Rami e radici del Gruppo Trsg

Il Gruppo della Trasgressione è una realtà che ha radici nel quarantennale lavoro del Dottor Angelo Aparo e rami nei molteplici progetti che da decenni vengono proposti su tutto il territorio di Milano e, da poco, anche di Monza..

L’energia che nutre questo gruppo di collaboratori, volontari, cittadini, detenuti, persone che hanno completato la detenzione, studenti e tirocinanti – per quello che io ho intimamente sentito nella mia esperienza personale – sgorga dalla visione di un mondo in cui la trasgressione, da semplice agito individuale, diventa oggetto di riflessione collettiva e carburante per procedere verso mete condivise.

Tre sono i rami su cui ho avuto modo di arrampicarmi per vedere la strada che si sta costruendo verso questa visione: il lavoro in carcere, il lavoro a scuola e il lavoro di coordinamento del gruppo e di confronto tra i membri. Oltre a concerti, conferenze e iniziative in collaborazione con gli enti del territorio.

Lavorare sulla trasgressione risponde quindi allo scopo di intervenire fattivamente:

  • sulla prevenzione della devianza – con il lavoro con i bambini e i ragazzi;
  • sulla rieducazione del detenuto in carcere;
  • sul supporto delle persone di nuovo libere al mantenimento dello status riacquisito;
  • sulla formazione degli studenti in tirocinio.

Se la prevenzione della devianza è un’attività relativamente facile da immaginare anche senza esperienza diretta, la rieducazione e il supporto per chi ha vissuto la detenzione non sono assolutamente un’attività banale.

La mia esperienza in carcere è iniziata a ottobre presso la casa circondariale di San Vittore con gli incontri settimanali “Un amico controcorrente”, rivolti ai detenuti e partecipati dai membri esterni del gruppo.
Gli incontri non hanno una partecipazione del tutto stabile, data dalla natura stessa del tipo di detenzione prevista dall’istituto, e le modalità di relazione tra i partecipanti sono dinamiche: letture degli scritti autografi dei detenuti, interpretazione di brevi “scenette” costruite sulla base di idee nate da temi lanciati dal Dottor Aparo, discussioni su questi stessi temi e condivisione di riflessioni personali sul proprio passato, sul presente o sul futuro, fino al commento su canzoni di Fabrizio De André.

Durante gli incontri cui ho partecipato ci sono state molte discussioni in particolare sulla paternità, sul rancore e sul timore per l’avvicinarsi della vita da persona libera.

Ho avuto modo di ascoltare tante storie personali: padri che soffrivano della lontananza dai figli o che riflettevano sulle proprie competenze educative e quindi anche su quelle dimostrate dai loro stessi genitori; ho ascoltato uomini che avevano paura di loro stessi, perché in carcere avevano avuto modo di scoprire che la loro libertà poteva rappresentare un pericolo per la società. Storie di violenza fisica ed emotiva, di infanzie danneggiate da chi le doveva proteggere, di carenze educative, di dipendenze e di fragilità che hanno concesso al rancore e all’arroganza di prendere il sopravvento.

Nell’ultimo incontro a cui ho partecipato prima di scrivere questa relazione, il Dottor Aparo ha invitato me e tutte le altre colleghe presenti a condividere il nostro pensiero col gruppo, ma devo essere sincera: sono stata molto felice che un detenuto avesse voglia di prendere la parola al posto mio, perché non avrei avuto le parole.

Cosa posso dire io a queste persone? Come posso parlare io a loro se non dall’alto dei miei “successi”? Della mia vita adeguata, della mia famiglia adeguata, del mio matrimonio adeguato… Mi sono sentita inutile, frivola e privilegiata.

Ho cercato per tutta la settimana di dare un senso alla mia presenza e alla responsabilità che sentivo a riguardo. Ho provato allora a dare una possibilità al fatto che non è egoicamente la mia presenza a dare un senso al gruppo, ma il gruppo a dare un senso alla mia presenza. Non sono le mie parole ad avere rilevanza, ma sono le parole di tutti che insieme creano qualcosa che ha senso ascoltare. Il gruppo è tale se avviene “insieme” e quando siamo insieme possiamo contemporaneamente prendere e dare, nutrire e essere nutriti, come cellule di un unico organismo.

In questa riflessione ho anche trovato il senso del modo che ha il gruppo di presentare sé stesso: come un insieme di pari, senza distinzioni di dentro o fuori dal carcere, con o senza la laurea, giovani o vecchi, cittadini o detenuti.

Ed è proprio in questo cammino condiviso, fatto di ascolto, confronto e crescita reciproca, che il Gruppo della Trasgressione trova la sua forza più autentica: non nel raggiungimento immediato della meta, ma nella costruzione collettiva di un percorso che dia valore a ogni passo e a ogni voce, rendendo ciascuno parte rilevante del cambiamento.

Scrivo questa relazione in un momento di grande gioia: ho partecipato a una riunione del gruppo in cui per la prima volta ho visto fuori dal carcere una persona che ho conosciuto mentre era detenuta a San Vittore. C’è vita, c’è speranza.

Neva Ganzerla

Relazioni di tirocinio

Un gruppo per rielaborare e partecipare

Durante il mio tirocinio col Gruppo della Trasgressione ho avuto l’opportunità di acquisire competenze e conoscenze che vanno ben oltre quanto immaginavo. Ho imparato a comprendere più a fondo la complessità dell’animo umano, in particolare attraverso l’ascolto e l’osservazione delle dinamiche che emergono nel confronto tra persone con vissuti diversi. Lavorando a fianco di chi ha commesso reati, delle loro vittime e di professionisti, ho appreso quanto sia importante affrontare il passato per rielaborarlo in un’ottica di crescita personale e collettiva.

Ho imparato a riconoscere l’importanza della comunicazione autentica, che si manifesta nel saper ascoltare, nel valorizzare le storie degli altri e nell’individuare punti di incontro anche tra prospettive apparentemente differenti. Ho capito che il cambiamento, personale e sociale richiede tempo, pazienza e un lavoro costante, ma è possibile quando esiste un dialogo sincero e costruttivo.

Nel corso del tirocinio ho percepito il gruppo non solo come un insieme di persone che collaborano verso un obbiettivo comune, ma come una vera e propria famiglia. La fiducia reciproca, il rispetto e il sostegno sono stati i pilastri che hanno reso ogni incontro un momento significativo e arricchente. In questa famiglia ognuno ha un ruolo unico e al servizio degli altri: chi porta il peso del proprio passato trova spazio per rielaborarlo; chi ascolta impara a mettersi nei panni dell’altro; chi facilita il dialogo offre strumenti per la costruzione di una nuova consapevolezza.

Mi sono sentita accolta, nonostante le diverse esperienze e prospettive. Questo senso di appartenenza mi ha insegnato quanto sia fondamentale sentirsi parte di qualcosa di più grande per crescere come individui.

Sul piano personale, questo tirocinio mi ha aiutata a sviluppare una maggiore empatia e una profonda sensibilità verso le storie di vita degli altri. Ho imparato a guardare oltre i pregiudizi, a riconoscere la complessità delle scelte e delle circostanze che modellano il comportamento umano. Questi strumenti mi hanno reso più consapevole di me stessa e delle mie emozioni, favorendo un percorso di crescita personale che porterò con me anche al di fuori del contesto lavorativo.

Dal punto di vista professionale, il Gruppo della Trasgressione mi ha dato l’opportunità di acquisire competenze fondamentali per il mio futuro. Ho potuto osservare come il lavoro di gruppo possa essere un potente strumento di cambiamento e riabilitazione. L’esperienza mi ha permesso di rafforzare le mie abilità nel lavorare in team e di comprendere l’importanza di un approccio interdisciplinare nella risoluzione di problemi complessi.

Questo tirocinio non è stato solo un’opportunità di formazione, ma un’esperienza di vita che ha lasciato un segno profondo. Il Gruppo della Trasgressione mi ha insegnato che il cambiamento è possibile attraverso il confronto, la riflessione e l’impegno condiviso.

Porterò con me tutto ciò che ho appreso, con gratitudine verso chi mi ha guidata e ispirata in questo percorso.

Erika Rosavalle

Relazioni di tirocinio

La rivoluzione non violenta del Gruppo della Trasgressione

RELAZIONE FINALE TIROCINIO POST LAUREAM IN PSICOLOGIA

L’essere umano è l’autore del reato ma non è il proprietario della decisione che lo ha portato a commetterlo, lo è lo stato d’animo che abitava la ‘camera pensante’ al momento dell’abuso. Chi uccide non decide di uccidere. Alla persona detenuta serve individuare cosa ha preso forma nella sua mente, ne ha bisogno per tornare a ‘vivere’ nella Società. A me importa conoscere cosa è successo all’uomo nel momento in cui ha commesso il reato, mi interessa capire da dove nasce il dolore del criminale” (Aparo, Opera, 2023).

