Il giorno 13 giugno, presso il teatro del carcere di Opera di Milano, il gruppo della Trasgressione con la collaborazione della direzione del carcere, della Fondazione Casa delle Arti e dello Spirito, dell’associazione Libera, della Fondazione Fabrizio De André e del progetto “Lo strappo. Quattro chiacchiere sul crimine” ha tenuto un incontro intitolato “I violini del mare contro l’indifferenza“.
Due sono i concetti che hanno tracciato il filo rosso dell’intera serata: l’indifferenza e la metamorfosi.
L’indifferenza è neutralità, ostentata assenza di partecipazione ed interesse. L’indifferenza è oggi tra gli atteggiamenti preferiti della maggior parte dei consociati, soprattutto nei confronti del male. E così come c’è stata e ancora oggi persiste indifferenza verso migliaia di vittime dei naufragi, verso coloro che hanno perso la vita, ma non la speranza; così anche c’è e continua ad esserci indifferenza nei confronti del carcere, più precisamente, nei confronti dei ristretti, che lo popolano.
Proprio come i migranti, non hanno avuto la possibilità di scegliere dove nascere, così anche, molti detenuti hanno scelto la strada della criminalità, non avendo avuto la possibilità di sviluppare un pensiero e strategie d’azione diverse da quelle che purtroppo hanno tenuto. Eppure, dalle ceneri è sempre possibile risorgere. Anche i fatti irreversibili, come la morte, sia essa derivata da un naufragio o da un assassinio, possono conoscere sviluppi positivi.
Il maestro liutaio Enrico Allorto ci ha infatti insegnato che a volte “l’impossibile è possibile”. Nessuno credeva nella possibilità di recuperare il vecchio e inzuppato legno dei barconi, eppure, grazie alla speranza e dedizione di chi ci ha creduto, la stessa è stata lavorata e trasformata in strumenti musicali.
Questi strumenti oggi, non sono più mezzo di distruzione, ma di creazione. Creazione di unità e sintonia tra tutti coloro, che ascoltano i suoni emessi dal delicato tocco di chi li sa suonare.
In molti negano la possibilità di un cambiamento da parte dell’essere umano: “un uomo che ha ucciso, non potrà mai essere una persona normale”. E invece “l’impossibile è possibile”. Numerose sono le testimonianze di ex criminali, tra cui assassini e affiliati ad organizzazioni criminali a dimostrare che il cambiamento non è un’utopia, bensì realtà. Sono sufficienti gli stimoli, i luoghi, le parole e gli incontri con le persone giuste, affinché tutto ciò si realizzi.
L’obiettivo è quello di demistificare le narrazioni diffuse sulla realtà carceraria, narrazioni che provengono da parte degli indifferenti, da parte di chi il piede in carcere probabilmente non lo ha mai messo, lo sguardo verso un detenuto non l’ha mai rivolto, privandosi così della possibilità di scorgere dietro a quel “mostro”, un essere umano che ha sbagliato. Un essere umano che ha scelto il male, ma che è ancora in grado di scegliere il bene.
A tal proposito, è doveroso acquisire la consapevolezza che non esistono persone crudeli in assoluto, bensì persone che sbagliano, e che in quanto tali, non sono uno scarto da buttar via. In quest’ottica il carcere potrà essere l’occasione, che la vita non è stata in grado di dare a queste persone: una seconda possibilità, in cui attraverso lo studio, il dialogo e l’apprendimento di una professione nuova possono crearsi il loro spazio nel mondo.
Il carcere non deve mai rappresentare un parcheggio in cui attendere inermi, la soluzione privilegiata per eliminare dalla società il disagio, che non si vuole vedere e nemmeno risolvere.
Ecco, “i violini del mare contro l’indifferenza”, costituisce uno dei tanti progetti, che si inserisce in un percorso più ampio, necessario ad attuare un grande cambiamento, che richiede uno sforzo da parte dell’intera collettività, la quale non può rimanere neutrale, non può rimanere indifferente. Questo grande cambiamento, a cui si ambisce, potrà dirsi pienamente raggiunto, soltanto quando ciascun cittadino prenderà veramente consapevolezza di ciò che vuol dire vivere in un Paese democratico e si impegnerà nel diffondere e promuovere i valori su cui la democrazia si fonda, senza lasciare ai margini nessuno.
Per concludere con le parole del protagonista virtuale (Fabrizio de André) del progetto, bisognerebbe farsi “carico di interpretare il disagio rendendolo qualcosa di utile e di bello”. E’ questa la missione di ciascun uomo che non vuole essere indifferente.
Giulia Varisco
Da Andrea Spinelli