Sotto il carro ponte

Il corridoio divenne lunghissimo, quel minuto durò un’ora.
Finalmente al bivio, “Posso, non posso”; “Voglio, non voglio”. L’aria è libera sul mio volto paonazzo. Mi incammino verso la meta, assaporo la semplicità, sono un uomo che ama vivere e finalmente l’ho capito…

Sono immerso nel verde, alzo gli occhi al cielo e i pappagalli colorano per incanto la mia fantasia. Respiro a pieni polmoni, riesco a socializzare con me stesso, non sono più solo! Siamo una grande famiglia: l’albero, la fontana, il tram, il pullman, la panchina, il fiumiciattolo, i palazzi, il cielo, le zanzare… ah sì, le zanzare… purtroppo anche loro sono parte della grande famiglia… assieme a noi…

Che bello camminare sotto il sole lavorando su me stesso, “assopito dai pensieri”. Due giorni, due interi giorni: che meraviglia nutrirmi degli sguardi di chi non conosce il passato… Sono stato zio, fratello, figlio, amico, e sono stato Giove: ho diviso la mia persona, cercando di non far mancare la mia attenzione all’affetto e allo scopo…

Ad un certo punto volevo tapparmi le orecchie, chiudere gli occhi e risvegliarmi nel letto di ferro, ma quando avevo questo desiderio puntualmente un viso appariva davanti ai miei occhi, spronandomi… come se lui riuscisse a capire quando il frastuono arrivava nella mia testa…

Ho cercato di tenere ben presente lo scopo, il bivio “posso, non posso”, “voglio, non voglio”. Avrei potuto dire “non posso farlo, mai riuscirò a far capire dei concetti”, potevo dire “non voglio farlo” … Invece, io volevo a tutti i costi immergermi nell’impegno e sentivo di potere raggiungere il nostro scopo, il mio scopo…

Il masso è stato spinto sempre più avanti e adesso non torna più giù, ma quanta fatica… zanzare, sole e caldo, ma la voglia di superarci ci ha permesso di vincere.

Lo dimostra il fatto che ho rapinato un vecchio al Parco delle Memorie Industriali, ho cercato di ucciderlo ma il vecchio mi ha spaccato la faccia. E nonostante la faccia mi facesse veramente male, ho terminato lo spettacolo…

Ho visto ciò che il mio cuore voleva vedere: ho visto Simone lavorare con noi come se il gruppo fosse già dentro di lui. Sono rimasto stupefatto, è vero che io ho gridato, come è vero che anche Simone ha gridato tutto il tempo e a me le sue urla mi sfondavano la testa, infastidendomi. Solo uno ha raccolto le nostre grida e io ne sono fiero, grazie Prof. …

Poi, per incanto tutto tace. il cielo diventa nero, la notte cala su questa grande famiglia. Ritorno alla realtà, il corridoio è diventato piccolissimo e in un attimo sono alla cella n°5 e ripercorro questi due incantevoli giorni…

Marcello Cicconi

Al Parco delle Memorie IndustrialiFoto della giornata

Il masso di Sisifo

A volte mi viene chiesto come funziona il gruppo della trasgressione, cosa faccio, quale metodo uso per coordinarlo. Non ho ancora scritto il libro sul gruppo e non è detto che riesca a farlo; al momento ho solo il titolo: Il corriere dei panni sporchi. Ogni tanto, però, mi sembra di riuscire a individuare qualche aspetto del metodo… uno di questi è che a volte, quasi senza rendermene conto, tratto le persone (e tra queste detenuti che sono in carcere per avere spacciato, ucciso, fatto parte di organizzazioni criminali come Mafia, Ndrangheta e Camorra) come fossero bambini che possono divertirsi andando alla scoperta del mondo e che possono giocare a mettere le mani sul mondo senza toccare pistole, soldi e senza ubriacarsi di potere e di eccitazioni a basso prezzo.

Fra le tante piccole cose, una di questi ultimi giorni riguarda la necessità di costruire il masso di Sisifo, visto che fra meno di due settimane detenuti e comuni cittadini si troveranno a spingere il masso di Sisifo alla fine di due giornate al parco delle memorie industriali.

Per rendere il masso visibile e autorevole, mi sono convinto che debba avere circa un metro e mezzo di diametro. Qualcuno, fra studenti e detenuti, ha suggerito che un volume così grande potrebbe essere riempito con bottiglie d’acqua minerale, piene d’aria e ben chiuse, e dunque con lo stesso volume che le bottiglie hanno da piene. Qualcuno, un Achille pie’ veloce decisamente fuori allenamento, ha suggerito che ne sarebbero occorse un centinaio. A questo punto ho chiesto al tavolo del gruppo quante bottiglie d’acqua da un litro e mezzo sarebbero state necessarie. E da qui il gioco.

L’aritmetica sembra a molti una disciplina che non c’entra nulla con gli obiettivi del gruppo della trasgressione, ma a me diverte stimolare le persone a ingegnarsi per arrivare alla soluzione (se non altro, quando la soluzione riesco a vederla) e così, al tavolo del gruppo del carcere di Opera, con carta e penna, detenuti e laureati in psicologia (per quel che riguarda l’aritmetica, te li raccomando!) tutti a chiedersi (i maschi, ognuno cercando di arrivare prima; le ragazze, aiutandosi l’una con l’altra) quante bottiglie sarebbero state necessarie per riempire una sfera di un metro e mezzo di diametro.

Al gruppo mi servo anche di queste piccole cose per stuzzicare le persone a svegliarsi dal torpore e per stimolare l’affezione al ragionamento, pur se l’obiettivo principale è il ragionamento sulla relazione e, soprattutto, la coltivazione della relazione con l’altro.

Ma anche la matematica è un gioco di relazioni. Inoltre, dopo avere speso tempo per capire quante bottiglie occorrono per riempire il masso di Sisifo, viene più voglia a detenuti, studenti, ma forse anche a comuni cittadini che possono giocare con noi, di raccogliere le bottiglie necessarie a riempire il masso (vanno bene anche da mezzo litro), di provare a dare voce domenica sera a qualcuno dei personaggi del nostro Mito di Sisifo e, infine, di spingere il masso… fino alla montagna dalla quale il masso non torna più giù, cioè “La palestra della creatività”.

