L’uomo nuovo

 

🎤 Massimo Popolizio legge “I fratelli Karamazov” [libro XI, cap. IV]

✏️ Andrea Spinelli ritrae Paolo Setti Carraro, Marisa Fiorani, Fabio Caltabiano e Giuseppe Di Matteo insieme a Fëdor Michajlovič Dostoevskij

Il nostro impegno in memoria delle vittime innocenti delle mafie, per ricucire gli strappi 🌹

Carcere di Bollate, 19.3.2024

Fratello, in questi due mesi, nel mio intimo, mi sono sentito un uomo nuovo, in me è risorto un uomo nuovo! Era rinchiuso dentro di me, ma non si sarebbe mai manifestato se non fosse stato per questo colpo. Terribile! E che importa se dovrò trascorrere nelle miniere vent’anni a spaccare i minerali con il martello, questo non mi fa affatto paura, ho paura di ben altro: ho paura che si allontani da me l’uomo risorto! Anche lì, nelle miniere, sotto terra, ci si può trovare al proprio fianco il cuore umano di un ergastolano, di un assassino e si può fare amicizia con lui, giacché anche lì si può vivere, amare e soffrire! Si può far rinascere e resuscitare in quell’ergastolano un cuore raggelato, si può curarlo per anni e portare dal buio alla luce un’anima sublime, una coscienza sofferente, si può dare la vita a un angelo, resuscitare un eroe! E ce ne sono molti, a centinaia, e noi siamo tutti colpevoli per loro! Altrimenti perché avrei sognato quella “creatura” proprio in quel momento? “Perché è povera quella creatura?” È stata una profezia per me in quel momento! È per quella “creatura” che sono pronto ad andare. Perché siamo tutti colpevoli per tutti gli altri. Per tutte le “creature”, perché ci sono i bambini piccoli e quelli adulti. Sono tutte “creature”. Ci andrò per tutti, poiché qualcuno ci dovrà pure andare. Non ho ucciso nostro padre, ma devo andare. Lo accetto! Ho pensato a tutto questo mentre mi trovavo… fra queste mura scalcinate. Quelli sono molti, sono centinaia là, sotto terra, con i martelli in mano. Oh, sì, staremo in catene e non ci sarà libertà, ma allora, nel nostro grande dolore, noi resusciteremo in quella gioia senza la quale l’uomo non può vivere né Dio esistere, giacché Dio dà gioia, è il suo grande privilegio… Signore, che l’uomo si sciolga nella preghiera! Come potrei vivere sotto terra senza Dio? Rakitin mente: se cacciassero Dio dalla terra, noi gli daremmo rifugio sotto terra. È impensabile che l’ergastolano viva senza Dio, persino più impensabile che per un uomo libero! E allora noi, uomini del sottosuolo, dalle viscere della terra innalzeremo un tragico inno a Dio, presso il quale è la gioia! Evviva Iddio e la sua gioia! Io lo amo!» A Mitja mancava quasi il fiato mentre pronunciava questo discorso sconclusionato. Era impallidito, le labbra gli tremavano e dagli occhi gli rotolavano lacrime sul viso.
«No, la vita è ricca, c’è vita persino sotto terra!», ricominciò. «Tu non ci crederai, Aleksej, a quanta voglia io abbia di vivere, quale brama di esistere e conoscere sia sorta in me proprio tra queste mura scalcinate! Rakitin questo non lo può capire, quello che gli preme è costruire un edificio e dare in affitto gli appartamenti, ma io aspettavo te. E che cos’è la sofferenza? Non la temo, anche se fosse sconfinata. Adesso non ho paura, prima sì. Sai, forse, al processo non risponderò nemmeno… E mi sembra di avere tanta di quella forza in questo momento da poter sconfiggere tutto, tutte le sofferenze, pur di poter dichiarare e dire a me stesso ogni istante: io sono! Fra mille tormenti: io sono! Al rogo: io sono! Me ne sto attaccato alla colonna, ma esisto, vedo il sole, e se non vedo il sole, so che c’è. E sapere che c’è il sole, è già tutta la vita. Alëša, mio cherubino, tutte queste filosofie mi ammazzano, che vadano al diavolo!

I Conflitti della famiglia Karamazov