Premessa
La scelta di svolgere il mio tirocinio post lauream di Psicologia presso le carceri milanesi di Milano-Opera, Milano-San Vittore e Milano-Bollate scaturisce dal bisogno di rintracciare e comprendere i fattori che contribuiscono a fare scivolare l’uomo verso la condotta deviante e verso la mediocrità in genere.

Presentazione dell’Associazione Trasgressione.net
Il Gruppo della Trasgressione nasce in carcere e più precisamente nella Casa Circondariale di San Vittore nel 1997 per iniziativa dello Psicoterapeuta Dottor Angelo Aparo. Inizialmente composto solo da detenuti (i “trasgressori”), nel tempo apre le porte agli studenti di Psicologia, Giurisprudenza, Filosofia, a Docenti di Letteratura, a Storici d’arte e ad altre personalità di spicco del mondo culturale, giudiziario, a liberi cittadini e a famigliari di vittime di reato (Approfondimenti: www.vocidalponte.it – www.trasgressione.net – cooperativa sociale trasgressione.net – associazione trasgressione.net – FB Gruppo della Trasgressione – Trasgressione.net – IG Gruppo.trasgressione).

Attività del Gruppo, metodo d’intervento, strumenti
Il Gruppo della Trasgressione è un laboratorio di ricerca in cui si discute, si svolge un’attività di terapia di gruppo e di autoanalisi. L’attività psicologica consiste nel far emergere le emozioni e la coscienza del detenuto per motivarlo a intraprendere il processo di cambiamento che lo porrà via via dinnanzi alle sue responsabilità e alle conseguenze delle sue azioni. I componenti del Gruppo della Trasgressione ragionano attorno ad un tavolo su una grande quantità di argomenti. Il nucleo tematico principale è costituito dai percorsi attraverso i quali si giunge alla condotta deviante. Si conduce un’indagine sui fattori soggettivi e ambientali che inducono la persona a commettere l’abuso. In particolare, si cerca di conoscere, attraverso le testimonianze dei detenuti, quali atmosfere emotive “autorizzano”, nel vissuto del soggetto, l’azione deviante. Durante gli incontri ho avuto modo di osservare le trasformazioni emotive del detenuto e allo stesso tempo i cambiamenti che si producevano su di me e sul mio modo di considerarlo: per me è stata l’occasione di vedere l’uomo aldilà del criminale. L’attività del Gruppo, nella quale sono riconoscibili benefici risvolti terapeutici, conduce il detenuto a prendere gradualmente contatto con i propri errori e con le proprie fragilità.

Il lavoro del Professore Aparo consiste nell’offrire un sostegno al percorso psicologico della persona detenuta, è un tentativo di valorizzare quello che le persone hanno dentro, le loro potenzialità, affinché i detenuti riconoscano e prendano fiducia nelle risorse personali che in passato avevano usato poco o avevano messo da parte, come le emozioni e la capacità di ascoltare se stessi. Si coinvolge la persona in iniziative che alimentano un processo d’introspezione e la riscoperta degli aspetti più profondi dell’essere e, tutti insieme, si procede alla ricerca della “coscienza”. Si studia la devianza con il detenuto e ci si ascolta l’un l’altro, pratica favorita anche dall’eterogeneità delle persone che partecipano in modo attivo al Gruppo. In questo modo si punta ad allargare i confini di un Ideale dell’io prima coartato e che, con il ruolo che i detenuti hanno al Gruppo, si arricchisce della fiducia nelle qualità personali, presupposto indispensabile per superare la precedente identità criminale, che si nutriva invece di emozioni parassitarie, quali l’arroganza e la rabbia.

L’Associazione Trasgressione.net organizza molteplici attività culturali: convegni, rappresentazioni teatrali, concerti. Inoltre, avvalendosi del braccio imprenditoriale del Gruppo, la Cooperativa Sociale Trasgressione.net, attua programmi di reinserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti. I progetti realizzati dal Gruppo stimolano il detenuto a misurarsi continuamente con le proprie risorse, a ricoprire un ruolo, a esercitare funzioni e responsabilità. Il confronto con studenti delle scuole e delle università e con cittadini comuni produce un continuo scambio di contenuti emotivi. “Quando persone diverse, con una storia diversa, si dedicano in comune a un progetto, inevitabilmente attingono ciascuna dalle proprie risorse, ritrovando quelle che avevano trascurato. La coscienza spenta, imbavagliata durante i crimini, torna a funzionare. Le persone che a poco a poco usano la propria volontà per costruire con l’altro diventano sempre più consapevoli dell’esistenza dell’altro. Finché il dolore dell’altro non trova riconoscimento, non può esserci coscienza(Aparo, Opera, 2022).

Durante il tirocinio ho partecipato a diversi progetti e convegni che hanno visto il coinvolgimento delle Istituzioni: Milano, Palazzo Marino al concerto in “Tributo a Fabrizio De André; Roma, convegno “Una mappa per la Pena davanti alla Ministra della Giustizia Marta Cartabia; Casa di Reclusione di Milano-Opera, a una lezione d’arte dei lavori di Caravaggio con lo Storico dell’arte Stefano Zuffi in “La vocazione di San Matteo; sempre al carcere di Milano-Opera, con alcuni Pubblici Ministeri e con il Docente di Lingua e Letteratura russa, Dottore Fausto Malcovati, nella classe di studio di Delitto e Castigo” di Dostoevskij; e, in ultimo, al progetto nascente del Reparto “La Chiamata” presso la Casa Circondariale di Milano-San Vittore, che vede impegnato il Gruppo della Trasgressione nella costruzione di percorsi di rieducazione per aiutare i detenuti del “reparto giovani” a disfarsi delle maschere da duri che li hanno portati in carcere.

Le riflessioni al tavolo, sollecitate dal Professore Aparo, spaziano su quali siano gli ingredienti dell’agire deviante, come reagiscono i figli dei detenuti, cosa ci si dice per sentirsi autorizzati a commettere l’abuso, ecc… L’intero Gruppo raccoglie l’invito a riflettere e rintraccia a poco a poco gli stati d’animo e le circostanze che hanno guidato la persona ad abusare.
Detenuti ed esterni, senza censura, si raccontano e si pongono sullo stesso piano. Tutti insieme si procede alla “ricerca dell’uomo”, si riflette sulla vulnerabilità umana, si cerca di conoscere la persona che si ha davanti, s’instaura un forte senso di fiducia reciproco, si stabiliscono alleanze, si parla in profondità del proprio vissuto. La fragilità che affiora durante il Gruppo di Analisi non si può ritenere esattamente una risorsa; tuttavia,…“… è una risorsa coltivare il rapporto con la propria fragilità fino a trasformarla in uno strumento che favorisce la relazione con l’altro. Negli anni dell’abuso, dell’arroganza e dell’eccitazione forzata attraverso l’uso di droghe e di pistole, la fragilità era emarginata dalla persona e non era uno strumento bensì una complicazione da tenere accuratamente lontano da sé(Aparo, Opera, 2023).

Il processo di autorizzazione a commettere il reato non si manifesta in forma giustificatoria dopo il crimine, ma precede la realizzazione dell’azione deviante, ne accompagna il corso, la rilegge in modo favorevole “sganciandola” dalla responsabilità del gesto. Delinquenti non si nasce; l’assuefazione alla devianza è un vero e proprio addestramento col quale, reato dopo reato, il delinquente, per negare la propria fragilità, impara a silenziare la propria coscienza e a squalificare la norma sociale. Incontro dopo incontro, storia dopo storia, la persona si incammina sulla via che porta all’evoluzione. “Il gioco consiste nel fare in modo che la persona sviluppi degli interessi verso qualcosa che la indurrà a cambiare, senza nemmeno accorgersi che sta cambiando” (Aparo, Milano, 2023).

Il detenuto ha bisogno di stimoli, di riconoscimento, di una struttura che lo protegga, ha bisogno di un ruolo con cui esercitare la propria responsabilità. Ma è difficile per la persona detenuta coltivare l’evoluzione della propria identità e riconoscersi nella nuova immagine di sé che egli va sviluppando. I meccanismi complessi costruiti dal Gruppo della Trasgressione contribuiscono a questo incastro: il cambiamento, per essere possibile, deve provenire dal detenuto, come già ricordato, senza sforzo e senza che egli se ne accorga mentre avviene.

Va inoltre considerato che la persona con un background deviante tante volte non è nemmeno consapevole di possedere questa aspirazione di cambiamento. Il lavoro del Professore Aparo inizia proprio in quel momento: si analizzano i fattori che esonerano e mettono a tacere la coscienza del delinquente e, senza forzature e senza retorica, il Gruppo aiuta la coscienza del detenuto ad “evadere” dalla gabbia in cui era stata confinata.

