Castelli di sabbia

Verbale da Bollate, 17/11/2016
Roberta Rizza

Alla riunione di oggi al carcere di Bollate è stato ripreso il discorso già affrontato il giorno prima al gruppo di Opera, in cui il dott. Aparo chiedeva una riflessione sulla storia di due bambini che giocano insieme e, una volta adulti, uno intraprende la vita criminale e l’altro, invece, diventa un adulto responsabile.

Quasi tutti i partecipanti si sono impegnati per dare una risposta. Ognuno di loro ha raccontato un pezzettino della propria vita, momenti dell’infanzia o dell’adolescenza che hanno spinto a intraprendere la vita criminale.

Personalmente, sono rimasta colpita dall’intervento di Ivan Puppo, il quale diceva che da bambino non aveva mai costruito castelli di sabbia e che, invece, si divertiva molto a distruggere quelli degli altri. Così da grande ha continuato a non costruire nulla, né castelli di sabbia né sogni e neanche progetti, continuando a distruggere tutto ciò che potesse avere una parvenza di sogno.

Il dott. Aparo, rispondeva soffermandosi sul concetto di identificazione con l’altro. Cosa fa sì che l’altro diventi nella testa del bambino nemico o amico? L’identificazione ha origine durante la prima infanzia nel rapporto con i modelli di riferimento. La presenza di un modello di autorità credibile, che funga da guida nella vita del bambino, è un passo necessario affinché egli, una volta adulto, possa richiamare alla memoria quel modello interiorizzato.

Il bambino che costruisce un castello di sabbia ha bisogno di un adulto che riconosca il suo lavoro, che lo valorizzi e che lo aiuti a costruirne una storia. Una figura di riferimento sufficientemente buona aiuterà il bambino a scoprire quali sono i suoi strumenti, le risorse che saranno utili nelle situazioni avverse; genitore e figlio coltiveranno insieme queste risorse fino a che il bambino non riuscirà a utilizzarle autonomamente.

Il bambino a cui viene distrutto il castello di sabbia dal genitore stesso, sarà un bambino che ricercherà continuamente un riconoscimento anche, e soprattutto, sbagliando, osando e abusando. Questo bambino si troverà sempre a doversi confrontare con una realtà di cui non si sente all’altezza, in cui deve dimostrare costantemente di essere più forte, di potercela fare con i pochi strumenti che ha a disposizione.

Nel caso di eventi frustranti, come quando l’onda spazzerà via il castello che ha costruito con i suoi sforzi, ricorrerà a quelle poche e scarne risorse che ha acquisito nella relazione con l’altro; il risultato sarà di fatto diverso da quello di un bambino che trova accanto a sé il papà che lo aiuta a rimettere su un altro castello e una nuova storia.

Inoltre chi, a causa della carenza di affidabilità delle figure di riferimento non ha interiorizzato un modello credibile, si ritroverà già in adolescenza a scontrarsi con tutte le forme di autorità che incontrerà, sviluppando comportamenti devianti e antisociali.

Accade spesso che il genitore detenuto, pur di non rendersi colpevole agli occhi del figlio, racconti al bambino/adolescente di essere in carcere a causa di un errore, di un’ingiustizia da parte delle istituzione. Il bambino ne ricaverà che il suo modello di autorità è stato vittima di un complotto di un’autorità vessatoria e carnefice; dunque il papà rappresenterà la forma di autorità buona e da seguire, mentre le istituzioni e la legge sarà l’autorità cattiva da cui distanziarsi.

Gioie corte

Angeli ribelli
di Andrea Mammana

Cavalcano fulmini
Dalla vita breve
L’oblio non li spaventa
Si nutrono d’eccitazione

Con luci colorate
Addobbano i ricordi
Sul viale della morte

bullo_allia

Un mondo distratto
di Fabio Ravasio

Destinato non so se dalla sorte
Ad esser di me stesso la rovina
La mia vita l’ho giocata con la morte

La libertà l’ho persa una mattina
Ascolto il cuore che mi batte forte
E cedo il passo al tempo che cammina

Orizzonti vari e vie contorte
Illusioni antiche e mai risolte
Ho vissuto solo gioie corte

E ora, essendo carcerato
il mondo distratto mi confina
in una solitudine assassina

 

Il virus delle gioie corte
Il bullo di Sebastiano Allia

 

 

Angeli Ribelli

Angeli ribelli
Andrea Mammana

Angeli ribelli
Calvalcano fulmini
Dalla vita breve

L’oblio non li spaventa
Si nutrono di eccitazione

Con luci colorate
addobbano i ricordi
sul viale della morte

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Gioie corte

Gioie corte, Fabio Ravasio

Destinato, non so se dalla sorte,
Ad esser di me stesso la rovina
La mia vita l’ho giocata con la morte

La libertà l’ho persa una mattina
Ascolto il cuore che mi batte forte
E cedo il passo al tempo che cammina

Orizzonti vaghi e vie contorte
Illusioni antiche e mai risolte
Ho vissuto solo gioie corte

E ora, essendo carcerato,
il mondo distratto mi confina
in una solitudine assassina

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