Certo, il masso sarà pesante, ma domenica 18 luglio saremo in tanti a spingerlo. A proposito, se fosse pieno d’acqua e avesse effettivamente il diametro di un metro e mezzo, chissà quanto sarebbe pesante…

Dedicato a Gloria Marchesi

Perché il mito di Sisifo? – Angelo Aparo

Parco Memorie Industriali

Il Gruppo della Trasgressione con Municipio 5
sabato e domenica 17 e 18 luglio
al Parco delle memorie industriali

 

L’obiettivo di Municipio 5 è quello di intervenire sul quartiere Spadolini per arginare la deriva che spesso i giovani del quartiere prendono e per valorizzare la zona e il suo parco. A tale scopo, su suggerimento di Municipio 5, si è pensato di intervenire con la Squadra Antidegrado del Gruppo della Trasgressione con un programma di cui elenco i momenti principali:

  • Sabato, ore 10:00: Gruppo della Trasgressione e abitanti del quartiere fanno conoscenza intanto che lavorano a pulire il parco e la roggia;
  • Ore 12:30, Pranzo a sacco comune fra residenti che avranno lavorato e gruppo con cibo acquistato a spese della cooperativa e/o anche offerto dai residenti;
  • Primo pomeriggio, continuazione della pulizia fino alle ore 16:30
  • Ore 17:00, Gruppo della Trasgressione all’aperto per favorire la reciproca conoscenza fra detenuti e abitanti del quartiere;
  • Ore 18:30 fino alle 19:30, esibizione di un gruppo musicale che ha già preso accordi con Municipio 5 e con studenti musicisti del Gruppo della Trasgressione;
  • A seguire, primo approccio col Mito di Sisifo
  • Fine evento alle ore 22:00 circa
  • Domenica mattina ore 10:00, continuazione della pulizia del parco, con approfondimenti sul Mito di Sisifo e mentre giovani e abitanti della zona vengono coinvolti nello studio ed, eventualmente, nella interpretazione di alcuni personaggi del mito;
  • Domenica ore 20:30, rappresentazione del Mito di Sisifo;
  • Domenica, ore 21:30, teatro forum e dibattito sulla rappresentazione
  • Domenica ore 22:00, Componenti del gruppo e abitanti del quartiere spingono il masso di Sisifo e lanciano l’idea della Palestra della creatività per i giovani della zona.

 

Cooperativa Trasgressione.net

Il mondo della devianza

Viaggio di andata e ritorno
nel mondo della devianza

Traccia per un incontro con un gruppo di studenti
alla Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Il Gruppo della Trasgressione è un laboratorio cui prendono parte detenuti, studenti universitari, familiari di vittime di reato e comuni cittadini per

  • chiedersi insieme quali sono gli ingredienti che favoriscono l’ingresso nel mondo della devianza, con i comportamenti e i sentimenti che lo caratterizzano;
  • sperimentare attraverso il lavoro e dei progetti comuni le strade più utili per diventare membri attivi e riconosciuti della collettività.

A tale scopo,  i diversi componenti del gruppo, danno spazio ai sentimenti e alle loro eterogenee esperienze per chiedersi in collaborazione:

 

come si acquista il biglietto di andata:

  • Le condizioni familiari e ambientali, i conflitti, le turbolenze dei primi anni di vita;
  • le fragilità, il bisogno di conferme, la rabbia, il senso di rivalsa dell’adolescenza;
  • La brama di diventare grandi e l’urgenza di accorciare i tempi per sentirsi indipendenti dalle prime figure di riferimento;
  • la seduzione, gli attori, le forme, i meccanismi;
  • I modelli di riferimento e l’ambiente nel quale si ottengono i primi riconoscimenti dal boss, dalla banda;
  • L’iniziazione, la sfida, i gradini dell’ascesa all’interno del gruppo dei pari;
  • I meccanismi di assuefazione all’abuso con “la banalità e la complessità del male”;

 

come si lavora per quello di ritorno:

  • le attività, le aree di interesse e di intervento, i progetti;
  • le collaborazioni all’interno del gruppo e con le istituzioni;
  • le risorse interne e le alleanze possibili.

 

L’incontro con alcuni studenti della cattedra del prof. Francesco Scopelliti è stato registrato su Zoom ed è conservato negli archivi del Gruppo della Trasgressione.

Percorsi della devianza

Le attività di Trasgressione.net

Arianna Picco, Matricola 482607
CORSO DI STUDIO: Psicologia
TIROCINIO CURRICULARE PRESSO: Associazione Trasgressione.net
PERIODO DEL TIROCINIO: dal 17/11/2020 al 30/12/2020

CARATTERISTICHE GENERALI DELL’ATTIVITÁ SVOLTA
Il “Gruppo della Trasgressione” è stato fondato dal Dott. Aparo, psicologo e psicoterapeuta che opera da più di 40 anni in carcere e che circa 20 anni fa ha avuto l’idea innovativa di favorire il confronto tra detenuti, ex detenuti, studenti, famigliari di vittime di reato e comuni cittadini perché ognuno potesse trarne beneficio. Nel 2006 dal gruppo è nata l’Associazione “Trasgressione.net” e nel 2012 una Cooperativa Sociale, che permette, attraverso la consegna di frutta e verdura a domicilio alle persone bisognose e con la vendita nei mercati, un’entrata economica e un lavoro a ex detenuti, favorendo un loro reinserimento “assistito” nella società.

Obiettivi principali del Gruppo della Trasgressione sono il percorso per giungere alla consapevolezza dei propri strappi, dei propri errori; il riconoscimento delle proprie fragilità senza provarne vergogna ma accogliendole e valorizzandole; il recupero del rapporto con i propri cari; la responsabilizzazione e la ricostruzione di una credibilità agli occhi della propria famiglia; il riconoscimento delle proprie emozioni e la condivisione delle stesse. Tutto questo avviene agli incontri del Gruppo della Trasgressione, presieduti dal Dott. Aparo, che si pone come figura guida nella ricostruzione di sé dopo un passato di devianza.

Di norma, gli incontri tra i diversi componenti del gruppo si svolgono ogni settimana presso la sede di via Sant’Abbondio a Milano e nelle carceri milanesi di Opera, Bollate e San Vittore; al momento, a causa della situazione di emergenza sanitaria, sono invece online sulla piattaforma Zoom.

Sono previsti periodicamente incontri con le scuole in cui tirocinanti ed ex detenuti parlano agli studenti degli istituti inferiori e superiori raccontando la loro esperienza e facendo loro comprendere il danno che si crea a se stessi e agli altri attraverso la devianza.