Prevenzione alla devianza nelle scuole
Durante il Gruppo di Analisi, i detenuti sono invitati a mettersi a nudo. Questa esperienza è vissuta in forma molto impegnativa ed intensa ma anche gratificante. La memoria dei sentimenti che vivevano all’epoca dei reati diventa materiale di costruzione, di comunicazione con l’esterno.
Il risultato più appagante di questo lavoro viene raggiunto, di solito, quando i detenuti incontrano gli adolescenti nelle scuole, quando la materia problematica che li aveva indotti a commettere reati e a diventare succubi della loro rabbia e della loro voglia di rivalsa viene offerta agli studenti delle scuole medie di primo e secondo grado per la prevenzione alla devianza e alla tossicodipendenza.

In questo modo gli studenti riconoscono la maturità di chi oggi è in grado di parlare in modo critico del proprio passato e del proprio presente “… perché è vero che i detenuti sono stati indotti a parlare del loro passato problematico, ma nell’effettuare questa operazione ciascuno di loro vive un senso di crescita personale e di gratificazione che vanno a sostituire la gratificazione che si viveva durante i reati, fatta d’ebrezza del potere, di fantasie di grandiosità e di onnipotenza.” (Aparo, Milano, 2023).

Il Gruppo della Trasgressione offre al detenuto una funzione, un ruolo, lo responsabilizza, lo istruisce e lo inserisce in progetti di alto valore sociale. L’ex detenuto è un’importante risorsa per gli adolescenti, una testimonianza credibile di come si possa cambiare e diventare persona responsabile. Allo stesso tempo, l’ex detenuto emancipato è un esempio tangibile del valore della responsabilità e dei risultati che l’impegno permette di raggiungere. Un esempio è “Marte, andata e ritorno”, un progetto che vuole studiare e analizzare gli aspetti che influiscono sull’ingresso nel mondo della devianza e gli strumenti utili alla presa di coscienza necessaria per uscirne.

In particolare, si discute su come si acquista il biglietto di andata: le condizioni familiari, ambientali e psicologiche, i conflitti, le turbolenze dei primi anni di vita, le fragilità, il bisogno di conferme, la rabbia, il senso di rivalsa dell’adolescenza, la brama di diventare grandi e l’urgenza di accorciare i tempi per sentirsi indipendenti dalle prime figure di riferimento, l’iniziazione, la sfida, i gradini dell’ascesa all’interno del gruppo dei pari; e di ritorno: gli scritti, le diverse attività della “Palestra della creatività”, gli incontri con i familiari delle vittime di reato e con figure della cultura, i convegni in ambito istituzionale, la produzione di attività teatrali, ecc.

Gli incontri tra il Gruppo della Trasgressione e le scuole hanno lo scopo di promuovere contemporaneamente il percorso evolutivo dello studente e del condannato, permettendo loro di vivere un’esperienza reciprocamente responsabilizzante. Per quanto riguarda lo studente, gli obiettivi del progetto sono, in generale, la prevenzione della devianza, del bullismo e delle dipendenze. “L’incontro tra studenti e detenuti agisce come un contenitore nel quale la curiosità dei soggetti partecipanti si riempie gradualmente di contenuti, un contenitore nel quale risorse e fantasie dei ragazzi recuperano spazio e volontà di esprimersi, una camera di gestazione nella quale, senza forzature e senza indottrinamenti, i partecipanti esplorano le loro risorse interiori e coltivano la loro crescita personale. Per questo si ritiene di primaria importanza combinare l’obiettivo della prevenzione dalle dipendenze degli studenti con la rieducazione del condannato che, motivato dalla giovane età degli interlocutori, esercita spontaneamente le proprie funzioni di adulto e di cittadino responsabile. In sintesi, tali incontri favoriscono il percorso evolutivo dell’adolescente permettendogli di svolgere una positiva funzione sociale; allo stesso tempo aiutano i detenuti a riappropriarsi della loro identità di adulti responsabili mentre forniscono un servizio alla collettività. Adolescenti e detenuti diventano reciprocamente agenti per la maturazione e l’emancipazione dell’altro” (Aparo, Opera, 2023).

Competenze acquisite durante il tirocinio
Il periodo di tirocinio è stato molto impegnativo. Il turbamento emotivo provato durante gli incontri, gli argomenti trattati, spesso mi hanno fatto dubitare della mia capacità di confrontarmi con la complessità delle cose… tanto d’essere stata tentata di abbandonare. Al Gruppo mi accade spessissimo di emozionarmi, di piangere. Mi è stato detto dal Professore Aparo che questo fenomeno non è niente di singolare. La commozione che ho provato in un contesto così specifico, il carcere, è stata particolarmente intensa. La prima volta che ho incontrato i detenuti (assassini, spacciatori, rapinatori, estorsori), precisamente a Opera, mi aspettavo di incontrare persone prive di sensibilità. Più ascoltavo i loro vissuti, la loro voce rotta dall’emozione, la loro disponibilità a entrare in contatto con me senza più negare la loro fragilità, più non capivo come potesse sentirsi “fragile” una persona che era in carcere per aver commesso omicidi e con una condanna all’ergastolo. Il pregiudizio ci spinge a pensare che le persone in carcere siano prive di empatia, fragilità e sensibilità. Questo in parte spiega perché sono rimasta sorpresa nel sentire parlare la persona detenuta di senso di colpa, di responsabilità, di dolore. La mostruosità del passato dei detenuti non mi ha allontanata da loro. Quanto più ragiono su questi aspetti, tanto più mi rendo conto del metodo con cui viene perseguito l’obiettivo del reinserimento sociale della persona detenuta e degli effetti terapeutici del Gruppo della Trasgressione sulle persone che lo frequentano. Per questo mi sembra indispensabile capire gli elementi che compongono i bisogni psicologici dell’autore di reato e ottenere informazioni utili per impostare progetti e operazioni d’intervento per prevenire la devianza. Le persone che commettono degli abusi non sono un fatto solitario, una persona che ha trasgredito alle norme sociali, anche se è stata rigettata dalla società, ne fa comunque sempre parte, è un fatto sociale.

Il tirocinio col Professore Aparo mi ha permesso di approfondire una tematica sociale importante e mi ha arricchito tanto da segnare ogni parte del mio essere, mi ha cambiata profondamente e mi ha “chiamata” a svolgere una funzione sociale che non avevo prima d’ora considerato, non solo come futura Psicologa ma anche e soprattutto come persona. Quello che credo di avere acquisito come parte stabile del mio bagaglio è che in ogni essere umano c’è un continuo divenire dei sentimenti che caratterizzano la relazione con l’altro e che sono soprattutto i sentimenti con cui gli altri vengono vissuti a permettere l’abuso verso l’estraneo o la collaborazione col nostro vicino di casa. A tale riguardo ciò che ognuno di noi acquisisce nei suoi primi anni è fondamentale, ma col tempo, con l’allenamento o con l’assuefazione, ognuno di noi può continuare ad evolversi o a regredire molto al di là di quanto previsto dagli schemi di riferimento comune. Ne consegue che il compito delle istituzioni non può che essere quello di lavorare affinché ciascuno, a scuola o in carcere, possa vivere al meglio il proprio percorso evolutivo anche dopo qualche caduta.
“Rieducazione, riabilitazione, presa di coscienza, accettazione della responsabilità, non per ultimo vantaggio sociale. Il Gruppo della Trasgressione non può essere distante da ciò che cerca la Costituzione, la giustizia morale, la società” (Aparo, San Vittore, 2023).

Un sincero ringraziamento al Professore Angelo Aparo e a tutti i componenti del Gruppo della Trasgressione e, in particolare, al mio Nuccio.

Lara Giovanelli

Chi siamoRelazioni di TirocinioNote sul metodo

Relazione finale di tirocinio

Leonardo Esposti, matricola 953451
Tirocinio curricolare presso l’associazione: “Trasgressione.net
Corso di Laurea: Scienze dei Servizi Giuridici
Periodo : 08.03.2022 – 13.06.2022

Caratteristiche generali del tirocinio: l’istituzione, l’organizzazione o l’unità operativa in cui si è svolta l’attività, l’ambito operativo, l’approccio teorico e pratico di riferimento
Trasgressione.net è un’associazione ONLUS costituita da detenuti ed ex-detenuti, familiari di vittime, studenti, professionisti e liberi cittadini, il cui obiettivo è contribuire a un percorso di maturazione, riabilitazione e responsabilizzazione personale del detenuto, finalizzato al suo reintegro nella società civile.

