Noi, figli del ghetto

Mi chiamo Montenegro Vito e voglio per prima cosa ringraziare Aparo e tutto il gruppo di studenti che ci dedicano il loro tempo, così da poterci mettere in gioco.

Inizio questa mia umile storia spiegando che io, personalmente, mi sono accorto solo dopo un lungo percorso di carcerazione di essere stato arrogante. Faccio presente che nasco e trascorro tutta la mia infanzia, come anche la gioventù, in un quartiere a rischio, dove regnava molta delinquenza e dove praticamente tutte le famiglie provenivano dal Sud, le case erano dormitori.

Stiamo parlando di Corsico, dov’era molto facile credere di avere il diritto di prendere la bici oppure il motorino a chi stava meglio di noi. Nella mia famiglia eravamo in 5 e lavorava solo mio padre, quindi la mia infanzia è stata abbastanza povera, anche se devo ammettere che i miei genitori hanno fatto tutto il possibile per non farci mancare niente. Proprio per il contesto che era Corsico, anche la scuola era una scuola di arroganza e prepotenza: c’era la supremazia  delle prime bande di quartiere e poco tempo per studiare perché, se non stavi attento, ti rubavano il giubbotto, la bicicletta, ecc…

Quindi dovevi per forza difendere il tuo e gli esempi che avevamo erano persone più grandi di noi che stavano bene proprio perché rubavano o rapinavano: avevano macchine belle e tante ragazze e noi li ammiravamo, crescendo con questi esempi.

Personalmente, mi sono accorto tramite il lungo percorso di carcerazione, di essere stato prepotente e arrogante, ma voglio spiegare tramite la mia esperienza che quando nasci in certi contesti il confine che separa la legalità dall’illegalità è talmente sottile che non ti rendi conto, sei giovane e ti senti pieno di te. Quindi, diventa normale prendersi il diritto di prevalere sugli altri. Sei molto arrabbiato perché basta spostarsi di pochi chilometri e uscire dal quartiere e vedere che ci sono tuoi coetanei a cui non manca niente e pensi che non sia giusto e così. Allora vai con prepotenza gli togli quello che hanno, perché a te serve. Così, continui il tuo percorso, facendo reati sempre più grossi perché credi di poterlo fare, ti metti pure in mostra tornando in quartiere con i soldi e una bella macchina, pensi che tutto ti sia dovuto.

Ciao solo adesso ho capito che ogni persona ha il suo percorso e può cambiare, come è successo a me. Devo ringraziare anche la scuola durante la mia prima carcerazione: nel 1998 il professore mi spronò a prendere la licenza di scuola media e iniziare a leggere. E’ stato bellissimo, ho finito le scuole e sono stato trasferito in Piemonte, dove regnava ancora l’arroganza, ma dopo qualche anno sono riuscito ad andare per motivi scolastici a Prato, dove ho studiato ragioneria. Lì la cosa era diversa perché non ero più arrogante, mi impegnavo con la scuola di ragioneria e anche gli assistenti sociali erano bravi. Lì mi sono accorto che se fai qualcosa di buono alla fine vieni premiato.

Successivamente fui trasferito a Bollate dove continua il percorso, la direttrice Castellano era bravissima e mi mise in biblioteca, così ebbi l’opportunità di leggere molto e senza nemmeno accorgermi mi trovai a cambiare.

Purtroppo, nei lunghi anni di carcerazione mi lasciai con mia moglie perché La galera logora gli affetti ma per fortuna mi portavano mio figlio che ancora adesso non mi ha abbandonato perché quando ero fuori ho dato tutto me stesso e gli ho fatto capire quanto lo amavo. Però, quando sono uscito e sono tornato in quartiere, mi servivano i soldi e quindi, pur consapevole sono ricaduto in galera ma lui e tutta la mia famiglia non mi hanno abbandonato, perché hanno capito che non ero più quel rapinatore spavaldo e arrogante.

Ormai, anche se è tardi, mi sono sensibilizzato rendendomi conto che c’è chi sta peggio di me. Sono anche consapevole che a giugno entrerò in dialisi e questo mi ha mandato un po in depressione. In ogni caso, io sto combattendo e ho fatto questo mutamento grazie alle persone che mi sono state vicine e tramite anche la consapevolezza che lo studio è tutto, ti aiuta a superare la presunzione e l’arroganza, aprendoti agli altri.

In un’altra vita vorrei fare il professore per spiegare a tutti i ragazzi che la libertà è tutto e che il resto è solo un fuoco di paglia, io ho perso tanto in questa vita. Anche se credevo di avere tanto, alla fine la vita ti presenta il conto.

Adesso compirò 56 anni e faccio i conti con me stesso, mi rendo conto che tutta la mia arroganza e la prepotenza era dovuta a una rabbia che avevo già da ragazzino, era dovuta allo scontento e durante tutto il mio percorso verso la criminalità che ho fatto nella gioventù non me n’ero mai accorto. Fino a quando, nel carcere di Prato mi hanno aperto una porticina e io l’ho tenuta aperta; allo stesso modo anche a Bergamo come a Prato ho fatto volontariato con la Caritas e i ragazzi Down. È stata un’esperienza bellissima che mi dava molto piacere perché mi sentivo utile.

Penso che nessuno nasce cattivo o arrogante ma in certi contesti sei obbligato a diventarlo e ti viene naturale per cercare di uscire dal ghetto. Quando ero ragazzino ricordo che andavo con il pullman a Milano e verso sera guardavo le luci soffuse delle case in zona Duomo, pensavo cosa succedeva in quelle case signorili e mi dicevo che da grande volevo anch’io abitare in quelle case. Infatti così feci, sono riuscito ad uscire dal quartiere ma con i soli mezzi che sapevo usare: la via più breve, quella dell’arroganza e della prepotenza. Tutto sembrava normale, non mi sono mai posto il problema che, per stare bene io, magari sottraevo o mettevo a rischio altre persone.

Mentre ero latitante è nato mio figlio, la cosa più bella che mi è rimasta della vita movimentata che ho avuto. Lui non ha preso la mia strada e questo mi rende molto fiero. Spero che presto riuscirò a migliorare la mia famiglia vicina. Ho capito che fuori è pieno di brava gente, basta cercarla.

Volevo ancora ringraziarvi per il vostro tempo perché con il gruppo adesso posso di nuovo rimettermi in gioco, potendo parlare e confrontarmi con delle persone che cercano di capire il perché di tanta cattiveria e arroganza. Spero che con questo mio umile scritto sono riuscito ad esprimere il mio punto di vista.

Vito Montenegro

I Sentieri dell’arroganza