Non esistono risposte giuste o risposte sbagliate su un piano universale, eppure di fronte all’affermazione “nessun bambino nasce cattivo” penso sia molto difficile andare a dimostrare il contrario. Questo, almeno, è ciò che penso io.
Si potrebbe mai immaginare e prevedere che un neonato intento a guardarti e sorriderti con occhi grandi e luminosi, un giorno diventerà violento, aggressivo, vendicativo, pieno d’odio e di rancore? Proprio lui che in quel preciso istante sembra protetto da un’aurea angelica e pura. Qualcosa deve essere andato storto, qualcuno deve avergli fatto del male e deve aver tradito il suo amore. Si dice che l’odio non sia altro che un grande amore ferito e che gli adulti siano bambini feriti diventati grandi: alla fine siamo sempre noi, solo con qualche anno in più man mano che il tempo passa.
E allora quando ci viene chiesto come mai molto spesso capiti di provare una certa simpatia, e oserei dire anche tenerezza/compassione, verso una o più persone detenute, la mia risposta sta proprio in quell’affermazione iniziale. Nessun bambino nasce cattivo. Il lupo dorme dentro ognuno di noi, ma forse continuerebbe a dormire se nessuno si prendesse la briga di andarlo a svegliare.
Quando un essere umano viene cresciuto in condizioni estreme, come nel caso del nostro Smerdjakov, e quando fin da bambino è abituato a sentirsi dire “Questo qui, a me e a te, non ci vuole bene, questo mostro. E non vuole bene a nessuno. Tu non sei un essere umano, tu sei venuto fuori dal fradicio di un bagno, ecco cosa sei tu…”, quali sono le probabilità che cresca con un’immagine di sé stesso amorevole e positiva? Quali sono le probabilità che, quel mostro, lo diventi davvero?
Durante la conversazione tra Ivan Karamazov e il diavolo, quest’ultimo dice di essere sinceramente buono, ma che i suoi sentimenti migliori (ad esempio la gratitudine) gli vengono proibiti a causa della sua posizione sociale. Il suo compito è infatti quello di non mostrare e non esprimere mai la sua benevolenza, perché altrimenti tutto il mondo smetterebbe di esistere, si estinguerebbe. C’è bisogno del bene e del male per permettere l’esistenza della vita stessa. E chi meglio del diavolo può portare a perfetto compimento e realizzazione questo compito? Ma non era forse anche il diavolo il più bello e splendente tra tutti gli angeli? Mitologia a parte, si potrebbe azzardare che anche il diavolo in persona sia un bambino ferito?
A questo proposito vorrei introdurre un punto di vista secondo me molto interessante e diverso rispetto a ciò di cui si sente spesso parlare riguardo l’impulsività emotiva e all’impossibilità di autogenerare o meno le proprie emozioni.
Ultimamente ho avuto modo di leggere alcuni libri sul pensiero dello psicologo austriaco Alfred Adler e questo è ciò che ho interpretato e compreso. L’autore sostiene la tesi secondo cui il trauma non esiste in quanto appartiene al passato, che a sua volta non esiste, e le emozioni non sono reazioni istintive a un qualche stimolo esterno/interno, ma vengono autogenerate per raggiungere uno scopo del quale si è o meno consapevoli. Di conseguenza secondo Adler, un’emozione come può essere la rabbia, viene generata da un individuo principalmente allo scopo di poter dominare su qualcun altro, di sentirsi potenti.
Perciò in quest’ottica, se una persona ne aggredisce un’altra, ha bisogno di autogenerare rabbia così da riuscire ad avere l’energia e la forza necessarie per farlo e per raggiungere il suo obiettivo di dominanza. Secondo Adler io aggredisco, urlo e attacco perché voglio dominare su qualcun altro e mi servo della rabbia perché è l’emozione migliore per raggiungere il mio scopo.
Rispetto alla non esistenza del trauma, quindi, una persona non aggredirebbe perché ha subito un trauma in passato o perché non è stato cresciuto con amore in passato, ma perché sta continuando a ricercare quell’amore, quell’affetto e quelle attenzioni nel presente e si serve dell’emozione della rabbia per raggiungere questo scopo. In sostanza spera di ottenere quell’amore e quell’affetto, che pretende, servendosi della rabbia e della violenza. Forse Adler cambierebbe l’espressione “ho agito così perché i miei genitori si sono comportati in questo modo” (causa-effetto: eziologia) con “ho agito così perché voglio raggiungere questo obiettivo X nel presente” (azione-scopo: teleologia).
Mi sono trovato più volte a riflettere su quale sequenza possa essere più vicina al vero, se il rapporto di causa-effetto o quello di azione-scopo e ovviamente non ho una risposta conclusiva. Proprio per questo, al momento mi accontento di una piccola grande boa di salvataggio che Dostoevskij ci offre: “Una volta che gli uomini avranno rinnegato Dio, uno per uno (e io credo che questo periodo sopraggiungerà di pari passo con i periodi geologici), tutta la precedente visione del mondo verrà a cadere, senza ricorso all’antropofagia, e soprattutto cadrà la vecchia morale, e partirà tutto da zero. Gli uomini si uniranno per prendere dalla vita tutto quello che essa potrà dar loro, ma soltanto per la gioia e la felicità della vita terrena. L’uomo sarà sollevato da uno spirito di divina, titanica fierezza e apparirà l’uomo-dio. Quest’amore sarà soddisfacente soltanto per un attimo della vita, ma basterà la consapevolezza della sua fugacità per intensificarne l’ardore, che in passato invece veniva dissipato in speranze di amore eterno e ultraterreno…
Ma dal momento che, considerata l’inveterata stupidità umana, quest’era non arriverà che fra mille anni, colui che riconosce la verità sin da adesso può organizzare legittimamente la propria vita secondo i nuovi principi. In questo senso, “gli è tutto permesso”.
Ruben Corbellini