Tale associazione si occupa delle iniziative culturali e sociali del Gruppo della Trasgressione che opera a diretto contatto con i detenuti, sia all’interno delle tre carceri milanesi per adulti, sia esternamente nella sede di Via Sant’Abbondio 53A, sempre a Milano.

Il Gruppo, oltre che dell’associazione, si avvale anche del sostegno di una Cooperativa Sociale il cui obiettivo è quello di coltivare e rafforzare il rapporto di progettualità tra i detenuti, gli altri componenti del gruppo e, più in generale, il mondo esterno.

Descrizione dettagliata del ruolo e delle mansioni svolte:
Durante il periodo di tirocinio ho partecipato regolarmente agli incontri del Gruppo esterno, a quelli all’interno delle carceri di Opera, San Vittore e Bollate, nonché ai numerosi eventi organizzati dall’associazione.

Gli incontri esterni, con cadenza settimanale, mi hanno consentito di approfondire numerosi temi quali:

  • Il reato e l’abuso;
  • Alcune diverse letture del concetto di libertà;
  • La banalità del male e la mediocrità dell’uomo;
  • L’arroganza del deviante;
  • La responsabilità del detenuto e delle istituzioni;
  • Il significato della punizione, la riabilitazione e il reinserimento del detenuto nella società civile;
  • Il rapporto tra genitori-detenuti e figli;
  • La prevenzione della devianza giovanile;
  • Le micro-scelte quotidiane che portano alla devianza e alla macro-scelta dell’attuazione di un reato;

Nel corso degli incontri all’interno delle carceri ho avuto una collaborazione diretta con i detenuti. Con essi ho instaurato un dialogo utile alla comprensione di storie di vita difficili e di percorsi di devianza dolorosi.

Durante tali incontri è stato molto importante il ruolo del coordinatore del gruppo che coinvolgeva tutti noi tirocinanti a partecipare attivamente al dialogo con i detenuti e a collaborare in attività concrete.

Attività concrete, metodi e strumenti adottati:
Il Gruppo della Trasgressione, estroso e poliedrico, ha organizzato numerose attività culturali a cui ho avuto l’occasione di partecipare.

Il 9 Marzo 2022 nel carcere di Opera, in collaborazione con il gruppo ForMattArt, è stata organizzata una mostra-incontro con gli studenti di una Scuola secondaria di Milano che hanno interagito con alcuni detenuti dei reparti di media e alta sicurezza. Nella prima parte dell’incontro sono stati visionati e discussi molti lavori artistici audiovisivi di diversa natura (immagini astratte, foto, dipinti, video, tracce audio) che rimandavano all’idea di sofferenza, ai sogni dei detenuti, all’idea di giustizia e al valore dell’articolo 27 della Costituzione. Si è trattato di un percorso guidato che invitava alla visione di quadri raffiguranti immagini di sbarre, visi di persone o persone rannicchiate, il tutto accompagnato da un sottofondo audio che proponeva domande come: “Ti senti responsabile per quello che hai fatto?” “Infrangi spesso le regole?” “Segui i principi della tua morale oppure quelli del Diritto Costituzionale?”. Continuando il percorso, si arrivava a un tavolo dove potevamo sfogliare gli scritti di bambini su quadernini che riportavano i loro sogni, le loro speranze, i loro sentimenti, le loro preoccupazioni. Infine, su una costruzione di legno a forma di sfera si poteva leggere l’incisione dell’articolo 27 della Costituzione: “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Nella seconda parte dell’incontro è stato organizzato un laboratorio didattico in cui gruppi misti di studenti, detenuti e tirocinanti come me, hanno composto delle frasi di senso compiuto estrapolando parole da vari ritagli di giornale. Le frasi riflettevano, per esempio, il sentimento del detenuto tradito dall’ambiente di provenienza, dai suoi amici, dai modelli di riferimento; la sua tristezza, il dispiacere e il rimorso per quello che ha fatto; la speranza nelle prospettive future di riabilitazione e di crescita personale. Questo incontro, avvenuto il giorno del mio primo ingresso nel carcere di Opera, è stato particolarmente emozionante e mi ha fatto comprendere il modus operandi del Gruppo nella pratica reale.

Nei successivi incontri, sempre nel carcere di Opera, ho assistito alla rappresentazione teatrale del mito di Sisifo. Una rappresentazione rivisitata, frutto dell’ingegno del coordinatore del gruppo della Trasgressione il dottor Angelo Aparo. Il mito di Sisifo in questa versione è stato scelto e sfruttato per trattare diverse tematiche quali: il rapporto tra il detenuto e l’autorità, l’arroganza del detenuto e il rapporto tra detenuto e figlio.

Sisifo è il re di Corinto, città che attraversa un periodo di gravissima siccità. Gli abitanti pregano gli dei e, in particolare, fanno sacrifici in favore di Giove e di Asopo, dio delle acque, affinché questi concedano a Corinto una sorgente per coltivare i campi. Ma gli dei si dedicano ai loro festini mentre il popolo di Corinto muore di sete. Sisifo, senza andare troppo per il sottile, riesce a procurare l’acqua al suo popolo, ma incorre nelle ire del re dell’Olimpo, che si vendicherà con la famosa pena del masso”.

Nella simbologia teatrale, Sisifo, che vive in un mondo in cui la violenza è alimentata e innaffiata continuamente, rappresenta l’arroganza dello stile deviante, che si manifesta con un costante disdegno verso le regole e un’irritante altezzosità verso il prossimo.

Asopo, il dio dell’acqua, dileggiato da sua figlia a causa delle compagnie poco raccomandabili che egli frequenta e per la totale assenza di credibilità come genitore, rappresenta un’autorità che conosce la violenza come unico mezzo per farsi rispettare.

Il 30 Marzo e il 7 Aprile sono stati organizzati due incontri al Liceo Artistico di Brera (con sede in Via Camillo Hajech) in cui detenuti e studenti hanno potuto riflettere sulle ragioni della devianza. Durante questi incontri ci si è interrogati sulle variabili che incidono sulla tipo di risposta che viene data alla frustrazione. Tra i vari interventi dei detenuti sono emersi i numerosi fattori scatenanti la devianza, tra cui l’ambiente sociale e il contesto in cui ognuno di noi nasce, cresce e vive; la sensazione di impotenza e le fragilità interne che conducono sovente anche all’uso e all’abuso di sostanze stupefacenti; il desiderio di accumulare denaro e beni voluttuari e infine la seduzione che la vita da criminale e i soggetti di riferimento esercitano sul futuro deviante.

Tra le varie iniziative proposte dal Gruppo, la più importante è sicuramente il convegno tenutosi il 30 Maggio 2022 al Senato di Roma nella Sala Zuccari del Palazzo Giustiniani, che ha visto la partecipazione di importanti cariche istituzionali come il Ministro della Giustizia Marta Cartabia, il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Carlo Renoldi e i due Senatori della Repubblica Franco Mirabelli e Monica Cirinnà, nonché di alcuni ex-detenuti e detenuti in permesso speciale. Il convegno è stato un’importante occasione per presentare alle cariche istituzionali la filosofia del Gruppo e il suo modo di operare, allo scopo di stringere una proficua collaborazione con le istituzioni stesse.

Presenza di un coordinatore o di un supervisore e modalità di verifica e di valutazione delle attività svolte:
Il Gruppo della Trasgressione è coordinato dal Professor Aparo, terapeuta ed ex-Docente universitario, il quale propone, ad ogni incontro, nuovi temi e spunti di riflessione da cui nascono ricche discussioni e occasioni di confronto. Il prof. Aparo ha prestato particolare attenzione al percorso di maturazione personale di noi tirocinanti, coinvolgendoci sempre nelle attività proposte e invitandoci a redigerne costantemente relazioni e verbali.

Conoscenze e abilità acquisite:
L’esperienza con il Gruppo della Trasgressione, attraverso un approccio pratico e moderno, mi ha permesso di approfondire la conoscenza del mondo carcerario e della giustizia penale, soggetti da me analizzati parzialmente e solo da un punto di vista teorico durante il percorso di studi. In particolare ho imparato a instaurare un dialogo autentico con l’autore del reato e ad avere una maggiore comprensione delle motivazioni, dei sentimenti e delle fragilità che sono alla base della devianza.

Il contatto diretto con i detenuti e il mondo carcerario in generale mi hanno fatto capire che per riabilitare e riforgiare un uomo in detenzione l’istituzione dovrebbe assegnargli una funzione e responsabilizzarlo nei confronti della cittadinanza libera. Da studioso del Diritto, questa visione aperta del Gruppo mi pare rappresenti un punto di partenza per rivoluzionare la ratio classica della pena da scontare.