Il lunedì le attività online sono improntate sul Progetto di Cineforum “La Banalità e la Complessità del Male” durante il quale si discute di film inerenti la tematica della devianza, cercando di analizzare i fattori di rischio e di protezione nello sviluppo di delinquenza, tossicodipendenza e bullismo. A questi incontri hanno partecipato anche gli studenti del Liceo Artistico Brera di Milano, collaborando attivamente nell’esprimere le loro riflessioni e dare i loro contributi. Durante questi incontri si tratta anche il tema della Criminalità Organizzata, su cui vengono visti alcuni film di cui si discute; durante un incontro abbiamo avuto modo di confrontarci con la dott.ssa Monica Forte, Presidente della Commissione Antimafia della Lombardia.

Il martedì si svolge il progetto “Genitorialità responsabile”, grazie al quale ci si confronta sulla tematica della spesso difficile relazione tra genitori detenuti e figli: i figli infatti fanno fatica a vedere un genitore detenuto come punto di riferimento, provano sentimenti contrastanti nei suoi confronti, oppure maturano rabbia verso gli agenti penitenziari e verso l’autorità che considerano ingiuste nei confronti del proprio genitore. La situazione di disagio che spesso questi giovani vivono può condurre alla devianza di seconda generazione. Occorre per questi motivi agire per favorire maggiori momenti di incontro tra genitori detenuti e figli, aiutando i genitori a ricostruire una credibilità agli occhi del figlio, attraverso attività svolte insieme ai propri cari.

A tal proposito si è ideato un progetto di cucina in carcere, nel quale i genitori detenuti possano preparare e consumare un pranzo con i loro figli e con gli agenti penitenziari, per facilitare attraverso un’attività creativa come la cucina un rapporto funzionale tra le tre parti.

Il giovedì si tratta invece il progetto “Palestra della creatività”, discutendo di possibili iniziative di prevenzione della devianza, del bullismo e della tossicodipendenza attraverso la creazione e la valorizzazione di elaborati artistici (musica, poesie, disegni, sculture). L’idea di fondo è che un ambiente dove le risorse individuali vengono accolte e coordinate per coltivare obiettivi comuni possa essere utile a prevenire il disagio e i vissuti di marginalità, che sono non di rado anticamera della devianza.

Un altro obiettivo del Gruppo della Trasgressione è favorire l’integrazione delle persone straniere in Italia: a tal proposito si è pensato di facilitare dei momenti in carcere in cui i detenuti a turno cucinino un piatto tipico del loro Paese di provenienza per offrirlo a tutte le altre persone. Questo si pensa possa facilitare i rapporti difficili che spesso si vengono a creare in carcere tra detenuti, rendendo ancora più complicato e quindi disfunzionale il periodo di detenzione.

A seguito di ogni incontro era mio compito redigere dei verbali insieme ad altri studenti tirocinanti, riportando tutto ciò che veniva trattato durante la giornata. Era richiesto inoltre ai tirocinanti di partecipare attivamente agli incontri, dando contributi e idee inerenti ai progetti in programma.

Ho avuto modo di partecipare alla preparazione e realizzazione dello spettacolo teatrale “Il mito di Sisifo” con la collaborazione di Municipio 5 di Milano. Questa rappresentazione, attraverso il mito greco, permette di trattare tematiche legate alla devianza, al delirio di onnipotenza di chi delinque, al rapporto contrastato tra genitori e figli, fino alla presa di consapevolezza da parte del detenuto del proprio percorso e dei propri errori e alla formazione del cittadino, cioè della persona interessata alla “Cosa pubblica”. Questo spettacolo permette a studenti tirocinanti, cittadini, famigliari di vittime di reato, detenuti ed ex detenuti di dialogare, confrontarsi ed interagire in maniera creativa e produttiva.

Durante il mio tirocinio ho avuto la possibilità inoltre di partecipare come membro attivo del Gruppo della Trasgressione a incontri con la comunità Oklahoma di Milano, un centro di accoglienza di giovani in messa alla prova o con problematiche famigliari, con i quali si è pensato di svolgere attività creative e azioni socialmente utili in collaborazione con Municipio 5 di Milano per prevenire la devianza ed il disagio.

 

OBIETTIVI RAGGIUNTI
Grazie a questo tirocinio ho acquisito più sicurezza in me stessa, più consapevolezza delle mie risorse e potenzialità. Ho avuto modo di aprirmi a riflessioni e punti di vista differenti, collaborando insieme agli altri membri dell’Associazione per obiettivi comuni, dando il mio contributo per idee di progetti in ambito sociale e potenziando le mie capacità di ascolto attivo, fondamentali per la professione di psicologo.

Ho imparato a riconoscere i fattori di rischio e di protezione del disagio e della devianza, ed a progettare piani di intervento e di prevenzione degli stessi. Ho conosciuto una realtà, quella carceraria, le cui problematicità riguardano tanti settori e sono ancora poco prese in considerazione dalla società: l’applicazione effettiva della funzione rieducativa della pena; il reinserimento sociale del detenuto durante e dopo la conclusione della pena; un supporto nella coltivazione di rapporti famigliari e, soprattutto, nel rapporto con i figli.

Ho conosciuto persone con vissuti differenti dal mio, che attraverso le loro parole mi hanno portato estremo arricchimento interiore, utile a livello personale e formativo per il mio futuro lavoro di psicologa. Attraverso questa esperienza ho imparato a dialogare e non solo a litigare con la mia timidezza e ho ampliato le mie conoscenze, confrontandomi costantemente su tematiche come l’importanza della figura genitoriale per un figlio, il rapporto con l’Autorità, la presa di coscienza dei possibili “strappi” subiti durante l’adolescenza e l’infanzia e la rielaborazione degli stessi, i sensi di colpa, l’importanza del riconoscimento dell’Altro, il percorso di cambiamento, di maturazione e di responsabilizzazione.

Il Gruppo della Trasgressione è uno strumento fondamentale per la società, in quanto permette un confronto sano e funzionale tra le persone favorendo l’emergere delle risorse insite in ognuno. Reputo di estrema importanza gli interventi svolti da questa Associazione all’interno ed all’esterno delle carceri in quanto permettono la prevenzione della devianza ed il recupero e la ricostruzione di un Cittadino.

