Ciao a tutti voi del gruppo. Voglio contribuire a quello di cui si è parlato in queste settimane, partendo dal diritto al rancore. Nella maggior parte dei casi il rancore si acquisisce quando uno viene maltrattato, come nel mio caso, che da piccolo sono stato maltrattato dai miei fratelli, i quali non mi ritenevano di famiglia, ma solo una minaccia, per il semplice motivo che mia mamma dopo avermi messo al mondo non mi ha accettato, affidandomi nelle mani dei nonni paterni, i quali, con quel poco che avevano, non mi hanno mai fatto mancare niente, partendo dalla scuola a tutto il resto che poteva servirmi per essere accettato in una società onesta.
Non appena sono cresciuto, all’età di 13 anni avevo desiderio di giocare con i miei fratelli, in un parco frequentato per la maggior parte da ragazzi senza istruzione, né una guida paterna, come io l’ho avuta dai miei nonni.
Ma a me non importava tanto quello che i miei nonni avevano fatto per me, cioè tenermi lontano dalle cattive compagnie, compreso i miei fratelli, i quali ogni volta che mi presentavo a casa di mia mamma, oltre a rifiutarmi, qualche volta mi hanno anche picchiato. Così, io dopo poco ho iniziato a sfogare il mio rancore andando ad immischiarmi in gruppi che mi facevano sentire intoccabile, e mi davano la possibilità di sfogarmi nei confronti di chi mi capitava a tiro.
In più la mia soddisfazione era quella di dimostrare ai miei fratelli che io non ero stupido come loro credevano, anzi, spesso gli ho anche risolto tanti problemi che avevano con altre bande di quartieri diversi, fino ad arrivare al punto di non ritorno.
Per prima cosa, ho procurato il male inguaribile ai miei genitori che erano e rimarranno, fino alla fine dei miei giorni, i miei nonni, poi alle persone a cui ho procurato dolori ed infine a mia moglie e alle mie figlie, le quali sono cresciute senza una figura paterna, come è capitato a me con mia mamma, che non mi ha mai accettato fino ad oggi, mentre mio padre, stando sempre in carcere, ogni volta che usciva, l’unico suo obbiettivo era quello di farmi credere che ero il figlio prediletto, dandomi tutto quello che i miei fratelli non hanno mai avuto, cioè soldi, macchine e rispetto.
Ma tutto questo non era altro che per i suoi scopi, i quali mi hanno rovinato la vita completamente, non solo per quello che ho fatto ma pure per quello che non ho fatto. Infatti, dopo essere stato in carcere dal 2006 al 2018, il giorno in cui sono ritornato in libertà, ho avuto il coraggio di dire NO a lui e a quella vita che si era impossessata di me.
Concludo con questa sintesi della mia vita facendovi sapere che la coscienza che avevo preso nella detenzione dal 2006 al 2018, oggi è viva anche grazie a voi del gruppo, che mi state aiutando a riflettere su quella strada sbagliata che avevo preso. In questo modo riesco a dare un significato alla mia vita e sto trovando anche un motivo per tutte le cose sbagliate che ho fatto.
Oggi voglio poter dare un mio contributo a chi ne ha bisogno per evitargli di cadere nei miei stessi errori, e per consigliare di accettare una mano quando ti viene data per ritrovare la legalità.
Io l’ho avuta dai miei nonni, solo che non l’ho mai afferrata per il troppo male che avevo dentro. Oggi posso dire che il rancore non va combattuto con altro rancore ma solo con chi ti tende una mano e ti aiuta a combatterlo, perché la vendetta produce effetto contrario e il paradosso della mente ubriaca è proprio quello di sfogare la rabbia pure con chi non centrava niente.
In virtù di questo, oggi il mio contributo non è solo aiutare il prossimo con i miei errori, ma aiutare i magistrati a sciogliere i nodi che c’erano nelle mie vicende per dare una svolta alla mia coscienza come, tra parentesi, sto facendo.
Grazie a tutti voi, non solo come gruppo, ma come una vera famiglia che sta dando un senso a tutto quello che i miei nonni hanno sempre desiderato per me.
Ciro Perillo