Caratteristiche personali sviluppate:
Far parte del Gruppo della Trasgressione ha migliorato le mie capacità interpersonali e relazionali attraverso l’ascolto delle esperienze dei detenuti, e mi ha aiutato a espormi in prima persona e a mettere a nudo con me stesso, prima che con gli altri, alcune fragilità e insicurezze.

Il Gruppo, inoltre, è stato fondamentale per spingermi a mettere in discussione certi stereotipi e pregiudizi sul mondo carcerario e per apprezzare il valore della cooperazione tra membri che desiderano farsi promotori di un cambiamento nell’istituzione.

Altre eventuali considerazioni personali:
In Italia, ogni giorno, più di cinquantacinquemila persone vivono una costante situazione di crudeltà e sofferenza psico-fisica, completamente inconciliabile e contrastante con la nostra Costituzione e con i Trattati Internazionali che la Repubblica si è impegnata a osservare.

Il primo passo per riabilitare il detenuto è quello di riconoscerne la dignità in qualità di essere umano, malgrado l’efferatezza del crimine da lui commesso. Privare un detenuto dei diritti fondamentali, infliggendogli una pena inutilmente dolorosa, significa negargli ab origine la sua dignità. Ritengo infatti che una logica punitiva squisitamente retributiva, secondo cui il dolore sarebbe l’unica moneta con cui il detenuto ripaga il danno che ha causato alla società, porti alla patologia del sistema e ad un alto tasso di recidiva.

Concludendo, a mio avviso, il detenuto dovrebbe essere messo nelle condizioni di esercitare delle funzioni di responsabilità, attraverso l’assegnazione di un lavoro e l’approfondimento della propria cultura. Questa seconda visione meglio si concilierebbe con i valori enucleati in larga parte nei Principi Fondamentali della Carta Costituzionale, ma non solo: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale […]. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine […] sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. E ancora: La responsabilità penale è personale. […] (art. 3 Cost.). Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” (art. 27 Cost.). Il “recupero sociale del condannato” è “fine ultimo e risolutivo della pena”, da attuare attraverso un vero e proprio riconoscimento di un “diritto all’educazione” (Sent. Corte Cost. n. 204/1974).

La rieducazione del condannato passa attraverso una serie di strumenti che lo Stato e i liberi cittadini decidono di mettere a disposizione. E in tal senso si innesta l’operato del Gruppo della Trasgressione.

Indice dei Tirocini

Interrogarsi sulla trasgressione

Anita Saccani, Matricola: 792514
Tirocinio professionalizzante – Albo A, Area Sociale
Tipo di attività: Stage esterno
Periodo: 15 Aprile 2021 – 14 Ottobre 2021
Titolo: Interrogarsi sulla trasgressione

Caratteristiche generali dell’attività svolta
Ho svolto il secondo semestre del mio tirocinio professionalizzante presso il Gruppo della Trasgressione, una realtà composta da studenti, detenuti e liberi cittadini, fondata e coordinata dal Professor Angelo Aparo, psicologo e psicoterapeuta. L’associazione opera nelle case di reclusione di San Vittore, Bollate e Opera, e nel territorio milanese, con l’obiettivo di favorire la collaborazione e il dialogo tra detenuti e cittadini.

Il Gruppo della Trasgressione utilizza la devianza, in tutte le sue forme e sfaccettature, come punto di partenza per generare riflessioni sull’essere umano e sulla società in generale. Lo scambio reciproco di pensieri e idee favorisce la costruzione di un rapporto sincero tra i membri del gruppo, vengono abolite le etichette, non ci sono più detenuti, studenti, ex-detenuti o parenti di vittime, ma ci sono cittadini che insieme lavorano per costruire una società in continua evoluzione e miglioramento. È fondamentale ricordare che la trasgressione è una componente presente nell’animo umano e non basta “rinchiuderla” in una cella e dimenticarsi della sua esistenza per far sì che cessi di esistere, al contrario è necessario interrogarsi su di essa, formulare domande sulle sue origini e i suoi sviluppi e, in seguito, proporre risposte che possano aiutare a comprenderla e, nel possibile, a contrastarla.

Il particolare tipo di approccio del Professor Aparo consente ai membri del gruppo di interrogarsi su loro stessi, sulle proprie fragilità e certezze, sulle esperienze di vita e sui valori in cui ognuno crede, consentendo così un percorso di crescita e di conoscenza del sé atto a comprendere e riconoscere le responsabilità che ogni persona possiede nei confronti della società, sia come individui che come collettività. Le iniziative del Gruppo della Trasgressione mirano quindi a costruire relazioni e dinamiche di gruppo che consentano a un detenuto, o ex-detenuto, di sentirsi parte integrante della società e, di conseguenza, di sentirsi responsabile di essa.

 

Descrizione dettagliata del tipo di ruolo e mansioni svolte
Nel Gruppo del Trasgressione il tirocinante è prima di tutto un membro del gruppo
; quindi, è richiesta la sua partecipazione attiva a tutte le attività e iniziative del gruppo. A livello pratico, inizialmente ci si occupa della stesura dei verbali degli incontri; in seguito, man mano che si prende confidenza e conoscenza della filosofia del gruppo, si partecipa ai vari progetti in corso. Nel mio caso ho partecipato alle Interviste sulla Creatività e alla costruzione di progetti di prevenzione della devianza da attuare nelle scuole di Rozzano. Inoltre, lo studente è invitato a contribuire alle riflessioni trattate dal gruppo producendo degli scritti argomentati e coerenti, che verranno in seguito pubblicati sul sito.

Personalmente, ho avuto anche la possibilità di partecipare agli ultimi mesi di vita della Bancarella di Frutta & Cultura che si teneva il sabato mattina al mercato di Viale Papiniano, dove studenti e detenuti lavoravano insieme per promuovere le attività e ampliare le reti di conoscenze del gruppo, oltre che per vendere la frutta.

Infine, ho partecipato ai vari eventi organizzati dal gruppo durante il periodo del mio tirocinio, quali:

  • Il Concerto della Trsg-Band a Parabiago (24 Giugno)
  • L’evento di Pulizia del Parco delle Memorie Industriali di Milano e la messa in scena dello spettacolo “Il mito di Sisifo” (17 e 18 Luglio)
  • L’incontro tra Scout e detenuti nella casa di reclusione di Opera (18 Settembre)

 

Attività concrete/metodi/strumenti adottati
Gli incontri tradizionali del Gruppo della Trasgressione si tengono il Lunedì e il Martedì (14-17). Durante gli incontri vengono trattati diversi temi e ognuno può contribuire alla discussione, arricchendola con le proprie riflessioni. Quando ho iniziato il tirocinio, l’incontro del Lunedì verteva sulla “Banalità del Male”: ogni settimana si sceglieva un film da vedere e durante l’incontro si sviluppavano riflessioni intorno al film scelto. È stato molto arricchente, soprattutto perché sono state analizzate varie strade che portano al “male”: dall’abuso di sostanze stupefacenti alla carenza di affetto da parte dei famigliari, dalla nascita in contesti socioculturali sbagliati alle micro-scelte che portano sulla via della perdizione. Gli incontri del Martedì invece erano focalizzati sul rapporto “Genitori e Figli”: venivano quindi discusse le dinamiche famigliari che portano alla costruzione di rapporti difficili tra genitori e figli, soprattutto quando il genitore è un detenuto e, di conseguenza, è impossibilitato ad esercitare il proprio ruolo di genitore.

Successivamente, con l’attenuarsi della situazione pandemica, mi è stato possibile frequentare anche gli incontri interni alla casa di Reclusione di Opera, sia con i detenuti in alta sicurezza che con i detenuti comuni. Gli incontri interni sono molto simili come “modus operandi” agli incontri esterni: detenuti e tirocinanti si confrontano sui vari temi che tratta il Gruppo della Trasgressione e in questo modo contribuiscono alla crescita reciproca. Il detenuto, che spesso ha il doppio dell’età del tirocinante, condivide pezzi della sua vita ed elabora riflessioni sulle possibili origini della propria devianza e in che modo il percorso fatto all’interno del carcere lo abbia aiutato a prendere coscienza di sé stesso e delle proprie azioni; il tirocinante, d’altra parte, offre un punto di vista giovane, sincero e da esterno ai fatti, cercando di silenziare i pregiudizi e di mettersi in gioco attivamente.

Inoltre, ho partecipato anche al progetto delle “Interviste sulla Creatività”: sono state progettate interviste da rivolgere ad artisti, figure istituzionali e giornalisti, utilizzando la creatività come tema centrale. Lo scopo di questo progetto è duplice: da una parte, si vogliono evidenziare le funzioni che la creatività può avere nella prevenzione della devianza e nelle attività di recupero di un detenuto, dall’altra si cerca di suscitare un maggiore interesse da parte del “pubblico” verso il mondo della devianza anche per fare prevenzione e per poter divulgare ed ampliare le relazioni sociali del gruppo.

