Succede anche a me

Non ho particolari storie da raccontare per provare a non farti sentire “l’unico”, per provare a darti speranza che, anche se ora non lo vedi, un futuro esiste anche per te. Tanto meno penso di essere in grado e soprattutto di essere anche lontanamente all’altezza di Adriano, Nuccio, Mohamed per permettermi di darti consigli.

Ha ragione il prof quando dice che a 22, 23 anni che consigli posso mai darti? Ma soprattutto, che consigli potrei mai darti io che non ho minimamente idea di quello che hai e stai passando? Cerco allora di cogliere il tuo dolore – che direi essere del tutto percepibile e comprensibile – e provo a toccarne un pezzettino e ad immergermi, per poterti ascoltare sinceramente.

Il prof ci aveva chiesto di provare a dire che emozioni stessimo provando durante l’incontro e se avessi avuto la prontezza di saper rispondere (mannaggia a me) avrei risposto “non lo so”. Quando  ha chiesto anche a te quali emozioni tu stia provando dentro di te hai risposto che è tutto un mix…

Ti capisco! Capita spessissimo anche a me di non saper dare un nome ed una forma alle mie emozioni, perché quasi sempre sono un incasinatissimo gomitolo di sensazioni tutte attorcigliate su loro stesse.

Capisco anche quando dici che quello che ti dicono da una parte entra e dall’altra esce, perché sei fermo sulla tua idea e niente e nessuno può smuoverti da quella convinzione. Succede anche a me, soprattutto a casa, soprattutto con mia madre.

Da quando però frequento il Gruppo sto piano piano e goffamente imparando a raccogliere qualche semino qua e là, che magari al momento possono sembrare innocui, che non ti lascino nulla di concreto… ma posso assicurarti che qualcosa lasciano eccome: per quanto mi riguarda, ascoltando settimana dopo settimana i vostri racconti, le vostre storie, i vostri pensieri, quando torno a casa penso, mi faccio domande, ma soprattutto cerco in qualche modo di provare a conoscermi sempre di più, a capirmi un po’ di più, a volte forse anche a darmi un po’ di tregua.

Con tutto questo sto cercando di dire in qualche modo che, se tu vorrai, potrai provare a conoscerti e a capirti un po’ di più con il Gruppo. Il percorso che hai davanti è senz’altro lunghissimo e difficilissimo, ma con tutta l’umiltà del mondo penso che tu sia già sulla strada giusta, e sentendo quello che hanno detto chi ci è già passato prima di te, me ne convinco ancora di più.

Sono fortemente convinta che il processo inizia con la consapevolezza del proprio senso di colpa, quello sano però, quello che non ti faccia dimenticare che comunque la tua vita non vale meno di quella del signore che non c’è più, che non ha meno importanza della sua, ma che, come meritava di essere vissuta la sua, anche la tua non è da meno… soprattutto a 24 anni.

Non esiste e non deve esistere una gomma che cancelli quello che è successo, ma esistono degli strumenti che ti danno la possibilità di ascoltare il tuo dolore, di capirlo, di provare a dargli un colore e una forma, di accettarlo. Io questi strumenti li ho intercettati nel Gruppo, perché come dice Adriano, qui nessuno ti tratta come uno stronzo o come un mostro, qui vieni trattato per ciò che sei: una persona.

Una delle mille cose che proprio voi mi insegnate con la vostra coscienza e consapevolezza è che voi non siete il vostro reato, voi siete persone, che certo hanno commesso degli errori, ma pur sempre persone, e tu non sei sicuramente da meno.

Camilla Bruno                                                          Homo sum…

Un amico contro corrente

Premessa

Nel reparto penale della Casa Circondariale di Milano San Vittore è presente da diversi anni una sezione dedicata ai “giovani adulti”, detenuti in età tra i 18 e i 25 anni.

La situazione che vivono i detenuti in attesa di giudizio e/o con pene brevi, di solito, porta loro a coltivare in carcere relazioni insane quanto quelle con cui si sono avviati sulla strada della devianza. Questo vale ancora di più per i giovani ai loro primi arresti, i quali, quando arrivano al carcere per adulti, fantasticano di trovare all’interno delle mura dei delinquenti già “affermati” che possano confermare e rilanciare il loro status di giovani promesse della criminalità organizzata.

 

Il progetto

Con il presente progetto, attivo dal giugno 2018, tentiamo di rispondere alle suddette aspirazioni con un intervento frontale, che metta i giovani adulti oggi ristretti a San Vittore di fronte all’esperienza e alla maturità di alcuni detenuti, tutti componenti del Gruppo della Trasgressione delle carceri di Opera e Bollate e tutti caratterizzati da un percorso di anni e da risultati documentati dall’equipe istituzionale.

