Siamo noi che scriviamo le lettere

 

Dal sito www.lostrappo.net potete ancora scaricare la nostra cartolina speciale creata per RAIRadio2 Caterpillar.

In questo primo giorno di primavera, ci sta a cuore che in tanti possiate indirizzare i vostri pensieri al Gruppo della trasgressione e ai giovani adulti detenuti a San Vittore,che riceveranno il vostro messaggio nei nostri prossimi incontri del progetto “Alla ricerca del padre” ad aprile e maggio.

🎙 Enzo Jannacci e Sara Zambotti
📸 Chiara Azzolari e Tania Morgigno
✏️ Andrea Spinelli

[Il nostro impegno in memoria delle vittime innocenti della criminalità organizzata🌹]

Alla ricerca del padre – day 1

Cari tutti,

vogliamo ringraziarvi di cuore per la vostra partecipazione al primo incontro del nostro progetto “alla ricerca del padre”. Siamo onorati di aver dato forma ad un gruppo subito attivo, che ha saputo garantire un ascolto così attento, costante e caldo. Grazie per le parole, i silenzi, i disegni e i cannoli siciliani che hanno allietato il finale.

Ci vediamo martedì prossimo!

🎹 Peter Gabriel – Father, Son (2000)

[un percorso di riflessione è iniziato, in parallelo, dentro il carcere di San Vittore e all’istituto penale Beccaria grazie all’impegno del Gruppo della Trasgressione]

Alla ricerca del padre

My father’s eyes

La musica ci salverà

  1. Father and Son (Cat Stevens), 1970
  2. Sei forte papà (Gianni Morandi), 1976
  3. My father’s eyes (Eric Clapton), 1998
  4. Father, son (Peter Gabriel), 2000
  5. Io sono Francesco (Tricarico), 2000
  6. PadreMadre (Cesare Cremonini), 2002
  7. Sometimes You Can’t Make It On Your Own (U2), 2004
  8. Wait (Alexi Murdoch), 2006
  9. Per sempre (Ligabue), 2013
  10. Daddy (Coldplay), 2019
  11. Lettera a Draco (Shiva), 2024
  12. L’albero delle noci (Brunori SAS), 2025

Ci vediamo martedì sera…

Alla ricerca del padre

Giustizia riparativa per non soccombere al dolore

E sento che non posso finire senza dire una parola ai grandi assenti, oggi, ai protagonisti assenti: agli uomini e alle donne mafiosi. Per favore, cambiate vita, convertitevi, fermatevi, smettete di fare il male! E noi preghiamo per voi. Convertitevi, lo chiedo in ginocchio; è per il vostro bene. Questa vita che vivete adesso, non vi darà piacere, non vi darà gioia, non vi darà felicità. Il potere, il denaro che voi avete adesso da tanti affari sporchi, da tanti crimini mafiosi, è denaro insanguinato, è potere insanguinato, e non potrete portarlo nell’altra vita. Convertitevi, ancora c’è tempo, per non finire all’inferno. E’ quello che vi aspetta se continuate su questa strada. Voi avete avuto un papà e una mamma: pensate a loro. Piangete un po’ e convertitevi“.

[Papa Francesco, 21 marzo 2014 – incontro con i Familiari delle vittime della criminalità organizzata]

 

Quale sia stata l’idea che mi ha portato a tentare il concorso in magistratura è difficile indicarla in poche parole.

[continua: qui]

Tratto da Avvenire- inserto culturale Gutemberg “Prega per il tuo nemico”, 24.1.25

Alla ricerca del padre

“Alla ricerca del padre” – Un percorso dentro e fuori dal carcere di San Vittore

Convinti sempre più della necessità di sperimentare percorsi innovativi volti sia alla prevenzione sia a percorsi riparativi, abbiamo pensato di coinvolgere attivamente anche un pezzo importante di società fuori dal carcere, rappresentata da padri con figli pre-adolescenti e adolescenti che non abbiano però incontrato traiettorie esistenziali devianti.

📆 due incontri fuori dal carcere: mart. 18.2.25 e mart. 4.3.25 (dalle 20.30 alle 22.45)
📆 un possibile incontro dentro/fuori il carcere: merc. 19.3.25 (dalle 17.00 alle 19.00)
📆 due incontri dentro il carcere: sab. 12.4.25 e sab. 10.5.25 (dalle 14.00 alle 17.00)

CERCHIAMO 15 PADRI, CON FIGLI DAI 13 AI 18 ANNI, CHE ACCETTINO LA SFIDA
– di ricercare dentro sé stessi il senso più profondo della propria paternità
– di mettersi in discussione, confrontandosi con altre esperienze genitoriali fuori dal carcere
– di mettersi in ascolto con figli di altri padri, dentro il carcere

Maggiori informazioni qui.