Infine, ho avuto la possibilità di partecipare alla stesura di un progetto di prevenzione della devianza nel comune di Rozzano. I membri del gruppo, insieme ad altre associazioni e a figure istituzionali, hanno progettato attività utili a informare i cittadini sulle varie forme di devianza e a comprendere come prevenirla, con particolare riguardo ai più giovani. A questo proposito, è stato organizzato un ciclo di incontri con due scuole superiori che partirà a Novembre e vedrà collaborare studenti, detenuti ed ex-detenuti nel cercare di comprendere le varie definizioni di devianza e, soprattutto, come contrastarle.

Presenza di un coordinatore/supervisore e modalità di verifica/valutazione delle attività svolte
Il professor Angelo Aparo è il fulcro del Gruppo della Trasgressione. È presente ad ogni incontro e sprona continuamente gli studenti tirocinanti a togliersi di dosso fin da subito la definizione di “tirocinanti” e ad essere membri attivi del gruppo, invitandoli a contribuire con riflessioni e scritti personali. Si mette personalmente in contatto con i tirocinanti e chiede aggiornamenti continui sulle attività svolte e sull’andamento dei progetti.

Conoscenze acquisite (generali, professionali, di processo, organizzative)
Trovo estremamente difficile definire e catalogare tutte le conoscenze che ho acquisito durante questo tirocinio. In linea generale, ho compreso l’importanza e le funzionalità di un lavoro di gruppo: le relazioni tra i membri devono essere incentrate sul rispetto, sull’ascolto reciproco e sulla presenza costante, in questo modo si crea un clima positivo e stimolante.

Inoltre, ho compreso come sia necessario utilizzare le proprie energie mentali per costruire, analizzare ed elaborare una linea di pensiero che sia coerente con la persona che si crede di essere. Ho passato molte ore a rielaborare le varie discussioni avvenute durante gli incontri, cercando di analizzarle attraverso diversi punti di vista per arrivare a formulare un mio pensiero personale. Il Gruppo mi ha insegnato che ad analizzare le situazioni mettendosi nei panni dell’altro: questo permette di non cadere nell’errore di cercare verità assolute e consente di elaborare al meglio ogni aspetto di una determinata situazione.

Infine, mi sono avvicinata al mondo carcerario e ho avuto la possibilità di conoscere meglio sia le nozioni prettamente tecniche, sia i percorsi educativi che sono presenti all’interno. Credo che la cosa più significativa che ho imparato sia l’importanza di non parlare del carcere durante gli incontri con i detenuti: in questo modo, loro possono sentirsi liberi anche dentro il carcere; parlare troppo delle ingiustizie subite all’interno, come sostiene il dott. Aparo, rende i detenuti più rabbiosi verso le istituzioni e, spesso, dispensa dall’impegno su riflessioni e strategie volte al miglioramento del sé.

Abilita acquisite (tecniche, operative, trasversali)
In primo luogo, l’esperienza al Gruppo mi ha permesso di sviluppare un ascolto empatico e “puro” dell’altro. La condivisione di storie di vita così diverse dalla mia mi ha aiutato ad abbattere i pregiudizi e a cercare di sviluppare relazioni fondate sul rispetto reciproco. In secondo luogo, partecipare alla stesura dei verbali e alla trascrizione di interviste e testi di detenuti, mi ha consentito di migliorare la mia capacità di scrittura, aiutandomi nella rielaborazione dei contenuti. Infine, mi sono anche avvicinata al mondo organizzativo, imparando come si costruiscono progetti di prevenzione e di miglioramento del benessere.

Caratteristiche personali sviluppate
Questo tirocinio mi ha permesso di crescere professionalmente mostrandomi la psicologa che vorrei diventare, ma soprattutto mi ha aiutato nella crescita personale. Ho imparato che ci vuole del tempo per conoscere le diverse realtà e che non sempre la prima impressione è quella giusta.

Il Gruppo mi ha spinto a prendere conoscenza di me stessa, spronandomi ad uscire dal mio guscio e ad affrontare le mie fragilità senza vergognarmi di essa. Trovo enormemente soddisfacente l’essere riuscita a combattere la mia ritrosia a parlare in pubblico ed essere riuscita ad intervenire senza il bisogno di stimoli esterni.

Il lavoro prodotto dal Gruppo della Trasgressione dimostra come ognuno di noi può e deve avere un ruolo nella società e, di conseguenza, come siamo tutti responsabili nella costruzione di un percorso volto al miglioramento. La società ha il dovere di stimolare chiunque a sentirsi parte di essa, partendo da chi è sul gradino più basso e coinvolgendolo attivamente nello sviluppo di una responsabilità collettiva: solo così saremo in grado di costruire un futuro migliore, per tutti.

Gruppo della Trasgressione: Istruzioni per l’uso

La mia esperienza di tirocinio al gruppo si è quasi conclusa, ma mi ritengo fortunata: ho imparato tanto. Per questo motivo, vorrei condividere con i futuri tirocinanti alcune istruzioni per trarre il maggior vantaggio possibile dall’esperienza che, se vorranno, andranno a fare.

  1. Non fatevi spaventare. Ricordo che durante i primi incontri ero sconvolta e terrorizzata dai modi del prof. Non posso promettervi che i modi cambiano con il passare del tempo, ma ci si abitua e si comprende che sono più utili di quanto sembrano, perché permettono di uscire dal proprio guscio e di crescere individualmente e professionalmente.
  2. Prendetevi il vostro tempo. Imparate a conoscere il gruppo partecipando agli incontri, se è possibile di persona, e prendetevi il vostro tempo per conoscerlo e interagire con esso. Ognuno ha i suoi tempi, e non siete obbligati a rimanere se non vi trovate a vostro agio. Non abbiate paura di fare domande e di mettervi in gioco, vi assicuro che con il passare del tempo imparerete ad apprezzare la fluidità e l’essenza del gruppo. L’importante è provarci!
  3. Sentitevi liberi di sviluppare un pensiero critico. Al gruppo si può parlare di qualsiasi cosa, basta riuscire ad argomentarla. Sentitevi liberi di proporre nuovi argomenti o di contribuire alla discussione, l’importante è essere coerenti con il proprio discorso. Per esempio, una leggenda narra che un componente del gruppo abbia parlato per un ora delle emorroidi, costruendo un discorso logico e utile ai fini della discussione.
  4. Partecipate in modo attivo. Gli eventi e le attività, sia all’interno che all’esterno del carcere, sono una componente fondamentale del gruppo e sono utilissimi per comprendere le funzioni che il gruppo svolge. Partecipando agli eventi avrete la possibilità di comprendere le strategie che il gruppo adotta per affrontare diversi temi, e magari, se siete fortunati, avrete anche la possibilità di assistere ad una rapina!
  5. Create un rapporto con gli altri membri. Probabilmente è banale dirlo, ma la forza principale del gruppo è il gruppo stesso. Per questo motivo credo sia fondamentale creare un rapporto di fiducia reciproca con gli altri componenti, poiché permette di creare un ambiente in cui chiunque possa sentirsi accolto e protetto, e magari anche di amicizia. E credetemi, se si stabilisce un buon rapporto, è anche più facile svegliarsi alle otto di sabato mattina per andare a vendere la frutta.

In conclusione, non abbiate paura di buttarvi e farvi travolgere da questa esperienza. Vi assicuro che ne trarrete vantaggio, sia a livello personale che professionale. E se provate una strana sensazione allo stomaco non preoccupatevi: sono solo farfalle!

Anita Saccani – Tirocini

Mettersi in gioco

Alice Gabriella Viola, Matricola: 831984
Psicologia Sociale, Economica e delle Decisioni
Tipo di attività: Stage esterno

Periodo: dal 12/04/2021 al 12/07/2021
Il Gruppo della Trasgressione, Mettersi in gioco

 

Caratteristiche generali dell’attività svolta (istituzione/organizzazione o unità operativa in cui si svolge l’attività, ambito operativo, approccio teorico/pratico di riferimento):

Più di vent’anni fa, il dottor Angelo Aparo ha messo in piedi il Gruppo della Trasgressione, un’associazione costituita da detenuti, ex detenuti, studenti, parenti di vittime di mafia e comuni cittadini volta al sostegno e al confronto reciproco.

Il gruppo opera in ambito sociale, in particolare in quello carcerario, fornendo un appoggio, un’alternativa di presa di coscienza della quale fruiscono non solo i cittadini reclusi, ma anche quelli liberi.