Come citato dalla nostra Costituzione infatti, la funzione della pena deve essere rieducativa: questo appare in profonda contraddizione con la situazione reale delle carceri italiane e le modalità di detenzione; la chiave per il recupero di una persona, affinché una volta uscita dal carcere possa contribuire attivamente al benessere della società, non è l’emarginazione sociale ma il confronto attivo con la società civile che permetta un suo graduale reinserimento lavorativo nella società stessa attraverso il riconoscimento delle sue risorse. La ricostruzione di un cittadino è un processo lungo ma realizzabile e i cui effetti benefici si ripercuotono sul singolo, sulla sua famiglia (anche prevenendo la devianza di seconda generazione) e sulla società intera.

Poiché reputo i progetti del Gruppo della Trasgressione utili e innovativi, ho deciso di restare come membro attivo dell’Associazione.

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Le stelle amiche

Tiziana Pozzetti

Le interviste del Gruppo della Trasgressione

Esperienze che (in)Segnano

Andrea Martina Sinigaglia, Matricola: 848264
Corso di studio: Scienze e Tecniche Psicologiche
Tipo di attività: Stage esterno

Periodo: dal 5/10/2020 al 15/12/2020
Titolo del progetto: Il Gruppo della Trasgressione, Esperienze che (in)Segnano

 Caratteristiche generali dell’attività svolta:
istituzione/organizzazione o unità operativa in cui si svolge l’attività, ambito operativo, approccio teorico/pratico di riferimento

Il Gruppo della Trasgressione è una associazione che si occupa della tematica della devianza agendo sia all’interno degli istituti penitenziari che all’esterno. L’obbiettivo è quello di ideare e mettere in pratica progetti di prevenzione e contrasto alla delinquenza, ma anche quello di una ‘riabilitazione’ dei detenuti che, grazie al contatto umano e all’interscambio di emozioni ed esperienze, hanno la possibilità di interfacciarsi con una realtà extra-carceraria culturalmente e intellettualmente appagante così da costruirsi le basi per un futuro migliore. C’è tanta possibilità di crescita e di miglioramento, sia per i detenuti che per gli altri componenti del gruppo (professionisti del campo e famigliari delle vittime) ma anche, e molto, per gli studenti e tirocinanti che si affacciano a questa piccola realtà con un grande progetto, il Gruppo della Trasgressione.

Il tutto si fonda per lo più sulla partecipazione ad incontri settimanali di vario tipo. Al momento, causa pandemia, non è risultato possibile svolgere incontri all’interno delle carceri con cui il Gruppo collabora (Opera, Carcere di Bollate e San Vittore) ma si è rimediato a ciò tramite l’utilizzo della piattaforma Zoom. In particolare, gli incontri fissi svolti settimanalmente erano/sono: il Cineforum sulla Banalità e Complessità del Male il lunedì pomeriggio, il Progetto sulla Genitorialità Responsabile il martedì pomeriggio e, a settimane alterne, la Palestra della Creatività e il Mito di Sisifo il giovedì pomeriggio. Nel corso della settimana vengono poi saltuariamente svolte ulteriori attività di vario tipo legate al fatto che l’associazione è attiva sul territorio milanese e regionale e prende parte a diverse attività/progetti culturali di varia natura.

Elemento fondamentale di tutto è la comunicazione e condivisione dei propri pensieri, emozioni ed esperienze; non solo da parte dei detenuti/ex-detenuti ma anche di tutti gli altri componenti del gruppo, compresi gli studenti e tirocinanti passeggeri. È difatti richiesta e ben accolta la piena partecipazione di tutti in quanto è solo così che si può attuare, e anche solo pensare, una possibile crescita e miglioramento personale e sociale.

 

Descrizione dettagliata del tipo di ruolo e mansioni svolte

Ciò che viene chiesto, e caldamente consigliato, ai vari tirocinanti è di mettersi nel ruolo di partecipante attivo. Un vero e proprio membro che, assieme al gruppo, collabora nei vari progetti e può aiutare sia fisicamente tramite la stesura dei verbali dei vari incontri, la recitazione-improvvisazione all’interno della rappresentazione teatrale del gruppo, il Mito di Sisifo, eccetera; sia concettualmente condividendo le proprie idee, opinioni ed esperienze sulle varie tematiche affrontate dal gruppo.

La partecipazione attiva al gruppo non è una regola imposta ma una opzione alla quale si viene incoraggiati, pur nella libera scelta del singolo tirocinante. Io, per mio avviso, penso di essermi messa molto in gioco e mi sento di consigliare anche ad altri eventuali stagisti di fare lo stesso in quanto non comporta null’altro che un beneficio umano e professionale. Il gruppo nella sua totalità è in grado di metterti in contatto con te stesso come persona con le proprie fragilità e punti di forza e metterti anche in contatto con gli altri così da aiutarsi reciprocamente ed evolvere insieme.

Il ruolo che ho svolto è quindi quello di membro del gruppo e per il gruppo: partecipando attivamente agli incontri, contribuendo alla stesura dei verbali degli incontri, lavorando in gruppo per la realizzazione di alcune interviste, recitando-improvvisando per la rappresentazione teatrale ed infine contribuendo scrivendo e leggendo un testo personale per il progetto sulla violenza contro le donne in cui il gruppo è stato coinvolto.


Attività concrete/metodi/strumenti adottati

Le attività concrete svolte dal/con il Gruppo della Trasgressione riguardano in primis la partecipazione agli incontri settimanali fissi, già precedentemente citati. In particolare, il lunedì pomeriggio si svolge il cineforum sulla Banalità e Complessità del Male. Questo è un progetto che consiste nella scelta e visione di alcuni film inerenti alle tematiche della devianza, del male e della fragilità umana e successiva discussione degli stessi tramite dibattito. Il periodo socialmente difficile che stiamo vivendo a causa della pandemia ha costretto allo svolgimento degli incontri settimanali in versione online, tramite la piattaforma Zoom. Vi è quindi un incontro in cui solitamente una ventina di persone si interrogano sul film visto cercando delle corrispondenze tra quest’ultimo è il tema principe del progetto che è la complessità e banalità del male.

Importante sottolineare come il titolo del cineforum viene estrapolato dall’omonimo libro di Hannah Arendt in cui con il termine ‘banalità’ non ci si riferisce al significato enciclopedico più conosciuto di superficiale, semplice, eccetera; ma si vuole invece far riferimento alla capacità del Male di essere così pervasivo e insidioso che, come una erbaccia infestante, si fa largo nella quotidianità di ognuno di noi.