📻 Alexi Murdoch, Wait

Obiettivo: ricercare dentro sé stessi il senso più profondo della propria paternità, mettendosi in discussione e confrontandosi con altre esperienze genitoriali, anche quelle dei figli di altri padri, dentro il carcere. E superare la logica che il fuori e il dentro li vuole separati a tutti i costi, qui i buoni e là i cattivi, qui chi si salva e là chi è perduto per sempre“: grazie a Viviana Daloiso ed Avvenire per aver colto appieno lo spirito che anima la proposta.

Grazie anche a Sara Zambotti, Massimo Cirri e a tutta la redazione di RAIRadio2 Caterpillar per lo spazio che avete voluto dedicarci nel promuovere questo nostro nuovo progetto (puntata del 24 gennaio 2025):

Abbiamo ricevuto oltre 20 candidature: grazie anche ai padri con figlie e figli di età inferiore ai 13 anni (speriamo di avervi con noi per prossimi progetti futuri).

18 padri
2 psicoterapeuti, Ondina Greco e Angelo Aparo,  che li accompagneranno nel loro percorso fuori e dentro il carcere di San Vittore
1 posto vuoto, che in questo cerchio così inedito quanto visionario sarà occupato da chi ci aiuterà a tenere buona traccia della nostra rotta, cercando di moltiplicarne i punti di arrivo

Prima di metterci tutti in cammino, grazie anche ai Direttori Giacinto Siciliano ed Elisabetta Palù, insieme al Provveditore regionale Maria Milano.

ALCUNE BUONE LETTURE SUL TEMA:
Lev Tolstòj, Denaro falso, 1903-1905
Alberto Pellai, Da uomo a padre, 2019
Matteo Lancini, Sii te stesso a modo mio, 2023
Matteo Bussola, La neve in fondo al mare, 2024

Eccoci, alla ricerca del padre

My father’s eyes

Alla ricerca del padre – day 1

Viaggio nel tempo

Alla ricerca del padre – day 15

Le radici che non ho scelto

Il nostro Daimon

Lettere ai nostri figli per la festa del papà

Siamo noi che scriviamo le lettere

Reparto LA CHIAMATA

Materiali per Denaro Falso

Abbiamo trovato 9 classi (di licei ma anche di istituti professionali) per dare forma – dentro le mura del carcere di Opera e Bollate – ad una singolare ricerca sul delitto e le sue molteplici conseguenze, dialogando insieme a chi ne ha già commessi parecchi e chi ne ha subiti alcuni.

Dopo la nostra lettera di invito, ecco le candidature che sono state accettate:

II G liceo classico (Tito Livo, Milano)
III liceo delle scienze umane (B. Melzi, Legnano)
III liceo socio economico (B. Melzi, Legnano)
IV A liceo scientifico sportivo (Leone XIII, Milano)
IV A liceo delle scienze applicate (E. Torricelli, Milano)
IV C liceo delle scienze applicate (E. Torricelli, Milano)
IV B istituto tecnico informatico (E. Torricelli, Milano)
IV G liceo scientifico (Einstein, Milano)
V istituto professionale per la sanità e l’assistenza sociale (B. Melzi, Legnano)

Qui troverete il calendario degli incontri in carcere e i materiali per seguire la nostra ricerca anche a distanza. Ulteriori informazioni anche sulla pagina Instagram de “Lo Strappo. Quattro chiacchiere sul crimine”

Non ricordo se ero

«Accade nel primo deserto.
Due braccia scagliarono una gran pietra.
Non ci fu un grido. Ci fu sangue.
Ci fu per la prima volta la morte.
Non ricordo se ero Abele o Caino»

[Jorge Luis Borges, Génesis IV,8 in La rosa profunda, 1975]

William Blake – The Body of Abel found by Adam and Eve, 1826 [Tate Gallery]

«Abele e Caino s’incontrarono dopo la morte di Abele. Camminavano nel deserto e si riconobbero da lontano, perché erano ambedue molto alti. I fratelli sedettero in terra, accesero un fuoco e mangiarono. Tacevano, come fa la gente stanca quando declina il giorno. Nel cielo spuntava qualche stella, che non aveva ancora ricevuto il suo nome. Alla luce delle fiamme Caino notò sulla fronte di Abele il segno della pietra e, lasciando cadere il pane che stava per portare alla bocca, chiese che gli fosse perdonato il suo delitto.
Abele rispose:
– Tu mi hai ucciso, o io ho ucciso te? Non ricordo più; stiamo qui insieme come prima.
– Ora so che mi hai perdonato davvero, – disse Caino – perché dimenticare è perdonare. Anch’io cercherò di scordare.
Abele disse lentamente:
– È così. Finché dura il rimorso dura la colpa»