E’ proprio il percorso di autoconsapevolezza a guidare il lavoro del gruppo: l’ascolto reciproco, la possibilità di esternare le proprie fragilità in un contesto non giudicante e di mutuo aiuto permette di far crescere il gruppo, ma soprattutto di crescere con il gruppo.

 

Descrizione dettagliata del tipo di ruolo e mansioni svolte:
Il Gruppo della Trasgressione non ha una struttura rigida, con ruoli e compiti severamente definiti; il suo punto di forza è lo scambio alla pari, è la possibilità di dare a tutti i membri la libertà di agire in modo creativo nel rispetto dell’altro.

La mancanza di rigidità, che certamente costituisce un metodo innovativo oltre che fruttifero, permette di immedesimarsi nell’altro con minor distacco e pregiudizio, di entrare in contatto con realtà diverse in un modo molto più diretto ed empatico.

 

Attività concrete/metodi/strumenti adottati:
In questi tre mesi di tirocinio ho avuto la possibilità di partecipare attivamente alle attività del gruppo, sebbene l’attuale pandemia abbia limitato fortemente le occasioni di incontrarsi nella sede di via Sant’Abbondio, dove abitualmente il gruppo si riunisce per svolgere gli incontri settimanali.

Fortunatamente, la possibilità di svolgere gli incontri da remoto ha permesso al gruppo di portare avanti i suoi progetti.

Ogni Lunedì, il Gruppo della Trasgressione si riunisce per dare voce ad un dibattito su temi emersi a partire da un film che ciascun membro guarda per proprio conto durante la settimana. Il filo conduttore dei film proposti è il tema della banalità e complessità del male, utile nel far emergere da ognuno le proprie fragilità e generare un confronto costruttivo.

Il martedì, invece, gli incontri vertono su tematiche di varia natura, elicitate dal racconto di un membro, da un progetto in corso o semplicemente da un pensiero condiviso. In questo spazio, ciascuno mette a nudo una parte di sé, dandosi in questo modo nuove opportunità di lettura del proprio vissuto, grazie alla restituzione e al confronto con gli altri.

Il sabato, grazie alla Cooperativa Sociale, alcuni componenti del gruppo vendono “frutta e cultura” al mercato settimanale di viale Papiniano. In questo contesto, il gruppo interagisce con l’esterno e matura la responsabilità lavorativa sostenuta dal percorso parallelo di presa di coscienza. Questa attività, oltre a dare al gruppo una fonte di autosostentamento, costituisce una dimensione dove imparare a collaborare e a condividere responsabilità e soddisfazione.

L’ “officina creativa” è un altro progetto a cui ho potuto prendere parte durante questi tre mesi. Insieme ad altre studentesse tirocinanti, ho avuto modo di intervistare artisti e figure istituzionali riguardo al tema della creatività. L’obiettivo di tale progetto è quello di utilizzare proprio la creatività per prevenire la devianza, il bullismo e contrastare le dipendenze.

 

Presenza di un coordinatore/supervisore e modalità di verifica/valutazione delle attività svolte:
Il dottor Aparo, coordinatore del gruppo, è il punto di riferimento per tutti i membri dell’associazione. Incentivando a mettersi in gioco, mi ha aiutata a comprendere il significato del lavoro di squadra, dell’importanza di dare oltre che di ricevere; con la sua costante presenza mi ha anche reso chiaro l’impegno e la dedizione necessari per svolgere il lavoro di psicologo, facendomi rivivere la passione con la quale ho intrapreso questo percorso di studi.

 

Conoscenze (generali, professionali, di processo, organizzative), abilità (tecniche, operative, trasversali) acquisite e caratteristiche personali sviluppate:
Entrare in contatto con questo tipo di realtà, fatta di verità e determinazione, è stato per me salvifico. Mettermi in gioco e in discussione è sicuramente ciò che più sento di aver appreso durante questi tre mesi: proprio grazie alla modalità con cui il Gruppo della Trasgressione è strutturato ed organizzato, ho imparato ad andare incontro all’ignoto, ad avere fiducia e soprattutto ad ascoltare.

 

Altre eventuali considerazioni personali:
Negli ultimi mesi, prima di intraprendere questa esperienza, avevo perso la fiducia nel cambiamento, non ero più motivata a continuare i miei studi perché la realtà in cui vivevo da qualche tempo non mi dava speranza sul fatto che le persone potessero cambiare.

Conoscere il Gruppo della Trasgressione mi ha fatto ritrovare l’entusiasmo e l’energia di andare avanti nel mio percorso, insegnandomi che il cammino verso il miglioramento è faticoso, ma possibile.

Mi sento dunque di dover ringraziare tutti i componenti del gruppo per avermi fatto ricordare, ognuno a modo suo, che nessuno si salva da solo.

Relazioni di tirocinio

La paura di aprirsi

Non sono mai stata una persona chiacchierona. Sin da quando mi ricordo ho sempre preferito ascoltare gli altri, nutrendomi delle loro storie e senza dare nulla di me in cambio. Ho sempre utilizzato la scusa di avere una vita banale: una famiglia amorevole, un percorso scolastico nella media, un fidanzato stabile. Nulla che valesse la pena di essere raccontato.

Il tirocinio con il Gruppo della Trasgressione mi sta dando la possibilità di accorgermi che la mia è solo paura: paura di prendermi la responsabilità di aver detto una cazzata. Parlare di fronte ad altre persone mi provoca ansia e ho vissuto i primi incontri con un peso sullo stomaco che compariva alla mattina e se ne andava solo alle 17, ad incontro finito. Vivevo le tre ore dell’incontro con la paura che mi chiamassero in causa per avere la mia opinione, e avevo il terrore di dire inutili banalità.

Per un periodo ho anche pensato di annullare il tirocinio, bloccare le ore e trovare un altro ente più strutturato, dove qualcuno mi assegnasse un compito che avrei fatto fino alla fine delle 500 ore e basta. Sono andata a leggermi tutte le relazioni di tirocinio precedenti: molti dicevano che inizialmente si sentivano spaesati quanto me ma in seguito prendevano sicurezza e riuscivano ad integrarsi con il gruppo. Ingenuamente, ed egoisticamente, ho pensato che sarebbe arrivato anche per me il momento di svolta e che avrei dovuto solo aspettare. Mi sono accorta che non funzionava, anzi mi sentivo sempre più a disagio e quasi presa di mira. Poi, piano piano, ho iniziato a partecipare più attivamente, senza parlare perché ancora adesso mi terrorizza, prendendo parte alle interviste e alle trascrizioni delle stesse. Quando ho finito di trascrivere la prima intervista mi sono sentita utile per il gruppo, e vederla pubblicata sul sito mi ha fatto provare la soddisfazione di contribuire ad un lavoro comune.

Ho imparato ad apprezzare ciò che prima consideravo assenza di struttura, ovvero la molteplicità di argomenti trattati e la richiesta continua di partecipazione attiva. Mi sono resa conto che proprio questa è la forza del Gruppo poiché dà la possibilità a chiunque di esprimere la propria opinione e consente a tutti gli ascoltatori di arricchirsi. Non ci sono distinzioni tra detenuti, studenti e liberi cittadini: ci sono solamente persone che si confrontano su diversi temi per arrivare ad una soluzione finale comune.

Devo dire che per comprendere in pieno la forza del Gruppo mi sono servite le parole del professor Aparo: “Le persone s’innamorano e, quando sono innamorate, fanno cose. Dopodiché le persone si disinnamorano, però le cose che hanno fatto rimangono”. Ciò che mi ha fatto riflettere è stato l’utilizzare la parola amore per descrivere le relazioni interne al gruppo. In primo luogo, perché l’amore ha i suoi tempi: ci sono persone che s’innamorano a prima vista, c’è chi ci mette mesi o addirittura anni e c’è anche chi si nega l’amore, per paura o per orgoglio. Allo stesso modo, ci sono persone che s’innamorano del Gruppo sin dal primo momento, e altre, come me, che ci mettono un po’ di più, per il timore di lasciarsi andare. In secondo luogo, l’amore implica fiducia e apertura nei confronti dell’altro: solo donando qualcosa di se stessi si possono gettare le basi per costruire un rapporto solido. Io mi sono approcciata al gruppo con la pretesa di ricevere senza dare e mi sono resa conto di aver gettato le basi sbagliate, che portano alla costruzione di un rapporto instabile. Adesso so che devo lavorare anche su me stessa, provando ad aprirmi di più con gli altri senza avere la paura del giudizio e dandomi la possibilità di sbagliare.

Forse il peso sullo stomaco che sentivo, e sento ancora adesso, erano solo bruchi. E magari, quando si trasformeranno in farfalle mi consentiranno di parlare senza timore per una decina di minuti consecutivi. Speriamo che ciò avvenga entro la fine del mio tirocinio.

