catene)
Per i soldi la gente cambia e anche io sto cambiando ? (X2)

Sto negoziando i prezzi
Tu scemo non mi vedi
Sto lottando ancora con demoni e tutti i miei pensieri

      Sto-negoziando-i-prezzi

Nicolò

L’infinito senza stelle

Rifiutato dalla famiglia

Ok…

German Quinto… El Chico….…
racconto la mia storia la mia sofferenza, ciò che mi ha cambiato, ciò per cui sono oggi
la mia forza, la vita ti mette in ginocchio come e quando vuole ma devi essere sempre, pronto a reagire, cambiare, lottare. Non farti ferire, se ti arrendi è finita.
Se cadi a terra e resti lì è finita. Rialzati da vero guerriero, senti qua…..

Ricordo il giorno il giorno in cui, io fui nato da mio padre venni solo rifiutato
stavano sempre a litigare da casa son scappato vidi mia madre piangere per mio padre ubriaco
provavo amore per lui, ma era solo un alcolizzato solo dopo che mi ha abbandonato
da lì che son cambiato, mi sentivo diverso solamente un ragazzo accoltellato
persi la testa poi per quei soldi facili ma per farli sai era meglio evitarli  finì nei giornali e nella tv
penso mia madre sola che mi tirava su mio padre invece che mi proteggeva da lassù
poi un giorno ricadetti giù per cambiare poi, 25 anni passarono mentre tutti gli altri urlavano
mi ha aiutato solo la trasgressione, aiutandomi a riprendermi dalla delusione
uscito di galera mi sentivo un coglione niente testa solo voglia di guarigione
giorno dopo giorno penso solo a me
perché chi fa da se fa per tre

      Rifiutato-dalla-famiglia

Chico e German

L’infinito senza stelle

Gli studenti e i carcerati a Opera il dialogo oltre i muri

di Sara Bernacchia,
da Repubblica 10/05/2023

«Siamo un gruppo che invita a trasgredire per costruire spazi più ampi in cui sentirsi a casa. Facciamo in modo che gli studenti crescano, che i detenuti diventino cittadini e che le vittime elaborino il loro dolore». Angelo Aparo, psicologo che da anni opera nelle carceri milanesi descrive così il Gruppo della Trasgressione (composto da detenuti, universitari e parenti delle vittime), che idealmente si allarga a una quarta componente: gli allievi del liceo artistico di Brera. Lo “sconfinamento” avviene grazie al progetto Brera in Opera, che dal 2015 ha visto circa 750 ragazzi dell’istituto confrontarsi con i detenuti del Gruppo e con gli studenti della sezione carceraria dell’istituto Benini a Opera.

Un progetto nato dall’idea di Pierluigi Cassinari, ormai ex docente del Brera, e della moglie Antonella De Luca, all’epoca responsabile del corso carcerario. L’obiettivo? «Dare attuazione concreta agli articoli 34 e 27 della Costituzione, ovvero ai principi di scuola aperta a tutti e di rieducazione dei condannati, con la consapevolezza dell’importanza del mettersi nei panni degli altri».

I benefici sono evidenti, per tutti. «Sono entrata in contatto con un mondo completamente diverso dal mio, credo sia utile farlo presto – racconta Beatrice Ajani, 17 anni, allieva di quarta -. È stimolante vedere persone che lavorano su se stesse e che riescono a maturare consapevolezza degli errori commessi». E Antonio Tango, che ha trascorso in carcere 27 anni, lo sa benissimo. «Ero un rapinatore e facevo uso di droga perché mi mancava qualcosa, sentivo un malessere che non sapevo definire». Poi, con il lavoro fatto in carcere, ha capito: «Mi mancava uno scopo. L’ho trovato anche stando con loro, sentendomi utile e sviluppando senso di responsabilità».

Il progetto è raccontato in tre libri e in un corto, realizzato con il regista Sandro Baldoni: “Il teorema di Pitagora”. Il titolo deriva dalla sfida di Tango (vinta, oggi è libero): quando si è avvicinato al Gruppo Aparo gli chiedeva di fermarsi a ragionare sulle cose di cui non comprendeva l’importanza, come il teorema, perché il passo decisivo è sforzarsi per apprendere e rispettare le regole.

I1 senso del progetto lo sottolineano la preside Emilia Ametrano e il direttore del carcere di Opera, Silvio di Gregorio: «La convivenza pacifica si fonda sul rispetto delle regole. Voi ragazzi sarete la classe dirigente. Dalla vostra attenzione a questi temi dipenderà il benessere del Paese di domani».

Brera in Opera prevede due filoni: il laboratorio di poesia e quello con il Gruppo Trasgressione. «Gli studenti del liceo e i detenuti hanno lavorato in parallelo su temi come la ferita e la cura, la sfida e la rabbia per poi confrontarsi in due incontri, uno a scuola e uno in carcere», spiega Giovanna Stanganello, che ha coordinato il progetto fino a settembre e ricorda con emozione gli incontri in Dad durante il lockdown: «Era come se vivessero una doppia esclusione: non potevano uscire, i detenuti non avevano visite e i ragazzi hanno visto emergere problematiche importanti».

È proprio durante un incontro sul tema “la ferita e la cura” che Angelica Maffi, 18 anni, ha voluto parlare di sé. «Per la prima volta ho parlato del mio problema con l’autolesionismo, che combatto ancora – racconta la ragazza, che appare anche nel corto -. Mi sono sentita incoraggiata e capita. Tanti mi hanno scritto dicendo che le mie parole li hanno aiutati». La chiave è sempre il confronto. Lo ribadisce anche Paolo Setti Carraro, fratello di Emanuela, uccisa con il marito, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: «In carcere la libertà si conquista uscendo dagli schemi che ti hanno portato a delinquere. È questo il passaggio determinante e per compierlo la contaminazione tra chi è dentro e chi è fuori è fondamentale». Lo testimonia l’esperienza di Adriano Sannino, libero da due settimane dopo 30 anni di reclusione per omicidio. «Moralmente non potrò mai pagare per quello che ho fatto – esordisce -. Confrontandomi con voi, però, ho potuto configurare i miei disvalori. Oggi sono libero fisicamente, mentalmente lo sono da quando ho conosciuto Aparo».

Incontri e prevenzione nelle scuole