[Jorge Luis Borges, Elogio dell’ombra, 1969]

 

Il sangue grida (p. Guido Bertagna, 9.6.2001 – atti del Convegno “Il raptus”)

Attraverso il bosco

 

“guarda come son tranquilla io

anche se attraverso il bosco”

[Ron]

 

“Frate(llo) tu fai molti danni in queste parti, e hai fatti grandi malifici, guastando e uccidendo le creature di Dio sanza sua licenza, e non solamente hai uccise e divorate le bestie, ma hai avuto ardire d’uccidere uomini fatti alla immagine di Dio; per la qual cosa tu se’ degno delle forche come ladro e omicida pessimo; e ogni gente grida e mormora di te, e tutta questa terra t’è nemica. Ma io voglio, frate(llo), far la pace fra te e costoro, sicché tu non gli offenda più, ed eglino ti perdonino ogni passata offesa, e né li uomini né li cani ti perseguitino più”.

“Frate(llo), poiché ti piace di fare e di tenere questa pace, io ti prometto ch’io ti farò dare le spese continuamente, mentre tu viverai, dagli uomini di questa terra, sicché tu non patirai più fame; imperò che io so bene che per la fame tu hai fatto ogni male. Ma poich’io t’accatto questa grazia, io voglio, frate(llo), che tu mi imprometta che tu non nocerai mai a nessuna persona umana né ad animale: promettimi tu questo?”.

“Udite, fratelli miei: (il) frate(llo) che è qui dinanzi da voi, sì m’ha promesso, e fattomene fede, di far pace con voi e di non offendervi mai in cosa nessuna, e voi gli promettete di dargli ogni dì le cose necessarie; ed io v’entro mallevadore per lui che ‘l patto della pace egli osserverà fermamente”.

 

Fioretti, capitolo XXI

L’altra giustizia possibile

Quanto coraggio ci vuole ad incontrare se stessi, quando tutto questo deve passare attraverso l’incontro con l’altro che ci ha ammazzato l’esistenza?

Credo di aver iniziato a pormi questa domanda solo 8 anni fa, accompagnando Marisa Fiorani, madre di Marcella di Levrano, uccisa dalla Sacra Corona Unita, ad un incontro al carcere di Opera con alcuni detenuti del Gruppo della Trasgressione, un tempo appartenenti alla criminalità mafiosa.

Prima, nella mia testa, abitava solo il ricordo di poche parole che un ragazzo mi confidò – in un campo profughi a Novo Mesto quando entrambi avevamo 22 anni – per cercare di spiegarmi cosa avesse provato ad uccidere un proprio simile. Avevo del resto affrontato tutto il percorso universitario incentrando la mia attenzione esclusivamente sul reo. E anche durante la tesi di laurea quello che mi aveva più appassionato, nella mia indagine presso il Tribunale per i Minorenni, era il dilemma di optare tra una giustizia rigorosamente punitiva, e pertanto definita paternalistica, e una che – in quanto più remissiva – era più simile ai tratti materni. Con una sintesi sicuramente oggi discutibile ma ancora viva nell’immaginario comune, avevo scelto di arruolarmi tra i fautori della prima tesi, salvo iniziare a ricredermi grazie a due eventi che come una benedizione hanno segnato profondamente, e quasi contestualmente, la mia esperienza di vita: essere diventato padre ed aver iniziato a camminare a fianco dei familiari delle vittime della criminalità organizzata.

Sono giganti, quest’ultimi, ai quali la vita ha lasciato in pegno – dopo la morte, per mano di altro essere umano, degli affetti più cari – un macigno di dolore, grande come una montagna. C’è stato un tempo, diverso per ciascuno di loro, durante il quale l’incontro con frammenti illuminati della Chiesa e della società civile ha offerto l’occasione per ricevere in dono scarponi e corde. Ma loro, quei doni, li hanno utilizzati non tanto per arrivare in cima alla montagna quanto per calarsi, ancora più in profondità, in quello che Dostoevskij definirebbe il sottosuolo dentro ciascuno di noi.

