Provo a parlare della violenza operata in gruppo. Non ritengo che la violenza di genere meriti un capitolo a parte.
Comincio con l’affermare che il gruppo dà forza, fa sentire potenti, rende capaci di compiere azioni che individualmente non avremmo mai il coraggio, o la viltà, di compiere.
Nel gruppo ci si sente appoggiati, compresi, riconosciuti. Nel gruppo si ritrova un’appartenenza che fa sentire completi, che rimanda un’immagine di noi più forte e solida.
Il gruppo mette in atto una tecnica che in natura viene adottata dai predatori. I lupi cacciano in branco, i leoni pure. Circondano il gregge o la mandria, ne isolano un membro, lo inseguono, lo azzannano e poi lo sbranano.
Penso che tale comportamento apparteneva in origine a tutti gli esseri viventi, quando l’uomo si sentiva, ed era, parte della natura, guidato nelle sue azioni da pulsioni istintive, innate, considerate naturali, esenti da qualsiasi valenza morale.
Poi è subentrata la civiltà. Un po’ per volta la parte razionale dell’uomo si è affiancata alla parte istintuale e l’ha ridimensionata. La proporzione tra le due è andata man mano equilibrandosi, ma in qualche modo la parte istintuale è riuscita ad assicurarsi spazi di espressione socialmente accettati quando non elogiati. Per esempio in guerra quando la presenza di un nemico da sconfiggere e poi sconfitto autorizzava all’uso di atti efferati gratuiti al fine di raggiungere lo scopo, la vittoria. Prova ne è che dagli eventi più lontani di cui si ha memoria storica ai più recenti, lo stupro delle donne del nemico è stato perpetuato senza remore.
La civiltà si è man mano diffusa e ha dato luogo a culture diverse secondo le zone geografiche e le appartenenze religiose e linguistiche, ma non ha influito su questo modello di comportamento.
Anzi, spesso la cultura ha usato gli strumenti razionali in suo possesso per originare ideologie basate sulla violenza e propagandate come vitali.
Mi verrebbe da dire che la violenza di gruppo ha all’origine
- la negazione di spazi dove l’uomo possa esprimere la sua appartenenza alla natura, negazione perpetrata dalla civiltà
- il bisogno costante, più o meno consapevole, più o meno colpevole, di crearsi un nemico per andare avanti.
La domanda potrebbe essere: avanti dove?