Il progetto prevede la possibilità di condividere gli incontri e ciò che ne viene estrapolato con gli studenti delle scuole così da poter essere strumento di dialogo, riflessione e prevenzione nei giovani, motori della futura società. Nel mio percorso di tirocinio ci sono stati 3 incontri che hanno visto coinvolti gli studenti del liceo artistico di Brera – Milano e, in uno di essi ha partecipato anche il regista del film scelto. Ritengo che per i ragazzi coinvolti possa essere un progetto molto interessante anche perché si fonda su due strumenti (il cinema e la tecnologia) entrambi a loro molto congeniali e ne evidenzia le possibilità di utilizzo e crescita.

Il secondo incontro settimanale fisso riguarda invece un progetto nuovo intitolato ‘Genitorialità responsabile’. Quest’ultimo si basa sul fatto che spesso il rapporto tra figli e genitori detenuti incontra molte difficoltà, in primis date le limitazioni spazio-temporali legate all’ambiente carcerario e strutturazione dei colloqui con i figli e, in secondo luogo, perché capita spesso che i figli di detenuti sviluppino un senso di odio e rancore verso le autorità penitenziarie, e non, e le istituzioni. È un progetto volto a sfruttare la condivisione di proposte ed esperienze personali al fine di trovare metodi per creare una migliore possibilità di rapporto genitoriale nelle carceri e per prevenire l’eventuale devianza dei figli di detenuti.

C’è infine l’incontro del giovedì pomeriggio dove vengono alternati due progetti: il Mito di Sisifo e la Palestra della creatività. Quest’ultima si pone come obbiettivo quello di confrontarsi su varie tematiche e dinamiche organizzative di gruppo per poter ideare nuovi progetti o eventualmente migliorarne di già avviati. Il Mito di Sisifo è invece una rappresentazione teatrale del Gruppo della Trasgressione. Nasce dall’idea che il mito greco di riferimento possa essere una buona rappresentazione del percorso di un adolescente, che commette prima atti delinquenziali e che poi intraprende un percorso che lo metterà di fronte alla propria coscienza e gli permetterà di ritornare un uomo nuovo e utile alla società.

Il mito permette di affrontare molteplici tematiche care al gruppo quali: l’arroganza dell’uomo, il conflitto con le figure autoritarie e genitoriali, la necessità dei genitori di essere figure credibili agli occhi dei figli, la seduzione e tentazione del male, il bisogno degli adolescenti di credere in un progetto futuro, eccetera. Il tutto si svolge attraverso la recitazione improvvisata dei vari membri del gruppo che, dopo aver conosciuto la narrazione del mito e compreso i concetti principali che devono trapelare all’interno del recitato, si immedesimano in un personaggio ed improvvisano dei dialoghi. Il fatto stesso di recitare una parte permette all’attore del momento e agli ascoltatori di comprendere e riflettere sulle tematiche prima evidenziate.


Presenza di un coordinatore/supervisore e modalità di verifica/valutazione delle attività svolte

Il coordinatore del Gruppo è il dottor Angelo Aparo che è la figura principale di riferimento per ciascun membro del gruppo. È per i detenuti colui che gli tende la mano e offre la possibilità di mettersi allo specchio e riflettere su sé stessi, ma anche mettersi di fronte agli altri e affrontare il proprio passato. Per gli studenti e tirocinanti è colui che coordina gli interventi all’interno degli incontri, che ci spinge alla partecipazione attiva e che nei suoi interventi condivide le sue conoscenze ed esperienze sulla psiche umana. In generale, il dottor Aparo è il collante del gruppo senza cui non sarebbero mai stati possibili tutti i progetti e interventi sociali avviati.

La modalità di verifica delle attività svolte si basa per lo più sulla partecipazione del tirocinante all’interno degli incontri del gruppo e sulla stesura dei verbali degli incontri che vengono condivisi in una cartella drive e controllati dal coordinatore.


Conoscenze acquisite (generali, professionali, di processo, organizzative)

Tra le conoscenze acquisite all’interno di questo percorso di stage vi sono in primis quelle relative al contesto fisico carcerario e le dinamiche psicologiche e sociali che avvengono al suo interno. Su questo tema, all’interno del Gruppo, ne discorrono per lo più i detenuti/ex-detenuti portando al centro della discussione le proprie esperienze personali. Interventi di questa tipologia inoltre vengono spesso stimolati e intavolati dalle curiosità dei tirocinanti. A me in primis è capitato più di una volta di chiedere quali dinamiche si istaurassero nei rapporti tra i detenuti dopo che uno di essi entrava a far parte di una realtà come il Gruppo della Trasgressione.

Il dottor Aparo stesso è stata un’immensa fonte di conoscenza perché in ogni suo intervento inserisce nozioni e concetti psicologici su varie tematiche. Anche nella stesura dei verbali mi sono spesso resa conto che la trascrizione dei suoi interventi risultava un passo fondamentale. Ha la grande abilità di saper mettere la propria esperienza e conoscenza al servizio degli altri o, per meglio dire, al servizio di chi vuole e agisce per usufruirne.

Oltre a tutte le conoscenze generali e professionali strettamente legate al lavoro dello psicologo nelle carceri e nel sociale, ritengo di aver appreso anche moltissime conoscenze sulle dinamiche di gruppo, l’organizzazione che un gruppo può e dovrebbe avere, l’eventuale struttura gerarchica, il rispetto che ci deve essere all’interno di un gruppo e anche la forza della condivisione e collaborazione per un progetto comune.


Abilita acquisite (tecniche, operative, trasversali)

La principale abilità che ritengo di aver acquisito, non ancora del tutto, da questo percorso è quella di saper interloquire con gli altri e mettersi in gioco portando al centro dell’attenzione e della discussione sé stesso con le proprie opinioni, esperienze, proposte. Come già detto, il Gruppo sprona alla partecipazione e, se questa occasione viene colta, ciò permette al tirocinante di imparare a mettersi in discussione e magari acquisire anche maggiore sicurezza in sé stesso. Si impara in primis a parlare in pubblico con persone che non ti conoscono e che tu non conosci, fattore non scontato, e a condividere con loro in modo chiaro i propri vissuti e credenze personali.

