La coscienza che abbiamo esiliato

Ho seguito, per come ho potuto, gli sviluppi della lettera di Vito Cosco; ho letto alcune reazioni dei giornali e le riflessioni dei miei compagni. Anche se in questo periodo non posso frequentare fisicamente il tavolo del gruppo, credo che Vito, durante l’incontro del Gruppo della Trasgressione con i parenti, abbia voluto comunicare il proprio senso di colpa a tutti i suoi familiari e in particolar modo al figlio di 13 anni, anche loro vittime del suo delirio e degrado morale.

C’e da dire che gli incontri del gruppo insieme ai nostri familiari, tenuto conto della nostra totale esclusione dalle loro vite e dal contesto sociale, costituiscono per noi detenuti una opportunità fondamentale per farli partecipare alla nostra vita, al nostro percorso di ravvedimento e un’occasione per consegnare loro la nostra crescita, la nostra emancipazione morale dall’abisso in cui eravamo precipitati con i nostri delitti.

Durante la mia lunghissima detenzione, per anni sono stato impegnato in attività scolastiche che mi hanno portato anche a conseguire un diploma. Ne ero fiero. Ero l’unico della mia famiglia in possesso di un titolo di studio. Ma devo ammettere che grazie al percorso col Gruppo della Trasgressione mi sono reso conto che, pur sapendo leggere e scrivere, avevo mantenuto un analfabetismo morale, funzionale ed emotivo.

Cresciuto e nutrito all’interno di una sub-cultura di violenza e di sopraffazione, ne sono rimasto contaminato e con me i miei ideali e gli obiettivi della mia adolescenza. A quel punto, quand’anche vi fosse stato il  “pulsante rosso”  era ormai troppo tardi; lo avrei comunque ignorato, evitato, eclissato.

I figli crescono e insieme a loro crescono le conseguenze del nostro operato; e così, mentre attorno a noi alimentiamo catene di degrado e di emarginazione, crescono anche quelle domande di fronte alle quali non puoi più mentire o tergiversare da vigliacco. La coscienza bussa come un tamburo, mentre aumenta la difficoltà di parlare con i nostri figli di quelle verità che fanno male.

Poterlo fare alla presenza e con la mediazione di esperti psicologi è un privilegio che ci offre il prezioso laboratorio del Gruppo della Trasgressione. Anni fa è successo a me e, grazie agli stimoli che mi ha fornito il gruppo, ho cominciato ad approcciarmi alla verità con le mie figlie; oggi penso, anzi ne sono sicuro, che anche le intenzioni di Vito vertevano in tal senso.

In parallelo alle vittime del nostro delirio, anche i nostri familiari sono vittime innocenti e inconsapevoli delle nostre scelte scellerate. Poter comunicare il risveglio della nostra coscienza ai nostri figli e ai nostri familiari, restituendo loro la nostra attuale consapevolezza, le nostre responsabilità, la nostra autenticità, è il metodo più efficace per riconciliarci con noi stessi e con la società e per proseguire in un sincero e complesso percorso di ravvedimento.

Caro dottore, ho letto la sua affermazione: “…mi rendo conto che si vive la sensazione di tradire la vittima prestando ascolto al balbettio del carnefice… e voglio dirle che si tratta di una sensazione solo apparente. Lei sa bene che dentro l’essere umano logica ed emozioni sono spesso in contrasto. Chi ha subito la perdita di un familiare, infatti, ha certamente bisogno che l’autore del delitto venga punito, ma desidera anche che la volontà del colpevole cambi direzione e che egli maturi coscienza del dolore provocato.

La pena non può esaurirsi nella punizione in senso afflittivo; questa non basta per lenire o per elaborare il dolore della perdita. Chi vive quel dolore, in fondo al cuore, sa bene di non poterlo curare col rancore, con la distanza e, men che meno, con la vendetta sociale. Il meticoloso lavoro di studio e di ricerca che si fa con il Gruppo della Trasgressione consiste soprattutto nell’analizzare gli aspetti che hanno portato al reato e nell’aiutare l’autore a riconoscere il degrado morale nel quale egli si è formato e che ha poi contribuito a diffondere.

Ma quello che il Gruppo della Trasgressione fa sopra ogni altra cosa è recuperare la coscienza che noi stessi abbiamo esiliato. Per riuscirci, incontriamo con una certa frequenza anche familiari delle vittime disposti a prestare ascolto alle nostre storie, con i quali si cerca di capire ed elaborare insieme quel dolore che in una certa misura ci apparenta.

Pasquale Fraietta e Angelo Aparo

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Pasquale Fraietta 

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Una giornata magica

Sono Pasquale Fraietta e oggi voglio raccontarvi di una giornata speciale, non solo per condividerne le emozioni, ma anche per augurare la realizzazione di un sogno a chi, come me, aveva smesso a un certo punto di sognare per lasciare spazio al delirio.

Ecco quanto di magico è accaduto a una bambina di 10 anni. Il papà di questa bambina, già al mattino, aveva dovuto assumere un calmante per attenuare la tensione. Era uscito dal carcere di Opera, accompagnato da due gentilissimi signori e da una straordinaria donnina, tutte e tre persone che dedicano parte della loro vita ad aiutare il prossimo, in particolare, quel prossimo che nel suo scellerato cammino, la vita l’ha offesa e violata.