Anita Saccani

Tirocini

Il bianco e il nero, l’odio e l’amore

di Ottavia Alliata

Il 19 marzo alcuni membri del Gruppo della Trasgressione si sono riuniti con alcune studentesse del corso del prof. Francesco Scopelliti di Interventi clinici nei casi di procedimenti penali dell’Università Cattolica di Milano per avviare una discussione su Il viaggio di andata e ritorno nel mondo della devianza.

Come si evince dal titolo della lezione, in un primo momento lo scopo è stato quello di individuare, grazie a domande mirate ad alcuni ex detenuti, i fattori chiave che hanno indotto alcune persone a intraprendere la strada della devianza. In un secondo momento, le domande e le curiosità erano volte ad approfondire e condividere le risorse, le attività e i progetti grazie ai quali è stato possibile fare il viaggio di ritorno dal mondo della devianza per abbracciare i valori condivisi dalla società civile.

Dell’intervento di Antonio, uno degli ex detenuti, mi ha colpito una cosa in particolare: gli era stato chiesto di raccontare chi fossero i suoi punti di riferimento durante l’infanzia e lui ha cominciato a parlare di un sentimento di rabbia.

Mi è venuto spontaneo interrogarmi su cosa potessero c’entrare la rabbia e il dolore con le figure di riferimento di quando si è ragazzini. Ero certa che avesse compreso la domanda. Mi ha colpito la scelta, evidentemente molto sentita, di parlare dei propri stati d’animo, emozioni così potenti e pervasive da fungere da guide maestre dell’agire.

Antonio, per ragioni che non conosciamo, si sentiva privo del calore rassicurante e dell’affetto tanto necessari per lo sviluppo; non si sentiva desiderato né accettato; gli mancavano o non sapeva riconoscere nel comportamento dei suoi genitori quelle attenzioni e quel sostegno che permettono di percepire il proprio valore intrinseco, di individuarsi e di collocarsi entro una storia generazionale.

Con queste riflessioni non intendo giustificare gli atti delinquenziali e i crimini che hanno accompagnato questo vissuto invasivo e travolgente, ma vorrei provare a comprendere la radice della rabbia di cui egli stesso parla esplicitamente.

La rabbia è stata per molti anni la migliore amica e la compagna di Antonio; gli ha trasmesso la sensazione permanente di aver subito un torto e pertanto la convinzione che, come tutti i torti, doveva essere ripagato.

Quando si abusa di una persona, magari la stessa per cui mesi prima si era finiti al pronto soccorso per lesioni gravi, si può percepire un senso di controllo e di potere sull’Altro, la sensazione di essere accettati e rispettati dai propri compagni, la sensazione che un equilibrio venga finalmente ristabilito.

Tutti, nel bene e nel male, ricerchiamo una qualche forma di piacere e di gratificazione. La differenza è che chi non è mai stato amato né educato all’amore e al rispetto dell’Altro cercherà di possedere, abusare, controllare o assoggettare l’Altro, che diventa un simulacro temporaneo dell’oggetto del suo amore. Nel gesto di prepotenza sull’Altro si provano una grande eccitazione e un senso di benessere generale, ma come ricordano le diverse testimonianze sul Virus delle gioie corte, si tratta di emozioni tanto intense quanto fugaci e illusorie:

“Quella sensazione dentro di me non durava tanto, infatti appena tornavo a percepire malessere sentivo che mi dovevo procurare di nuovo piacere abusando di qualcuno”.

Da queste parole sembra quasi che far del male possa coincidere con il farsi del bene, con il colmare un vuoto. Proprio perché allontanare la fonte del malessere appartiene alla natura umana, credo sia importante intervenire indagando e facendo uno sforzo per comprendere le radici del malessere di una persona per poi educarla alla ricerca di un benessere, in questo caso meno intenso e sfacciato, ma ugualmente appassionato.

Negli anni ho imparato che la rabbia non è un sentimento negativo di per sé, qualcosa che deve essere rimosso e celato. Lo stesso si può dire per l’odio, che cammina a fianco a fianco all’amore. Proprio grazie al Gruppo della Trasgressione ho riscoperto l’importanza, per ogni concetto, del suo significato opposto; ho scoperto che distinguere il Bene dal Male può rivelarsi meno costruttivo che concepirli come protagonisti di unico cerchio, in cui si fondono colori ora più caldi ora più freddi, dai tratti ora più violenti ora più delicati, eppure assolutamente fondamentali per restituire, a chi osserva, la bellezza di un’idea.

“Ora non mi preoccuperò più di tagliare profili netti, angolature esatte di luce e ombra, ma scaturirà dal mio intimo direttamente luce e ombra, preoccupato unicamente di trasmettere l’immagine senza nessun revisionismo aprioristico” (Emilio Vedova).

Per certi versi mi sono sentita molto vicina ad Antonio, anche se in maniera direi “opposta”: lui ha agìto e ha manifestato senza alcun controllo tutta la rabbia che lo dominava, mentre io sono stata vittima della mia rabbia, ho lasciato che mi corrodesse dall’interno senza permetterle una via di uscita.

A questo proposito, trovo rivelatrici e illuminanti le parole della psicoanalista Danielle Quinodoz che promuove l’importanza di accogliere al proprio interno i sentimenti opposti, come l’odio e l’amore. Infatti, l’odio non va mai scisso ed espulso fuori da sé, serbando quindi solo un amore parziale, ovvero l’idealizzazione, né va confuso con l’amore, poiché l’amore in questo caso rischierebbe di divenire distruttivo.

“Non è facile sbarazzarsi di elementi che si disapprovano: cacciati dalla porta rientrano dalla finestra in altra forma”.

Per la prima volta cerco, non senza fatica, di accogliere quella rabbia che ho sempre negato e chissà… magari Antonio un giorno ritroverà invece quelle parti dei propri genitori e della propria storia che nel profondo ha anche amato.

Percorsi della devianza

Altri link utili: Riscoprirsi per i figli – Il virus delle gioie corte

Una rete per la prevenzione

Nella mia identificazione delle abilità e delle competenze che chi si appresta a intraprendere la professione di psicologo dovrebbe possedere gioca un ruolo fondamentale il mio vissuto di esperienza lavorativa come educatore in contesti scolastici e privati-assistenziali.

Porsi in prima persona come figura di riferimento per la presa in carico della sofferenza e del disagio psicologico significa non fermarsi ad una buona capacità di ascolto e far riferimento ai testi puramente nozionistici in materia, ma presuppone la capacità di mettersi costantemente in discussione maturando la consapevolezza che la cura è un processo da rimodulare nel tempo.

In quest’ottica è di fondamentale importanza il lavoro di rete che lo psicologo è in grado di tessere con tutti gli interlocutori che, all’interno di un determinato contesto sociale e ambientale, lavorano per il benessere psicologico dei cittadini.

Il punto appena indicato rappresenta uno snodo cruciale soprattutto alla luce dell’anno di emergenza per pandemia di Covid-19 appena trascorso e in cui l’assistere all’insorgere di nuove patologie mentali e all’aggravarsi di quelle già esistenti ha contribuito a rafforzare la consapevolezza di quanto la sinergia tra le diverse parti sociali sia essenziale in ottica di prevenzione.

L’esperienza di tirocinio che mi appresto a concludere con il Gruppo della Trasgressione rappresenta un ottimo esempio di buona pratica in questa direzione. Aver trovato un incubatore di idee e progetti al quale professionisti di diversa provenienza portano contributi stimolanti è stata una piacevole sorpresa.

Lo psicologo in formazione in questo determinato periodo storico deve a mio avviso fare i conti con le nuove modalità di comunicazione e relazione a distanza imposte dalla pandemia e che di riflesso condizionano non soltanto la rete relazionale in cui l’individuo è inserito quotidianamente ma anche la relazione terapeuta-paziente.

L’ identità virtuale non è più soltanto un concetto legato alla rapida espansione a macchia d’olio dell’era della digitalizzazione così come veniva presentata agli inizi del nuovo millennio, è diventato un mondo da prendere in seria considerazione per il riconoscimento e la presa in carico di nuove patologie ad essa collegate.

Ritengo sia fondamentale poter svolgere una formazione in cui lo psicologo abbia la possibilità di mettersi in gioco in ambiti e settori differenti affinché gli strumenti acquisiti possano sempre essere affinati grazie al confronto costante con realtà e professionisti che operano a diversi livelli per il benessere dei cittadini.

In questa direzione sarebbe interessante se i diversi tirocinanti, una volta terminato il percorso formativo comune, restassero in contatto tra loro per coltivare una rete di scambio di idee e progetti che possa favorire la collaborazione tra i diversi nuovi enti\associazioni di appartenenza.

Marco Seminario

 Relazioni di Tirocinio