Altro pacchetto di abilità che mi sento di aver acquisito grazie a questa esperienza riguarda tutto ciò che ha a che fare con le dinamiche e la vita di un gruppo. I gruppi richiedono dei modi di confrontarsi e relazionarsi con gli altri e di rispettare le persone che ne fanno parte e i ruoli che ricoprono. Saper lavorare in gruppo è un’abilità molto importante sia in ambito professionale che di vita sociale in generale. Altra abilità fondamentale nel lavoro di gruppo e negli incontri con il Gruppo è stata la capacità di ascolto attivo.

Non mi sento però di aver acquisito abilità complete in quanto c’è sempre da migliorare e da poter imparare ed è anche per questo che ho deciso di rimanere all’interno del Gruppo anche una volta terminato il mio percorso di tirocinio.


Caratteristiche personali sviluppate

Il Gruppo della Trasgressione ha la capacità di metterti di fronte a te stesso; grazie al Gruppo impari a conoscerti con le tue debolezze, fragilità e punti di forza e impari a conoscerti anche in relazione agli altri. Non sei da solo, sei circondato da persone che ti accolgono e si rendono disponibili a prenderti per mano e accompagnarti in una tua crescita professionale e umana. Soprattutto per i giovani penso che il gruppo abbia una potenzialità enorme sotto questo aspetto.

Penso di aver imparato una cosa molto importante dal Gruppo: non c’è bisogno di fare tutto da soli e non è sbagliato chiedere aiuto agli altri. Sono sempre stata molto reticente nell’affidarmi al prossimo in quanto spesso i risultati ottenuti sono stati il fatto che mi venissero rinfacciate determinate situazioni piuttosto che il rifiuto aperto. Ho però capito che il problema non risiede nell’affidarsi al prossimo e credere in lui ma piuttosto nello scegliere adeguatamente la persona/persone e ciò per cui chiedere aiuto. Il Gruppo è un’entità completa che si rende disponibile ad accogliere le richieste di aiuto dei suoi membri, anche le richieste non esplicite o che magari la persona in questione non sa nemmeno di avere. Ma il Gruppo c’è, sempre e incondizionatamente.


Altre eventuali considerazioni personali

Il Gruppo della Trasgressione è possibilità. Possibilità di crescita, cambiamento e maturazione. Non solo per i detenuti/ex-detenuti ma per chiunque ne entri a far parte.

La cosa più bella è che spesso gli studenti e tirocinanti iniziano questo percorso con l’idea di dover aiutare gli altri, del resto il progetto lavorativo legato alla psicologia si fonda spesso sul lavoro per il prossimo. Questo Gruppo però ti mostra come spesso sono gli altri ad aiutare te, anche quando questo aiuto non lo stai cercando.

Per concludere è stata un’esperienza molto bella e stimolante che mi sento di consigliare caldamente a chiunque stia cercando un percorso di tirocinio.

 

Sisifo al Teatro Asteria

IL MITO DI SISIFO
con nuovi personaggi e nuovi interpreti
In collaborazione e col sostegno di Municipio 5

Il video integrale

Intervista con Max Rigano

Conversazione con un giornalista libero dalla compulsione
di dover vendere eccitazione a tutti i costi e a basso prezzo

1. Che cos’è il gruppo della trasgressione?
Un laboratorio di ricerca sulle condizioni soggettive e ambientali che portano un ragazzo a negare la propria e altrui fragilità, a diventare sempre più sordo alla voce dell’altro e a inquadrare come obiettivi della propria vita ricchezza e potere invece che conoscenza e nobiltà. Ma il gruppo è anche un laboratorio dove detenuti, studenti universitari e familiari di vittime di reato si sollecitano vicendevolmente a superare la sordità e a recuperare frammenti di coscienza di sé e dell’altro. Quando le cose funzionano, tale attività permette di vivere nuove alleanze e di uscire dalle paludi morali e psicologiche nelle quali a volte si finisce.

2. In che modo questo processo di autocoscienza smuove la psicologia dei detenuti arrivando a cambiarli?
Uno dei processi che avvengono quando si frequenta il gruppo per anni è l’investimento sulla propria curiosità e il piacere di scoprire che si possono utilizzare risorse personali cui prima non si faceva caso. In ognuno di noi ci sono parti della mente che somigliano a un pianoforte di cui non ci siamo mai accorti o sul quale non avevamo mai avuto il coraggio di mettere le mani. Al gruppo della trasgressione le persone (detenuti, studenti, familiari di vittime) prendono confidenza con lo straniero e, gradualmente, sviluppano una lingua e delle procedure che permettono di giocare lo stesso gioco e di prenderci gusto, cioè di vivere il piacere di allargare i confini della coscienza e della conoscenza.

3. Come hai conosciuto Giacinto Siciliano e quando hai capito di poter cominciare questo percorso con i detenuti?
Ci siamo conosciuti nel 2007, poco prima di portare anche a Opera e a Bollate il gruppo della trasgressione, fino a quel momento attivo solo a San Vittore. I detenuti che frequentavano il gruppo a San Vittore (carcere che ospita chi non ha ancora ottenuto la condanna definitiva) chiedevano di poterne far parte anche dopo il trasferimento in altre carceri. Con il provveditore regionale di allora, Luigi Pagano, con il direttore di Opera, Giacinto Siciliano, e con la direttrice di Bollate, Lucia Castellano, abbiamo quindi concordato di far partire il gruppo anche negli istituti di Opera e Bollate.

4. Cosa significa cambiare un uomo? Come avviene il cambiamento?
Il cambiamento suscita sempre delle resistenze. Se poi una persona deve cambiare nella direzione predefinita e dettata da un’altra, allora il cambiamento viene vissuto come una minaccia alla propria identità e la resistenza aumenta. Ciò detto, Il cambiamento meglio accetto, più significativo e duraturo è quello che avviene senza che la persona si accorga di cambiare e, soprattutto, senza che un agente esterno imponga di cambiare. Il cambiamento, dunque, avviene intanto che si gioca, si lavora, si progetta insieme. Quando si hanno obiettivi comuni, ciascuno mette in campo risorse utili al raggiungimento dell’obiettivo. Gli obiettivi che si coltivano al gruppo della trasgressione fanno sì che autori e vittime di reato, studenti e comuni cittadini investano parte delle proprie risorse e delle proprie energie per raggiungere lo stesso scopo: oggi prendere lo straccio e il detersivo per pulire la sede che abbiamo appena aperto, domani andare in una scuola dove detenuti e studenti insieme mettono in scena il mito di Sisifo per poi stimolare gli studenti a riflettere sui tanti possibili percorsi della fragilità, dell’arroganza e della coscienza.