Nonostante gli sforzi per giungere in tempo, la celebrazione del Sacramento della Prima comunione aveva avuto inizio con Marianna, unica fra i bambini, senza i genitori a fianco, visto che il papà era in viaggio e la mamma fuori dalla porta della chiesa ad attenderlo.

La Chiesa era gremita di persone e forse qualcuna di loro si chiedeva dove fosse finita la madre di quella bambina o dove fosse il padre che nessuno aveva mai visto prima. Ma a un certo punto il sacerdote fa segno a Marianna di girarsi e anche lei vede dietro le sue spalle papà e mamma con gli occhi lucidi. Sembra una fiaba, ma come per miracolo, è diventata una bellissima realtà per Marianna e per l’intera famiglia, coro compreso.

Ha dato un contributo al colore della giornata anche Il dottor Aparo, giunto con il suo solito ritardo a festeggiare a casa e a parlare con i suoi modi abituali dei sapori antichi di quel c’era a tavola e attorno alla tavola, proprio come facciamo col Gruppo della Trasgressione dentro e fuori dal carcere.

L’unica nota decisamente negativa è stata l’assenza della mia mamma, perché ricoverata in ospedale. Non ho potuto riabbracciarla.

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Una giornata particolare

Pasquale Fraietta

Oggi, in questo giorno particolare, ho finalmente l’opportunità di parlare con voi, in modo nuovo, mie care Maria Sole, Marianna e Serena. Vi ho lasciate così piccole che forse non avete ricordo di quel tempo: tu Serena non parlavi neanche, e tu Marianna lo facevi appena. Mentre tu, Maria Sole, hai un ricordo che mi fa pesare la mia inadeguatezza come papà, in quanto è legato a uno schiaffo ricevuto quando non avevi ancora 5 anni, perché in una giornata distratta vi avevo perse e non riuscivo più a trovarvi. La reazione istintiva al mio spavento è stata quella di darti uno schiaffo, forse quell’istinto acquisito nella mia infanzia, forse quello stesso che ha contribuito a farmi divenire quel che sono stato e che in parte sono ancora adesso. Non lo so! So solo che oramai, il fatto che Papà si trova in carcere, lo sapete da quando avete cominciato a sapere che dopo la notte arriva il giorno.

La Mamma ed io, abbiamo cercato di proteggervi dalla verità, pensando comunque di fare il vostro bene, forse in realtà quel che ci spaventava maggiormente è la responsabilità di gestire e amministrare questa verità. Tuttavia non possiamo impedire il naturale scorrere del tempo, per cui avete saputo anche il motivo per quale Papà si trova in carcere. Perché in una giornata maledetta ha tolto la vita ad una persona, e con essa, i suoi sogni, la sua esistenza e la gioia dei suoi cari. Ma quel che irrimediabilmente è successo, mie care bambine, è stata, purtroppo, la conseguenza di una cultura e un’educazione deviata fatta di riferimenti e guide sbagliate, che hanno portato inevitabilmente a delle scelte, forse inconsapevoli, ma dannatamente brutte e sbagliate.

Ma oggi sono qui con tutti i miei compagni del Gruppo della Trasgressione, a vivere una giornata particolare e forse anche speciale, una giornata in cui posso dirvi che il vostro papà si sta sforzando di ritrovare le guide e i riferimenti che orientano al bene, per raccontarvi che qui nel carcere e nelle scuole ci confrontiamo con tantissimi studenti che hanno solo qualche anno più di voi, proprio su quelle culture, quella educazione e quelle guide sbagliate. In un certo senso, ho la sensazione di vedere voi, fra qualche anno, forse in scuole diverse, ma con la medesima espressione negli occhi, gli stessi sogni, le stesse fragilità e insicurezze di tutti gli adolescenti.

Infine, mie amatissime, voglio dirvi che, se attualmente non posso essere presente alla vostra crescita, e in generale alla vostra vita, il mio desiderio sarebbe quello di farvi partecipare il più possibile alla mia vita di detenuto che si sta rivedendo e che vuole diventare una persona consapevole, un Papà presente e responsabile, attraverso l’insostituibile laboratorio di riflessione del Gruppo della Trasgressione, che mi fornisce gli strumenti necessari per praticare il piacere della consapevolezza e della responsabilità a tutti i livelli.

Il mio desiderio è di accompagnare il più possibile la vostra crescita e di consegnare a voi la mia crescita affinché un giorno nelle aule scolastiche e in generale nella vostra vita non dobbiate solo vergognarvi del vostro papà, ma possiate, con orgoglio raccontare come il vostro Papà sia riemerso dall’abisso del male alla luce della responsabilità. Come dice De Andrè «dai diamanti non nasce nulla e dal letame invece, possono nascere i fiori».

Vi amo tantissimo mie care e grazie a tutti voi del Gruppo della Trasgressione per averci regalato questa insolita, giornata particolare che promuove l’inclusione nel nostro percorso con i nostri figli e familiari. Grazie!

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