Come Margherita Asta, che proprio in un passaggio del nostro documentario “Lo Strappo. Quattro chiacchiere sul crimine” identifica l’esatto momento in cui ha iniziato a dare un senso alla morte dei suoi due fratelli gemelli: alla prima udienza del processo ai mandanti della strage di Pizzolungo, quando decise di ritrovare i tratti dei loro volti, sia pure trasfigurati, dentro lo squallore di un album fotografico. E proprio quel momento l’ha portata poi a voler incrociare anche il volto di chi, quei fratelli insieme a sua madre, aveva annientato per sempre.

Il coraggio delle donne non è, dunque, quello di affrontare il nemico in un campo di battaglia. Come voleva fare Giorgio Bazzega nell’alimentare la lista delle persone, legate all’uccisione di suo padre, che avrebbe dovuto – allo stesso modo – ammazzare. Fino a cambiare idea nell’incontro con Manlio Milani che era andato fino in Giappone perché voleva, lui invece, parlare con chi poteva essere responsabile della morte di sua moglie.

Prende forma, quel coraggio, con Daniela Marcone quando supera gli orizzonti di un dolore strettamente personale, e per questo necessariamente unico, per indicare con forza la necessità di costruire una memoria collettiva delle vittime delle mafie pugliesi.

Il coraggio delle donne passa dal saper fare i conti prima di tutto con i colori più scuri delle proprie emozioni, con quella loro capacità di saper dare a ciascuna di esse un nome esatto e, così, iniziare a lasciarsele dietro il cammino. Come Agnese Moro, in una delle pagine più dense del Libro dell’incontro, quando rilegge il referto dell’autopsia eseguita sul corpo di suo padre per essere certa di non averne tradito la memoria andando ad incontrare chi aveva contribuito ad ucciderlo.

Porta dentro di sé come elemento imprescindibile, il coraggio delle donne, il dono dell’accoglienza, capace – per loro stessa natura – di generare altra vita. E’ interessante che Paolo Setti Carraro abbia paragonato la sua esperienza di familiare di vittima di reato, attivo nei percorsi trattamentali in carcere, come simile alla attività di una ostetrica che aiuta – al più – a far nascere l’uomo dentro un criminale. Prendendolo per mano.

La giustizia riparativa ha bisogno delle mani di Marisa, Margherita, Daniela, Agnese e di tutte le altre donne che in tutti questi anni hanno tratto ispirazione dal loro coraggio. Ma ha bisogno anche delle mani di Manlio, Giorgio, Paolo e di tutti gli altri uomini che hanno deciso di scongelare il proprio dolore per provare a farne qualcosa di diverso.

Dentro di me e nella mia testa, ora, tutto torna: del resto Rembrandt regala alla sua più famosa immagine di accoglienza misericordiosa le mani di un uomo e di una donna.

Ma la giustizia riparativa ha bisogno che anche le nostre mani si uniscano alle loro: per accompagnare quella danza – come nel quadro di Matisse – affinché sia in grado di restituire un poco di senso a tutto questo sangue versato e, come in una trasfusione vitale, generare esperienze di pace.

[un estratto di questo contributo è stato pubblicato oggi su Avvenire, p. 4, a corredo di un intervista di Viviana Daloisio a Daniela Marcone dal titolo Fare pace con il dolore”. Daniela Marcone e le vittime di mafia]

Giustizia Riparativa

E’ ben strano tutto questo, Karamazov

«E’ ben strano tutto questo, Karamazov: tanto dolore, e poi ad un tratto saltano fuori con codeste frittelle! »

F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, epilogo 

 

18.4.1964/24.6.1987/5.4.1990: in ricordo di Marcella Di Levrano e di tutte le altre vittime della criminalità organizzata

 “Oggi ha guardato sotto la sua camicia
e c’era una ferita nella carne, così profonda e larga.
Dalla ferita un fiore splendido cresceva
da qualche posto in profondità.
Si voltò a fronteggiare sua madre
per mostrarle la ferita

che nel petto gli bruciava come un marchio a fuoco.
Ma la spada che lo aveva squarciato
stava nelle mani di sua madre.

 […] Anche se la spada era la sua difesa
era la ferita stessa che gli avrebbe dato forza.
La forza di riplasmarsi nel momento della sua ora più buia.
«La ferita ti darà coraggio e dolore» gli disse
«Quel tipo di dolore che non puoi nascondere»

E dalla ferita un fiore splendido cresceva
da qualche posto in profondità.

Ogni giorno un altro miracolo
Solo la morte ci terrà separati
Nel sacrificare una vita per la tua
Sarei il sangue del cuore di Lazzaro”

Sting, The Lazarus heart

I Conflitti della famiglia Karamazov