5. Essere uno psicologo ti mette a confronto anche con le tue parti più profonde, con la tua affettività o con la tua aggressività: come le gestisci quando vengono sollecitate nel lavoro di gruppo?
Mi sono allenato negli anni a far diventare la mia aggressività un gioco, un esercizio per riformulare i termini della relazione fra lo psicologo e il detenuto. Negli anni, l’affetto che cresce col tempo fra me e i detenuti e la mia stessa aggressività sono diventate risorse per riformulare i criteri delle gerarchie e rendere tangibile che il potere più duraturo e gratificante viene dalla capacità di aiutare l’altro a crescere e a migliorarsi. Quando ho bisogno di affermare la mia forza e il mio legame con loro mi metto a parlare di cose complicate e un po’ disorientanti. Per esempio, li rimbambisco sostenendo che il delinquente è una persona che ha bisogno di ripristinare una giustizia violata, ma non avendo strumenti adatti per farlo, si serve della pistola. In questo modo, spesso riesco a convincerli che loro hanno bisogno di me per capire meglio quale giustizia cercavano quando usavano la pistola o la cocaina.

6. Ho fatto la stessa domanda a Giacinto Siciliano: che significa essere un uomo?
Cercare, evolversi, contribuire all’evoluzione della specie e della realtà in generale. La velocità con cui la specie umana è cambiata e ha prodotto cambiamenti nell’ambiente non ha paragoni con quello che possono fare gli altri animali. Essere uomo per me vuol dire coltivare il piacere di conoscere e di evolversi, utilizzando i percorsi degli altri uomini per migliorare il proprio e viceversa.

7. Rifaresti tutto quello che hai fatto?
Nei fatti sto continuando a farlo. Saranno poi gli altri a decifrare se l’ho fatto perché ostinato come un mulo o perché ne valeva la pena. Dopo tanti anni di impegno, oggi vedo crescere il numero e la portata delle iniziative e delle collaborazioni fra il gruppo della trasgressione e la realtà istituzionale e questo mi fa pensare di poter fare ancora strada verso l’obiettivo con cui sono partito quando ho aperto il gruppo 23 anni fa, cioè contribuire a una cultura della pena che abbia come unico scopo l’evoluzione della persona condannata e delle istituzioni che se ne occupano. Non ci sono infatti pene afflittive, retributive o riparative che, di per sé e senza un progetto oltre la pena, permettano alla collettività di ottenere gli stessi vantaggi che vengono raggiunti con l’evoluzione psichica e morale di chi ha abusato del proprio potere sull’altro. Evolversi è una necessità per l’uomo e un dovere per ogni cittadino e per ogni collettività. La pena, dal mio punto di vista, deve consistere solo nel costringere la persona ad evolversi, ricordando che la sola evoluzione possibile avviene quando non ci si sente costretti a cambiare.

Interviste: Giacinto SicilianoAngelo Aparo

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Il nostro Mito di Sisifo

Dalla complessità del male alla banalità del male;
dal delirio di onnipotenza alla presa di coscienza.

Il nostro Sisifo tratta temi ricorrenti nelle nostre vite da delinquenti, ma che si ritrovano anche in altre vite, non solo nelle nostre. Ma forse dovrei iniziare parlando di Sisifo e raccontarvi il suo mito…

Ci troviamo nella città di Corinto, in Grecia, dove il re Sisifo viene pressato dai suoi cittadini che protestano per la mancanza di acqua. Durante una delle sue passeggiate, egli assiste per caso a una scena i cui protagonisti sono Giove, massima divinità dell’Olimpo, ed Egina, figlia del dio delle acque fluviali Asopo. La giovane è appena uscita da una lite con il padre, assente e autoritario; la ragazza, arrabbiata e sfiduciata, scappa di casa e incontra Giove, il quale non si lascia sfuggire l’occasione di sedurla, promettendole vita facile fra le stanze dorate dell’Olimpo.

Prima i conflitti fra Asopo ed Egina e, subito dopo, la scena della seduzione mettono in evidenza l’importanza del rapporto genitori-figli e le possibili conseguenze sull’adolescente. L’adulto, che dovrebbe trasmettere valori positivi ed essere una guida per i ragazzi, viene invece vissuto come poco credibile e per nulla rispettabile. L’adolescente, non sentendosi accudito e sostenuto dalla famiglia, si lascia sedurre dalla mira del potere e dei soldi facili o, come diciamo noi, dal virus delle gioie corte, quando invece avrebbe bisogno dell’adulto per comprendere le proprie fragilità.

Sisifo, che ha osservato la scena di nascosto, incontra subito dopo Asopo in cerca della figlia e dopo una serie di reciproche accuse gli propone un compromesso: in cambio dell’acqua per il suo popolo, egli dirà al dio dell’acqua che la figlia Egina è stata portata via da Giove.

Tutto il dialogo è caratterizzato da un gioco di ruoli tra i due personaggi: Sisifo, travolto dalla rabbia per la trascuratezza di Asopo verso i cittadini di Corinto, ma anche dalla voglia di rivalsa e dalla sua stessa arroganza, cade in balìa del delirio di onnipotenza, supera i limiti arrivando a far inginocchiare la divinità ai suoi piedi, che per il bene della figlia si adeguerà alla richiesta dell’uomo.

Questa scelta è inconsciamente dettata da quello che è, come raccontano molti miti, il sogno di ogni uomo ed è, di sicuro, il delirio mai addomesticato di Sisifo: vivere senza limiti, raggiungere l’immortalità, poter decidere, come un dio, della vita e della morte degli uomini

Asopo viene indirizzato verso Giove il quale, accogliendolo con sufficienza, si inalbera quando viene a conoscenza dell’accaduto e decide, visti i problemi che Sisifo sta causando, di farlo uccidere.

Giove interpella il fratello Ade, dio degli inferi, che a sua volta, seppur titubante, si rivolge al suo braccio destro: Thanatos, il dio della morte, al quale comanda di portare Sisifo agli Inferi.

Viene quindi azionata quella che la celebre Hannah Arendt definisce “Catena di Comando”, basata sull’individuo che, succube della società, annulla la propria coscienza morale ed esegue quasi meccanicamente ciò che gli viene comandato.