Nello specifico, è stato aperto un gruppo della trasgressione a San Vittore (durata 2 ore e mezza), nel quale detenuti giovani adulti (8-12) e anziani del gruppo (2-4), insieme con i nostri studenti tirocinanti (3-5), si dedicano ai tradizionali argomenti del gruppo (la sfida, le micro-scelte, il bullismo, la fragilità, il progetto), fino alla produzione di scritti e di progetti in linea col percorso effettuato.

 

Contenuti degli incontri e iniziative connesse

Accanto a questo, proviamo, come nella tradizione del gruppo, a mettere in piedi delle iniziative grazie alle quali i destinatari del progetto possano rappresentare i loro sentimenti e le loro contradizioni (Il mito di Sisifo, Una serata per bulli, Una slot machine per chiedere chi sono).

 

Obiettivi e procedure

L’obiettivo è, dunque, permettere ai giovani detenuti di incontrare e confrontarsi con i loro miti, i quali, però, sono diventati nel frattempo persone che si riconoscono nei valori della legalità e, soprattutto, persone capaci di intercettare nei bulli di oggi le stesse fantasie e turbolenze con le quali essi stessi erano giunti al reato e, non di meno, persone capaci di motivare i loro ammiratori a confrontarsi con le proprie fragilità e ad aprire nuove finestre sulle proprie aspirazioni più intime.

A tale scopo, tre detenuti selezionati fra i migliori del gruppo di Opera e di Bollate sono stati autorizzati ad accedere alla sezione dei giovani adulti, insieme con me e con alcuni degli studenti del gruppo (alcuni dei detenuti appena citati, peraltro, sono già al lavoro nel carcere di Opera con il progetto per la prevenzione ai comportamenti autolesivi).

Si auspica che, non appena possibile, vengano effettuati dei controlli, magari coinvolgendo le università milanesi, per verificare se e in che misura l’iniziativa sia stata utile agli obiettivi sopra enunciati.

 

Soggetti beneficiari

A beneficiare dell’iniziativa sono

  • innanzitutto e manifestamente i detenuti giovani adulti del reparto;
  • i detenuti anziani del Gruppo della Trasgressione, che diventano corresponsabili della propria rieducazione mentre si impegnano su un progetto che li vede alleati dell’istituzione;
  • gli studenti universitari che fanno tirocinio col gruppo e i neo laureati che in questo modo maturano professionalità.

Torna all’indice della sezione

La banalità e la complessità del male

È difficile capire perché

È difficile capire perché
di Alexander Chicos

Fare parte di questo gruppo mi ha aiutato a capire delle cose che prima non capivo. Con Adriano, Alessandro e Roberto mi sento identificato forse per lo stile di vita che avevamo, ognuno in diversi tempi e circostanze. Con questo gruppo ho capito che a volte facciamo cose che non stanno bene, magari perché siamo stati in un ambiente dove ci hanno fatto capire, o per meglio dire, ci hanno fatto credere che quello che facevamo andava bene.

Sì, a volte siamo anche consapevoli delle nostre azioni, ma grazie a loro ho potuto capire che non è mai troppo tardi per cercare la buona strada. È difficile capire perché; ci vuole tempo ed è impegnativo, ma facendo un ragionamento profondo, possiamo capire cosa ci ha portati fin dove siamo arrivati. Poi rimane a noi fare la scelta, se rimanere nel posto e nello stile di vita sbagliato o cercare di migliorare e di non commettere gli stessi sbagli. Frequentare questo gruppo mi fa piacere anche perché ho cominciato ad avere più conoscenza di alcune cose personali. Comunque voglio ringraziare il prof. Aparo e anche Adriano, Alessandro e Roberto.

Torna all’indice della sezione

Fare un percorso è difficile

Fare un percorso è difficile
di Massimo Bossoni

All’inizio la sensazione che ho avuto del Gruppo della Trasgressione è che pensavo fosse qualcosa di anormale. Per dirla tutta, pensavo che per i tre detenuti fosse un modo per uscire dal carcere; insomma, ero molto prevenuto. Poi, più frequentavo il gruppo e più questa mia sensazione andava scomparendo. Sentivo la verità del loro percorso e ho cominciato ad ascoltarli sul serio e a prendere spunti da loro. Mi rendevo conto che il solo sentirli parlare mi faceva stare meglio.

Fare un percorso è difficile. Ci ho provato altre volte, ma era stato tutto inutile perché, quando facevo colloqui con altri psicologi, dopo 5 minuti mi scordavo tutto. Ma con i ragazzi è diverso perché sono detenuti come me. Come posso non credere a un loro percorso?

Personalmente, mi rendo conto che sto imparando a essere più riflessivo, ad ascoltare di più le persone e anche a essere più egoista nel senso buono, ovvero a fregarmene delle leggi non scritte del carcere, cosa che fino a qualche mese fa non pensavo che sarei riuscito a fare.

Senza nulla togliere al resto dei ragazzi e allo psicologo, vorrei ringraziare in modo particolare Roberto che è la persona che più mi stimola a cambiare totalmente stile di vita. Questo è quello che mi sento di dire.

Torna all’indice della sezione