La vita di Sisifo è ora nelle mani di Thanatos, che ha il compito di ucciderlo, ma che viene tuttavia ingannato e immobilizzato grazie alla furbizia con cui Sisifo circuisce e ubriaca il sicario.

Ma con Thanatos impossibilitato a svolgere il proprio compito, sulla terra non muore più nessuno; chiunque adesso diviene immortale! Giove viene immediatamente avvisato da Marte della gravità della situazione e, dopo una rapida consultazione fra i due, sarà lo stesso Marte a riprendere Sisifo e a portarlo da Giove.

A questo punto Giove, finalmente con Sisifo in suo potere, condanna l’astuto re di Corinto a spingere per l’eternità un masso su una montagna alta e scoscesa, che ricadrà giù ogni volta che arriverà in cima.

Così come avviene nei gironi infernali della “Divina Commedia”, dove le pene che affliggono i dannati dell’Inferno sono assegnate in base alle colpe commesse in vita, anche nel caso di Sisifo, la corrispondenza tra colpe e pene, fra peccato e punizione, pare essere regolata dalla legge del contrappasso: Sisifo, bramoso del potere di chi non muore mai, viene condannato a vivere in eterno una pena senza senso e senza fine.

Ma paradossalmente, quella che sembrava essere la fine della storia, prelude invece a un nuovo e inaspettato inizio: Sisifo, costretto a convivere con questa pena, inizia a dialogare con il masso (che nel nostro lavoro rappresenta la coscienza lasciata a tacere per lungo tempo). La comunicazione tra i due condurrà verso la crescita della coscienza di Sisifo e alla comprensione degli errori commessi.

La presa di coscienza costituisce il passo fondamentale affinché lo sbaglio non si ripeta. Ogni essere umano, infatti, ha la spinta a ripetere situazioni e/o azioni dolorose fino a quando non ne comprende il senso.

Museo di Addis Abeba

Così come avviene tra Sisifo ed il masso, al Gruppo della Trasgressione il detenuto all’interno viene guidato ad interrogarsi sempre e questo conduce all’evoluzione e al conseguente sviluppo della coscienza. Questo processo introspettivo, che a volte somiglia alla “maieutica” di Socrate, porta il soggetto a dar luce a verità interne, del tutto trascurate all’epoca dei reati, e questo renderà gradualmente più leggero il masso, il peso della pena.

Quando si fanno le scelte sbagliate le conseguenze sono inevitabili, questo un detenuto lo sa bene. Frequentare il gruppo comporta un lungo percorso alla scoperta di tematiche molto complesse e importanti, quali: il potere, il delirio di onnipotenza, i limiti umani, la banalità e la complessità del male, l’arroganza e tante altre. I continui reati, governati dall’arroganza, fanno perdere il senso e la misura di ciò che si sta compiendo e allontanano sempre di più dall’altro.

Via via che si pratica il male, si produce un’assuefazione, ci si abitua ed è proprio quando il male diventa abitudine che diviene pericoloso perché non viene riconosciuto come tale. Si assiste quindi al passaggio dalla complessità alla banalità del male.

Approfondendo il mito di Sisifo e conoscendo il personaggio che io stesso ho interpretato diverse volte, ho riscontrato molte affinità caratteriali e comportamentali, che mi hanno portato a riflettere.

Parlando di scelte, spesso non ci rendiamo conto di quanto esse siano importanti, partendo da quelle più piccole, le cosiddette micro-scelte, apparentemente insignificanti ma che conducono verso le macro-scelte, che apportano profondi cambiamenti nelle nostre vite. Possono essere positive o negative e conducono a strade diverse. Esse definiscono in parte chi siamo, ma soprattutto cosa stiamo cercando. Proprio come Sisifo, molti di noi si sono fatti guidare dal proprio delirio di onnipotenza oltre i limiti consentiti, dimenticando la complessità dell’impasto che porta ciascuno a praticare il male, fino ad assuefarsi al suo esercizio quotidiano e ad anestetizzare la propria coscienza.

Passando attraverso l’illegalità, si entra in contatto con realtà difficili, fatte non solo di soldi sporchi e violenza, ma anche di povertà e costrizioni, circoli viziosi in cui si entra con relativa facilità e da cui poi difficilmente si riesce a venir fuori. Ciò comporta l’annullamento della coscienza, proprio come è successo al protagonista del nostro mito e da questo seguono comportamenti messi in atto per il gusto di sentirsi potenti e invincibili.

Tuttavia, prima o poi bisogna necessariamente fare i conti con i propri errori, poiché si arriva inevitabilmente al capolinea e sopraggiungono le conseguenze delle scelte fatte precedentemente.

A questo punto, sono possibili due opzioni:

  • la prima è quella di coloro che, nonostante gli sbagli commessi, continuano a non rendersi conto del male causato e, imperterriti, non appena se ne dà l’occasione, imboccheranno nuovamente le strade della criminalità, senza alcuna presa di coscienza;
  • la seconda riguarda coloro i quali, trovandosi di fronte al grande masso con cui scontare la propria pena e, seppur consapevoli di poter fare ben poco per rimediare agli errori commessi, decidono, come il re di Corinto, di intraprendere un dialogo con la propria coscienza, cercano di ricostruire la  propria storia, di conoscere le motivazioni che avevano indotto alle scelte fatte e di ridare vita ai valori messi a tacere già nei primi anni dell’adolescenza.

Il cambiamento è possibile e le Istituzioni svolgono un ruolo fondamentale insieme a tutti coloro che hanno a che fare con i tribunali e i luoghi di detenzione. Tuttavia è proprio il detenuto a dover compiere dei passi in avanti, che daranno poi il via a tutto il resto.

L’obiettivo del gruppo è l’evoluzione dei detenuti e per questo è necessario che ognuno di noi abbia dei punti di riferimento, “un posto sicuro”, delle certezze e buone relazioni: questo è ciò che con l’Associazione e con la Cooperativa Trasgressione.net si cerca di fare all’interno e fuori dal carcere. Si promuove la cultura, il lavoro, la comunicazione, si torna indietro, nel passato, al male per raggiungere le emozioni dell’epoca perché si ha bisogno di “sentire”, di immergersi nelle proprie emozioni e riviverle per potersi guardare dentro con persone che ti accompagnano nella tua evoluzione.

Marcello Portaro, Katia Mazzotta e Angelo Aparo

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Il cineforum su “La banalità e la complessità del male”